La comunicazione di avvio del procedimento nelle opere pubbliche.

L’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, sulla trasparenza nelle pubbliche amministrazioni prevede che una pubblica amministrazione, qualora non esistano particolari ragioni di impedimento derivanti da motivi di celerità del procedimento, deve dare comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali  il provvedimento finale è destinato a produrre effetti. La comunicazione deve indicare chiaramente l’amministrazione procedente, l’oggetto del procedimento promosso, la persona responsabile del procedimento e l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti.  Nella nostra regione in base allo statuto autonomo sulla medesima materia, limitatamente all’amministrazione regionale e alle agenzie ed agli enti regionali, si applica l’art. 13 e seguenti della legge regionale 20 marzo 2000 n. 7, che detta norme in materia di procedimento amministrativo.

La mancata comunicazione di avvio del procedimento, che successivamente sfocia nell’approvazione del progetto di un’opera pubblica, crea negli atti che l’ente pubblico assume una palese illegittimità sotto il profilo della violazione delle garanzie partecipative stabilite a favore degli espropriandi dagli articoli 17 e seguenti della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e dagli articoli 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971 n. 865. Infatti le norme ora richiamete già prevedono un effettivo momento di partecipazione dei privati al procedimento espropriativo, disponendo una serie di adempimenti (deposito della documentazione inerente l’espropriazione, pubblicazione, avviso, notifica, ecc.) volti a rendere noto il progetto dell’opera pubblica e ad acquisire le osservazioni degli interessati, sulle quali l’amministrazione procedente è tenuta a pronunciarsi.

Le norme sul procedimento espropriativo prevedevano che lo stesso si svolgesse nel quadro di una dettagliata pianificazione urbanistica, ragion per cui la partecipazione dei privati ed il contradditorio con l’amministrazione in questo contesto dovevano ritenersi anticipati alla fase pianificatoria. Questa partecipazione garantisce al proprietario di un bene interessato da un’opera pubblica di essere messo a conoscenza sulle decisioni che una pubblica amministrazione assume sulla fruizione dei suoi beni che vengono coinvolti nella realizzazione di una infrastruttura. La partecipazione dei privati al procedimento di formazione del piano regolatore generale presenta in concreto una portata ed un rilievo assai modesti, posto che per giurisprudenza costante le “osservazioni” che in tale sede i privati possono formulare hanno più che altro natura di apporto collaborativo e non presentano quindi quella valenza garantistica che è invece attribuita alle “osservazioni” previste dalla legge sugli espropri. Comunque la partecipazione al procedimento di formazione del piano regolatore non può essere confusa con la partecipazione al procedimento espropriativo, essendo diversi gli atti conclusivi dei due procedimenti e potendo l’atto espropriativo essere oggetto di osservazioni degli interessati per profili assai diversi da quelli dell’atto conformativo della proprietà, che è l’effetto tipico dello strumento urbanistico:  infatti il privato potrà partecipare alla scelta di piaficazione urbanistica per contestare in radice la destinazione a servizi pubblici di un’area di sua proprietà o l’assoggettamento ad un piano attuativo, avente affetti di dichiarazione di pubblica utilità; invece potrà partecipare al procedimento espropriativo non contestando a monte la scelta pianificatoria che consente l’espropriazione, ma le modalità attuative dell’opera  (la dimensione dell’opera, la sua specifica collocazione, ecc.).

Nell’impostazione delle leggi sull’espropriazione  sussistevano le formalità previste a tutela del privato che venivano poste in essere prima che l’amministrazione assumesse determinazioni definitive  in merito alla realizzazione dell’opera, in quanto per la dichiarazione di pubblica utilità necessitava un autonomo pronunciamento di una autorità superiore: questo sistema di garanzie si è sensibilmente attenuato, fino quasi a vanificare la ratio che aveva ispirato la previsione legislativa a tutele degli espropriandi. Infatti l’evoluzione normativa, attribuendo con l’art. 1 della legge 3 gennaio 1978 n. 1 all’approvazione del progetto il duplice valore di dichiarazione di pubblica utilità nonchè di urgenza ed indifferibilità dell’opera, ha generalizzato l’ipotesi di dichiarazione di pubblica utilità implicita e semplificato la procedura di occupazione di urgenza, anticipando così il momento “ablativo” della procedura espropriativa. Con questa nuova fattispecie normativa, le formalità garantistiche nei confronti del possessore possono essere posposte rispetto all’approvazione del progetto dell’opera, relegando le garanzie procedimentali alla fase strettamente espropriativa, configurandole quale mere condizioni di legittimità del decreto di esproprio.

Le garanzie partecipative contemplate dalla normativa sull’espropriazione debbono ora essere riviste e riconsiderate alla luce delle significative innovazioni recate dall’art. 7 della legge n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, che hanno introdotto nei rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione rilevanti novità, le quali si incentrano sul contraddittorio come momento essenziale dell’ esercizio della funzione amministrativa. La legge n. 241/1990 ha configurato la partecipazione del privato al procedimento, e quidi il confronto con l’amministrazione, quale momento necessariamente preventivo rispetto al concreto esercizio del potere discrezionale, giacché esso rappresenta ad un tempo una garanzia per il privato ed una modalità da seguire in funzione della stessa corretta  individuazione dell’interesse pubblico: il che postula, evidentemente, la necessità che il contraddittorio avvenga prima che l’amministrazione effettui scelte irreversibili.

L’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento trova applicazione anche nei procedimenti preordinati all’espropriazione e ciò in quanto l’art. 7 della legge n. 241  sancisce la partecipazione dell’interessato all’azione amministrativa, concretantesi nel rispetto dei principi del giusto procedimento e della trasparenza, che ha una portata generale che non ammette deroghe se non nei casi espressamente previsti, per cui sussiste l’obbligo  di comunicare l’inizio del procedimento anche nel caso di occupazione d’urgenza di un’area, al fine di consentire all’interessato un suo intervento che gli permetta di fare constare circostanze ed elementi idonei ad una esatta valutazione sulla rilevanza del provvedimento restrittivo ed eventualmente, ricorrendone i presupposti, a far recedere l’amministrazione da una erronea decisione (Consiglio di Stato, sez. IV sentenza 27/11/97 n. 1326). Su questa falsariga si è pronunciata definitivamente anche l’Adunanza Plenaria del C.d.S. con sentenza n. 14 del 15 settembre 1999 affermando che prima dell’approvazione del progetto definitivo, che equivale a dichiarazione di pubblica utiltà, urgenza ed indifferibilità, si deve svolgere davanti all’organo competente il giusto procedimento (con la sequenza: deposito atti- osservazioni- decisione sulle stesse), precisando che a questi fini la disposizione sull’avviso di procedimento ha l’effetto non di imporre una disciplina generica ma di orientare all’applicazione analogica di una disciplina specifica.

Conseguentemente è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento al proprietario di un bene interessato da un’opera pubblica sino dalla fase della progettazione preliminare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *