Prospettive di sviluppo dell’area Goriziana

L’idea di costituire una federazione europea era stata forgiata nel 1922 dall’austriaco Coudenhove-Kalergi dopo le tragedie della prima guerra mondiale, ma la sua proposta, anche se condivisa internazionalmente da diversi esponenti politici, cadde nel vuoto in quanto i nazionalismi riemersi da quel conflitto indirizzarono le nazioni europee verso un confronto che avrà risultati ancora più tragici. Con il ristabilimento dei governi democratici nell’Europa occidentale, dopo il secondo conflitto mondiale, e la presa di coscienza della necessità di avere delle regole comuni per essere più competitivi, si iniziò a delineare negli anni cinquanta del secolo scorso un organismo sopranazionale, che rappresenterà i prodromi di quella che sarà l’Unione Europea.

Nell’Unione Europea lo scorso 1° maggio sono entrati 10 nuovi stati: questo è il suo ampliamento più importante perché otto di essi appartenevano al blocco politico dell’Europa Orientale e quindi con questo ampliamento si chiude un ciclo storico di 50 anni teso a dare stabilità politica all’Europa. Fra i 10 stati che sono appena entrati nell’Unione Europea il l’unico paese che confina con l’Italia è la Slovenia e fra questi confini è stato scelto il confine di Gorizia per celebrare questo avvenimento. Il confine a Gorizia non è connotato da elementi di separazione naturali ( un fiume, uno spartiacque, ecc.) o artificiali (una strada, un canale, ecc.), ma è un confine tracciato sulla carta che ha diviso delle case dalla loro corte, che ha messo una barriera fra il lavoratore e la sua azienda, che non ha avuto rispetto di un cimitero che è stato diviso fra due stati, che ha un solo transito internazionale in tutta la provincia: è un confine che ha scontentato tutti! Ora a dimostrazione di cosa è cambiato fra le nazioni nel piazzale della stazione Transalpina (il suo vero nome è Stazione Monte Santo), che è diviso da quel confine, si è fatta una cerimonia per festeggiare in comune l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea.

Alla fine della seconda guerra mondiale la linea di demarcazione fra l’Italia e la Yugoslavia aveva la connotazione di una cortina di ferro, la cui effettività era al tempo esponenzializzata dal ricordo ancora vivo degli eventi bellici che avevano insanguinato la Venezia Giulia. Questa regione, che allora aveva una individuazione solo geografica, usciva dalla guerra gravemente mutilata: la provincia di Fiume con la Dalmazia era stata assegnata subito alla Yugoslavia, mentre, in attesa del trattato di pace, i territori delle ex province di Gorizia, Pola e Trieste erano governate da una amministrazione militare costituita dagli alleati anglo-americani. Con il trattato di pace di Parigi del 1947 fu definito il confine fra i due nuovi stati: Gorizia ritornava italiana ma perdeva buona parte della sua provincia; Trieste con una piccola fetta di quello che era stato il suo territorio provinciale durante il regno d’Italia diventava un Territorio Libero sotto una amministrazione militare anglo-americana, mentre Capodistria con Buia diventavano la zona B del Territorio Libero governata da una amministrazione militare yugoslava; la provincia di Pola e la restante parte delle province di Gorizia e Trieste venivano incluse nello federazione yugoslava. Gorizia rimaneva senza quello che per secoli era stato il suo naturale entroterra ed il confine divideva materialmente parte della città. Il trattato di pace demandava la definizione di alcune questioni derivanti dal nuovo confine ad un accordo successivo fra i due stati: prevedeva comunque delle agevolazioni al transito del confine da parte delle popolazioni frontaliere. Il governo yugoslavo per rimarcare il suo indirizzo politico decise di realizzare una nuova città in quella che era stata la parte orientale di Gorizia e per contrapposizione la chiamò Nova Gorica (Nuova Gorizia). I benefici territoriali che erano derivati all’Italia, alla conclusione della guerra 1914-18 dal trattato di Rapallo del 1920 con il Regno Serbo, erano praticamente svaniti e la Yugoslavia vedeva quasi esaudite le sue rivendicazioni territoriali sulle aree abitate da popolazioni slave, come individuate con il censimento austro-ungarico del 1910. I rapporti fra i due stati furono molto tesi inizialmente, ma si attenuarono dopo che con il memorandum di Londra del 1954 Trieste fu restituita all’Italia e fu annesso alla Yugoslavia il mandamento di Capodistria (Koper). Nel frattempo il governo yugoslavo si era dissociato nel 1948 dal patto di Varsavia, ma aveva continuato a mantenere un clima di diffidenza verso i paesi della Nato: diffidenza che si attenuò progressivamente, permettendo la diminuzione dei controlli sui valichi confinari e l’intreccio di diversi rapporti economici. Con il trattato di Osimo del 1985 74 furono definiti nel 1975 i tratti di confine fra i due stati che avevano dato adito ad incertezze, fu aperto nel 1981 un nuovo valico internazionale di S.Andrea-Vrtojba (Vertoiba) e poste le basi per una ulteriore reciproca collaborazione. La diversità di interessi fra le repubbliche che costituivano la federazione yugoslava esplosero nel conflitto che nel 1991 portò alla dichiarazione di indipendenza della Slovenia dalla federazione yugoslava e segnò il disgregamento progressivo della federazione yugoslava.

L’indipendenza della Slovenia rappresentò l’occasione per permeabilizzare definitivamente un confine che era stato una cortina di ferro. I rapporti economici si intensificarono progressivamente essendo l’Italia il suo naturale punto di riferimento, specie con le attività produttive del triveneto. L’interscambio di beni e servizi si sviluppò in particolar modo nel goriziano dove, a servizio dei traffici su strada fra i due paesi, era stato realizzato nel 1982 in adiacenza al valico di S.Andrea (Štandrež) un interporto che progressivamente assunse un ruolo sempre più rilevante nei traffici commerciali su strada fra l’Italia e la Slovenia. Fra le due città si instaurò una stretto rapporto di interdipendenza che richiedeva l’assunzione di nuovi accordi, dato i rispettivi territori erano separati da un confine di stato che male si coniugava con le necessità della cooperazione.

La nuova repubblica slovena intrecciò relazioni anche con gli altri paesi dell’Unione Europea che sfociarono nell’accordo fatto a Lussemburgo il 10 giugno 1996 tra la Comunità Europea, da una parte, e la Repubblica di Slovenia dall’altra con il quale si fissarono le basi per una futura entrata della Slovenia nell’U.E. Le due amministrazione comunali di Gorizia e Nova Gorica con eccezionale impegno avevano costituito gruppi di lavoro transfrontalieri che predisposero una serie di progetti per ambedue le comunità tesi ad ovviare alle conseguenze negative discendenti dalla ablazione delle barriere doganali. Sulla scorta di questi studi si formalizzò da parte del comune di Gorizia nell’estate del 1997 una richiesta di sovvenzione al Parlamento Europeo per la riconversione economica della fascia frontaliera che nel dicembre dello stesso anno fu inserita nel bilancio comunitario come “Progetto di riconciliazione tra gli abitanti di Gorizia e Nova Gorica”, considerando prioritaria ed indifferibile la gestione della trasformazione in atto su tale fascia confinaria. Le due municipalità hanno successivamente lavorato assieme per la stesura del documento programmatico denominato “Progetto pilota di riconciliazione tra gli abitanti di Gorizia e Nova Gorica” sottoscritta il 4 aprile 1998 con la finalità di evitare che l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea possa causare nell’area goriziana la desertificazione delle attività connesse all’economia di confine. A questo impegno del patto di Riconciliazione si è affiancato il 9 marzo 1999 anche il finitimo comune di Šempeter-Vrtoiba. Per individuare e coordinare le varie iniziative di interesse comune le giunte dei comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba si sono impegnate in riunioni periodiche (incontri che si rapportano agli accordi di programma previsti nel nostro ordinamento) nelle quali vengono presi gli impegni politici comuni, che dopo vengono trasposti in atti deliberativi dalle singole amministrazioni.

Questa esperienza di cooperazione fra i due comuni, particolarmente significativa, ha dato l’impulso alle organizzazioni economiche e sociali di tutta l’area circostante a Gorizia e Nova Gorica per la nascita nel luglio del 1998 del Patto Transfrontaliero, per dare uno sviluppo al territorio secondo una metodologia concordata, che poi è divenuto, dopo l’ufficiale riconoscimento da parte dei governi italiano e sloveno, il Protocollo di Collaborazione Trnsfrontaiera. Compito principale di questo punto di incontro è il coordinamento dei progetti di collaborazione transfrontaliera con l’intento di accelerare il superamento della barriera del confine e rendere possibile uno sviluppo coordinato e complementare di tutta l’area goriziana. Il livello territoriale della programmazione è quello che dà risposte celeri alle problematiche locali, che vanno poi comunicate alla Regione per ottenere gli interventi finanziari necessari per la soluzione delle necessità emerse: comuni e regioni nella sfera delle proprie competenze devono essere consapevoli delle interazioni esistenti fra politiche territoriali e regionali. I primi esempi di collaborazione transfrontaliera sono ormai tangibili e semplificatamene si ricordano il collegamento dell’acquedotto di Gorizia con una sorgente sita oltre confine previsto dal trattato di Parigi, la strada per il Collio sloveno prevista dal trattato di Osimo, la collaborazione fra le strutture sanitarie di Gorizia e di Šempeter che è in avanzata fase di definizione ed infine la linea transfrontaliera di autobus che serve le due città. Sono da verificare le implicazioni che derivano, in presenza di legislazioni distinte, dalla previsione di un sistema universitario integrato fra i due capoluoghi, dallo studio di un progetto unico di depurazione degli scarichi liquidi civili e produttivi nonchè dall’ipotesi di realizzare un impianto di smaltimento dei rifiuti a servizio dell’intera area goriziana.

L’ingresso della Slovenia fra i membri dell’Unione Europea e l’allargamento verso Est dell’Europa rappresentano con il definitivo libero traffico delle merci e dei servizi un momento di assoluta rilevanza storica, politica, sociale ed economica, senza dubbio la più grande opportunità che Gorizia e Nova Gorica ed il loro territorio abbiano mai avuto negli ultimi decenni: permangono fino al gennaio 2007 i controlli al confine sul passaggio delle persone, ma gli stessi sono stati già molto liberalizzati. Va rimarcato che il confine prima con la Yugoslavia ed ora con la Slovenia rispetto alle realtà analoghe disposte lungo la storica cortina di ferro ha iniziato a distinguersi già nell’immediato dopoguerra per le sue peculiarità per la facilitazioni sui transiti di beni e persone nelle zone frontaliere. L’allargamento non va inteso come un momento burocratico nella vita dei due popoli in quanto esso è al servizio della pace e dello sviluppo. Ci sono delle diversità culturali fra i due paesi che devono essere considerate solo come un punto delle proprie caratteristiche di provenienza e non come un elemento di differenziazione. Questa è l’occasione per superare le incomprensioni dei fatti storici: in questa area i due popoli, anche se utilizzano un idioma diverso, dovranno vivere come un popolo unico e, se ci si vuole evolvere, le minoranze etniche e la multiculturalità devono essere considerate come una ricchezza e non come un problema. Le due città rimarranno sempre separate e distinte sotto l’aspetto amministrativo, ma non si può negare che esistono alcuni progetti economici e strutturali che dovranno essere realizzati congiuntamente, vista la contingenza fisica fra le due realtà alle quali va affiancato anche il territorio del finitimo comune sloveno di Šempeter-Vrtojba, perché nell’ottica dell’allargamento dell’Unione Europea non è più pensabile dar vita in un territorio interconnesso ad interventi similari ma scollegati, in quanto sarebbe poco logico che i problemi comuni nell’area venissero risolti dai due Stati individualmente e con diverse modalità.

La caduta del confine doganale, la moneta unica in molti paesi dell’Europa, la libera circolazione di merci e capitali collocheranno, Gorizia ed il suo territorio non più in una posizione decentrata decisa dagli eventi bellici ma, spostando l’asse di riferimento, al centro di un’area, che da secoli rappresentava il suo naturale circondario, con potenzialità di sviluppo notevolissime, capace di attirare nuove attività e capitali. Il territorio goriziano va inteso nel senso più ampio del termine: esso si estende sia nella Repubblica di Slovenia che nella Repubblica Italiana. Si tratta di un territorio omogeneo, che ha conosciuto attraverso i secoli intensi legami di natura economica, culturale, sociale ed amministrativa. Geograficamente questo territorio in Slovenia corrisponde al medio bacino dell’Isonzo, inclusi i principali affluenti e le zone limitrofe (amministrativamente corrisponde alla regione statistica Goriziana): Gorizia ha rappresentato per queste terre già da tempi remoti il centro urbano su cui gravitare. Per la parte italiana questo territorio comprende tutta la provincia di Gorizia e le limitrofe zone del Cervignanese e del Cividalese. Questo territorio è stato sempre omogeneo anche se diviso negli ultimi 100 anni da un confine mobile, che non ha mai accontentato tutti e che anzi ha creato problemi: neppure il confine che lo ha diviso drasticamente nel 1947 è riuscito a troncare questi legami. Il regime comunista aveva voluto realizzare una nuova città che si contrapponesse al ruolo che aveva condotto nei secoli Gorizia, ma Nova Gorica come nuova entità urbana ha faticato a qualificarsi come polo di attrazione autonomo. Il confine comunque ha limitato le potenzialità di sviluppo diambedue le zone come sono state politicamentedivise: esse si sono trovate in una posizione marginale nel contesto amministrativo in cui erano inserite. Si ritiene opportuno denominare il territorio così individuato come area goriziana, perché il suo contesto geografico ha una dimensione demografica e territoriale ridotta che male si presta ad assurgere al ruolo di una regione europea. Sarà da verificare con le competenti autorità quali possibilità vi siano per un riconoscimento formale di questa cooperazione transfrontaliera, che ormai ha una connotazione duratura nel tempo.

Ora nel quadro del nuovo sistema geopolitico che sposta ad Est i confini dell’Unione Europea, l’area goriziana è al centro di una regione (l’Alpe Adria) nella quale la cultura latina, quella slava e quella tedesca si sono amalgamate in un crogiuolo formatosi in un’epoca che ormai appartiene alla storia: questo territorio nell’Unione Europea potrà acquisire un ruolo importante trovandosi al centro di flussi economici e culturali.

Il recente allargamento dell’Unione Europea ora modifica il significato del confine che divide il territorio Goriziano e pone quindi la base per inedite possibilità e necessità di contatto uniti a concreti problemi urbanistici da risolvere di comune accordo. Gorizia e Nova Gorica da città di confine diventano il fulcro di un nuovo sistema socio-economico, pur con le iniziali difficoltà derivanti dalla persistenza di un confine politico: per cinquant’anni due centri urbani, divisi da un confine, hanno trovato punti di contatto solamente nei pochi valichi, sviluppando nel contempo separatamente strutture e reti di collegamento che si mostravano la schiena. Gorizia, senza togliere nulla alla città gemella, potrà ora esercitare un proprio ruolo di capoluogo di un’area più vasta, riallacciandosi attivamente ed in modo propositivo a quello che era il suo naturale entroterra, venuto meno alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Non si deve trascurare la circostanza che l’ablazione dei controlli doganali avrà una ricaduta negativa sull’occupazione e conseguentemente uno dei primi problemi da risolvere sarà il reinserimento nel mondo del lavoro di coloro che saranno negativamente incisi da questa innovazione. In merito si deve rilevare che i controlli doganali restano attivi per le merci in transito verso i paesi non appartenenti all’Unione Europea e l’impatto negativo derivante da questa novitàpotrà essere misurato nella sua realtà solo in momento successivo. Gli attuali spazi dedicati ai servizi doganali vanno riconvertiti in un centro di servizi all’autotrasporto in cui la qualità e la celerità dell’attenzione verso il cliente saranno la molla per trattenere una quota degli autotrasportatori che non debbono più fermarsi alla dogana. Un’altra conseguenza non favorevole per l’intero triveneto deriva dalla circostanza che, con questo ampliamento dell’Unione Europea, il nostro paese perde la qualifica di stato confinante con un prossimo membro dell’Unione: ciò significa che l’obiettivo principale dei fondi strutturali e sociali europei saranno i nuovi paesi membri e non più le regioni italiane.

La nuova dimensione europea dell’area goriziana richiede ora un ripensamento verso le strutture produttive, confinarie ed autoportuali il cui completamento non può più essere fine a se stesso, ma deve divenire funzionale ad un più ampio sistema di trasporti, collegamenti e servizi che comprende il Porto di Monfalcone, lo scalo ferroviario di Cervignano, lo snodo autostradale di Palmanova, l’Aeroporto di Ronchi dei Legionari, lo snodo ferroviario ed autostradale di Divača (Divacia) e lo snodo autostradale di Razdrto (Prevallo). Per creare una rete funzionale nel sistema goriziano dei trasporti la sinergia dovrà essere allargata al porto di Trieste ed a quello di Koper. Le dimensioni internazionali dei mercati indicano come l’unica strada percorribile per un’area relativamente piccola come quella goriziana sia proprio quella dell’integrazione e della piena sinergia fra tutte le strutture esistenti sul territorio circostante. Queste strutture logistiche vanno coordinate ed utilizzate in forma unitaria e razionale, eliminando i doppioni inutili e dispendiosi che vanno solo a diminuire le capacità dell’area, che ha tutti i numeri per assurgere ad un’area di interesse europeo.

L’asse viario Est-Ovest rappresenta una risorsa irrinunciabile per l’intera regione Friuli Venezia Giulia e per la stessa Slovenia. Questo asse trova una adeguata risposta con un ammodernamento della viabilità ferroviaria ed autostradale sulla direttrice sussidiaria al Corridoio 5 nella valle del Vipacco, senza dar vita a nuove opere faraoniche che implicano pericoli ecologici e lunghi tempi di realizzazione. Il sistema viario dell’area goriziana dovrà poter interpretare un ruolo significativo nell’ambito del sistema logistico integrato realizzando, con alleanze trasversali, un unico polo di attrazione per le persone e le merci, in quanto in alternativa c’è il rischio di essere solo un punto di transito. Al riguardo si sta definendo una piattaforma logistica che sarà in grado di supportare il traffico internazionale su gomma: sul versante italiano, oltre al finanziamento della terza corsia sull’autostrada da Villesse a Venezia, sono in fase di attuazione programmi di ammodernamento sia della bretella autostradale Villesse-Gorizia che della viabilità di collegamento, anche ferroviario, presso l’autoporto di S.Andrea-Vrtoiba, mentre sul versante sloveno è in corso di realizzazione l’autostrada fra Vipacco e Prevalo; inoltre sono in fase di realizzazione i lavori per l’autostrada Trieste-Capodistria che completerà la piattaforma logistica dell’interscambio su gomma fra Italia e Slovenia entro la data prevista per l’eliminazione delle frontiere (2007). Vi sono dei ritardi invece nell’individuare i nuovi tracciati ferroviari, fra i quali si ritiene opportuno dare la precedenza alla realizzazione del collegamento fra Trieste e Capodistria che può fungere da asse secondario all’alta velocità, il cui tracciato principale non necessariamente deve interessare i capoluoghi se viene realizzata una nuova stazione a Ronchi dei Legionari, alla quale si possono collegare con le reti esistenti i centri urbani. Manca ancora il progetto per l’ammodernamento della ferrovia fra Nova Gorica e Sesana che potrebbe sgravare parte del traffico merci ora incanalato sulla Trieste-Monfalcone. Intanto si rende opportuno provvedere al ripristino del collegamento ferroviario passeggeri Gorizia-Nova Gorica che può dar vita a nuove direttive di traffico lungo la Transalpina e verso Sesana.

Nel contesto della composizione di questa sinergia politica, economica e culturale comune , si deve porre anche attenzione al fenomeno della delocalizzazione di alcuni corsi di laurea effettuata dalle strutture universitarie: nel Goriziano è insediato un polo universitario a Gorizia ed un Politecnico a Nova Gorica. Il gradimento dimostrato dall’utenza verso questi corsi di laurea e verso il vicino Collegio del Mondo Unito, che accoglie a Duino studenti delle scuole superiori provenienti da diversi stati, ci suggerisce di proporre alla Commissione Europea la creazione di una università europea che, senza realizzare nuove strutture, può essere ospitata in alcune strutture attualmente in disuso.

L’attratività di un’area si concretizza anche attraverso un miglioramento ed una complessiva riqualificazione dell’offerta commerciale, nonché attraverso l’individuazione di nuovi spazi da destinare ad attività industriali ed artigianali. Il progetto di rilancio dell’area goriziana nel suo insieme non può prescindere da un’altrettanto nuova ed ampia programmazione urbanistica e del sistema delle opere pubbliche che tengano nella dovuta considerazione le necessità di integrazione delle realtà socio-economiche ed in particolare di quelle che hanno risentito della esistenza di un confine che comunque è stato una barriera. Dovranno essere studiati progetti di ricomposizione graduale degli assetti territoriali conseguenti all’evoluzione dei rapporti confinari per ricucire il tessuto urbano dei tre centri transfrontalieri, trasformando le aree attualmente periferiche in occasioni di integrazione.

Una attenzione particolare dovrà essere posta alle strutture turistiche e culturali che vanno messe in rete per valorizzare al meglio il patrimonio del nostro territorio, che ha i numeri per attrarre nuovi flussi turistici. La valorizzazione delle peculiarità territoriali di tutta l’area sarà sostenuta con l’implementazione delle strutture agrituristiche e attraverso la creazione di una nuova rete di piste ciclabili in grado di connettersi funzionalmente sia con le infrastrutture realizzate dai comuni contermini sia con la rete già esistente in Slovenia e in Austria, in modo da creare un sistema che colleghi la laguna di Grado alle alte valli dell’Isonzo e della Drava, ed in particolare alla amena valle del Vipacco con la possibilità di raggiungere Lubiana attraverso la Selva di Pirro. Le tradizionali strutture turistiche balneari del litorale giuliano e di quello sloveno devono essere messe in rete con quelle culturali e ambientali dell’entroterra italiano e sloveno, che sono in grado di garantire anche offerte commerciali ed enogastronomiche di qualità.

Per realizzare questo sviluppo diventa quindi imprescindibile una progettazione condivisa, e non accettata, che sia in grado di connettere efficacemente le due aree geografiche che finora per motivi politici sono cresciute con opposti obiettivi. La programmazione urbanistica può rappresentare il punto di partenza di una nuova fase di collaborazione di più ampio respiro fra i comuni della fascia confinaria, che può essere sostenuta efficacemente a tutti i livelli: in particolare dall’Unione Europea ( ad es. con l’insediamento di servizi di livello internazionale e progetti specifici, che possono trovare un qualificato supporto nei servizi universitari già avviati in loco), ma anche dai rispettivi Governi nazionali e dalla Regione F-VG. Lo sviluppo dell’area però deve rispettare l’ambiente: il disturbo antropico non va sacrificato sull’altare dell’evoluzione, perché la natura, una volta ferita, si vendica a distanza di decenni. L’implementazione della collaborazione con fra i comuni contermini va inizialmente dimensionata con lo scopo di individuare innanzitutto un sistema di procedure comuni e condivise.

Il nuovo centro di interessi comuni presenterà però nuove e specifiche problematiche che i due Stati confinanti non sono preparati ad affrontare e sulle quali ora non si trovano del tutto legittimati ad intervenire. L’area goriziana rappresenterà uno strumento adeguato per la soluzione dei problemi e delle questioni che superano i confini delle amministrazioni locali e degli Stati di riferimento. Il lavoro che ci attende non è semplice in quanto sono da coordinare servizi su territori finitimi ma regolati da legislazioni diverse: c’è il pericolo che dopo lo sbricciolamento del muro ideologico ci si trovi di fronte alla cortina di ferro della burocrazia. Si tratta infatti di lavorare con l’utilizzo del buon senso alla luce del diritto positivo vigente nei due stati, in quanto finora la Slovenia con l’atto di associazione all’Unione Europea si è impegnata ad armonizzare la propria legislazione alle normative comunitarie ed è sulla base di questo impegno che vengono elaborati gli accordi fra i tre comuni.

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