Prospettive per un piano di sviluppo delle comunità montane

Nella nostra Regione hanno cominciato a operare le comunità montane che si possono classificare come Enti Pubblici territoriali. Esse esplicano la loro attività al di sopra delle realtà comunali e vengono individuate nell’ambito della Regione tenendo in evidenza quelle aree montane in cui le genti hanno trovato un elemento di attrazione costituito da esigenze e interessi omogenei.

Uno dei primi interventi legislativi di base a favore delle popolazioni insediatesi nelle zone montane è stato quello della legge 25 giugno 1952 n. 991, il cui art. 1 è stato modificato dall’articolo unico della Legge 30 luglio 1957 n. 657: la Legge 991 dispone una serie di provvedimenti per migliorare le condizioni economico-sociali dei territori montani. Successivamente alla luce delle esperienze maturate con la Legge 991 il legislatore statale emanava la legge 3 dicembre 1971 n. 1102 che disponeva nuove norme per lo sviluppo della montagna richiamandosi all’articolo 44 della costituzione. Infatti l’art. 44 della Costituzione dispone l’emanazione di provvedimenti legislativi per il razionale sfruttamento del suolo e per stabilire equi rapporti sociali; esso prevede anche l’emanazione di provvedimenti legislativi a favore delle zone montane. La Legge 1102 prevede l’istituzione di zone montane omogenee ma demanda ai legislatori regionali la stesura delle norme di attuazione, affinché queste siano più consone alle singole realtà demografiche. Con la Legge regionale 4 maggio 1973 n. 29 sono state delineate nel Friuli Venezia Giulia le norme di attuazione e adeguamento della Legge 3.12.1971 n. 1102. In esecuzione dell’art. 2 della menzionata L,R. 29 con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 0145 del 16 gennaio 1974 il territorio regionale riconosciuto lontano è stato ripartito in dieci zone montane omogenee,

Le comunità montane sono investite dal legislatore di una competenza di programmazione economico-sociale e di pianificazione territoriale che implicano una autonomia di direttive politiche, tale da auspicare l’elezione a suffragio popolare dei loro organi. Il carattere di ente autarchico di queste Comunità viene evidenziata dalla differenza esistente con le altre entità politiche intercomunale, i c.d. consorzi fra i Comuni, che non esistono indipendentemente dalla volontà dei Comuni su cui insistono. Le comunità invece hanno vita per volontà del legislatore. Questa autonomia viene ad essere ulteriormente qualificata da un sistema di finanziamenti che è distinto da quello dei Comuni. Il nuovo Ente dati i suoi fini istituzionali ha la facoltà di sovrapporsi e sostituirsi, ove possibile, alle amministrazioni comunali, che in molte circostanze si dimostrano di non essere in grado di soddisfare autonomamente le esigenze dei servizi sociali alla popolazione. L’Ente Comunità Montana una volta funzionante potrà assorbire le varie realtà intercomunali funzionanti nel suo ambito territoriale e potrà anche venir investito di competenze ad esso delegabili da altri Enti Pubblici per organicamente migliorare le condizioni di vita delle genti che esplicano la loro attività nei rispettivi circondari.

L’ambito territoriale di azione delle Comunità Montane dovrebbe necessariamente essere allargato in quelle zone individuate in maniera tale da non essere degli autonomi elementi di attrazione delle genti che vi vivono. A tal fine vi è conforto dell’art. 13 del DPR 10 giugno 1955 n. 987 che prevede la costituzione di Comunità Montane comprendenti tutto il territorio dei Comuni classificati solo in parte montani. Infatti in alcune zone un discorso di comunità montana riferito alle sole aree individuate dal DPGR n. 0145 sarebbe molto limitato. È auspicabile che l’ambito di intervento della Comunità in questi casi sia esteso a tutto il territorio dei Comuni da essa interessati: in questa eventualità la sua amministrazione potrebbe essere tesa al soddisfacimento di tutti i servizi da offrire alla popolazione dei singoli Comuni.

Le Comunità montane devono provvedere alla predisposizione e alla attuazione di programmi di sviluppo e di piani territoriali sulla falsariga di una politica di riequilibrio economico e sociale, nel quadro delle indicazioni del programma economico nazionale e dei programmi regionali. li fine che questa politica di riequilibrio intende raggiungere è l’eliminazione degli squilibri di natura sociale ed economica esistenti tra le zone montane e il resto del territorio nazionale. Questo riequilibrio per essere efficace deve tener conto in primo luogo dei problemi inerenti alla difesa del suolo ed alla protezione della natura. Con l’esecuzione di opere pubbliche e di bonifica montana si doteranno i rispettivi territori. di infrastrutture e servizi atti a creare migliori condizioni di vita. Le iniziative di natura economica idonee alla valorizzazione di ogni tipo di riserva attuale e potenziale verranno incentivate favorendo la preparazione culturale e professionale delle popolazioni montane. Questa politica di qualificazione delle zone montane otterrà migliori risultati tanto più si . faranno partecipi le genti da essa interessate della funzione da loro svolta di presidio del territorio montano. In particolare sarà utile incentivare gli esercizi turistici a conduzione famigliare che sono i più qualificati a mantenere le genti legate alle terre natie.

Qualunque saranno le modalità di attuazione del piano di sviluppo economico che le Comunità dovranno darsi, la falsariga del piano dovrà essere il mantenimento ed il miglioramento dell’ambiente naturale. Questo rispetto dell’ambiente naturale, oltre. che a mantenere l’equilibrio ecologico, darà i suoi benefici risultati indiretti nelle attività turistiche. Le amenità naturali oculatamente tutelate dagli strumenti che offre la Legge 29 giugno 1939 n. 1497 diverranno motivo di attrazione e quindi costituiranno una forma di investimento economico a carattere popolare.

Presupposto per la conservazione ed il miglioramento dell’ambiente naturale è una politica di manutenzione e riordinamento delle opere pubbliche esistenti che necessitano di una costante manutenzione in considerazione degli inconvenienti meteorologici che si registrano nelle zone montane. La manutenzione e lo sviluppo delle opere pubbliche sono strettamente collegate con i lavori di sistemazione idraulico forestale per evitare il degradamento dei terreni causato anche dal loro abbandono: a questo fine la Comunità può intervenire forzatamente sulle proprietà private per provvedere alla sistemazione dell’alveo di torrenti e al rimboschimento al fine di consolidare i terreni.

Le prospettive di sviluppo dell’agricoltura devono essere attuate tramite il superamento degli individualismi che tendono a disperdere le attività agricole e gli interventi pubblici a favore delle migliorie fondiarie. li superamento di questi individualismi può essere facilitato da una politica di commassazioni dei fondi essendo gran parte delle aziende agricole montane costituite da tanti piccoli .fondi talvolta distanti l’uno dall’altro e che rendono disconomico il lavoro per la dispersione di energia nella loro lavorazione. Una politica di favoreggiamento del cooperativismo agricolo darà i suoi benefici sia nella qualificazione del lavoro agricolo, facilitato dall’uso di macchinari che il singolo agricoltore non è in grado di procurarsi, sia nella redditività dello stesso, dando anche vita a rapporti diretti fra produttore e consumatore.

Correlato con lo sviluppo dell’agricoltura è lo sviluppo della zootecnia che anche essa si potrebbe evolvere con i sistemi del cooperativismo. Attualmente molti agricoltori praticano una zootecnia legata a vecchie concezioni delle attività rurali che non danno i risultati economici che sono invece richiesti dalle odierne esigenze della vita.

Una politica di valorizzazione delle attività rurali deve anche tener conto delle altre attività da cui le popolazioni montane traggono una fonte di redditi. Principalmente si deve tener presente il ruolo che le attività turistiche svolgono nell’economia delle zone montane, ma anche dal ruolo che possono svolgere le attività industriali e quelle artigianali.

In considerazione delle caratteristiche delle zone montane sono da programmare gli insediamenti industriali tenendo presente che la volontà di conseguire un grande sviluppo economico e di pervenire alla massima redditività possibile non deve avere una conseguenza negativa sull’ambiente. Nei programmi di industrializzazione si dovranno in particolare modo nelle zone montane integrare le decisioni economiche con l’inserimento di oneri finanziari per una organica lotta agli inquinamenti che in una politica di lungo periodo si dimostreranno essere degli investimenti invece che delle diseconomie di gestione. Ogni azione economica quindi deve essere subordinata al principio della conservazione degli equilibri naturali precedendo la realizzazione delle opere con uno studio che accerti la conservazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *