Compiti e responsabilità degli agenti contabili.

1.      L’individuazione degli agenti contabili

I componenti dei comitati per la gestione separata degli usi civici gestendo dei beni (terreni, diritti, denaro) di uso pubblico sono a tutti gli effetti degli agenti contabili.

L’art. 58 della legge 8 giugno 1990 n. 142, sul nuovo ordinamento degli enti locali, al secondo comma ha imposto al tesoriere e ad ogni altro agente contabile che abbia maneggio di denaro pubblico o sia incaricato della gestione di beni degli enti locali, nonché a coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, di rendere il conto della loro gestione. Precedentemente all’emanazione della legge  142 nell’ordinamento comunale solo al tesoriere incombeva l’onere della presentazione del conto alla Corte dei Conti, mentre gli altri agenti contabili erano tenuti a presentare il conto della loro gestione solo all’amministrazione di appartenenza.

Essendo una norma di principio l’articolo 58 non si soffermava ad individuare quali siano gli agenti contabili: l’individuazione di questi soggetti nel contesto degli enti locali è lasciata alla normativa dei singoli enti che al riguardo si possono avvalere di quanto dispone l’articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923 n° 2440 che prevede nuove disposizioni sulla amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello stato e gli articoli 178 e 610 del relativo regolamento approvato con regio decreto 23 maggio 1924 n° 827. Sono stati quindi i primi regolamenti di contabilità di questi enti che hanno tracciato gli indirizzi per l’individuazione degli agenti contabili.

Dalla normativa richiamata vengono accomunati nella qualifica di agente contabile gli incaricati della riscossione delle entrate e dell’esecuzione dei pagamenti delle spese, coloro che ricevono somme dovute all’ente locale o hanno maneggio qualsiasi di denaro nonché i consegnatari dei beni mobili e immobili. Assumono la qualifica di agenti contabili anche coloro che si ingeriscono negli incarichi di questi agenti pur non avendone titolo: il legislatore nella materia contabile riconosce ai contabili di fatto la medesima responsabilità di quella spettante ai contabili regolarmente incaricati. Spetta quindi ai regolamenti di contabilità, alla luce delle peculiarità che condraddistinguono ciascun ente locale, individuare i soggetti che hanno maneggio dei beni pubblici. I regolamenti possono individuare accanto agli agenti contabili principali anche dei subagenti, o agenti secondari, che sono incaricati di gestire contabilità minori o dei collaboratori che sono incaricati della esecuzione di attività di carattere strumentale per conto dell’agente.

L’attività del consegnatario dei beniviene contemplata dall’articolo 72 del d.lgs 77, che si soffermava sulla gestione patrimoniale dell’ente, prevedendo, a fine esercizio, la presentazione di un conto patrimoniale e dagli articoli 116 e 117 che si soffermano sul completamento degli inventari e sul calcolo degli ammortamenti dei beni immobili. Le  modalità di resa del conto da parte di tutti gli agenti contabili erano contemplate dall’art. 75.

Limitatamente ai conti a materia si specifica che, in base al regolamento di contabilità generale dello stato ed al testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti, rientrano nel concetto di “materia” tutti i beni e valori comunque inclusi nella parte attiva del conto patrimoniale. I soggetti tenuti alla resa del conto sono i consegnatari, i magazzinieri e gli altri dipendenti che maneggiano o hanno in consegna beni mobili o di consumo in attesa di  una loro successiva destinazione (trattasi di beni non ancora dati in uso e comunque rimasti in carico al consegnatario). Sono quindi esclusi dall’obbligo di rendere il conto coloro che hanno in consegna beni mobili e di consumo per i rispettivi compiti d’Istituto: verso questi beni essi hanno solo un dovere di vigilanza, in quanto non hanno potere di disporre del possesso dei beni. Negli enti che hanno una certa consistenza vengono individuati dei sub consegnatari dei beni che presentano il conto della gestione solo dei beni loro consegnati: questi sottoconti concorrono a formare il conto del consegnatario.

Al consegnatario grava l’onere di dare ragione dei movimenti quantitativi delle cose di cui ebbe il carico di gestione. Il conto dell’agente deve comprendere, la lista di carico dei beni all’inizio della gestione, il carico e lo scarico, (trattasi della documentazione relativa all’aumento o alla diminuzione dei beni rispetto la consistenza iniziale) e il conto finale della gestione regolarmente sottoscritto. Il solo mezzo di giustificazione in caso di eventuali diminuzioni patrimoniali rispetto il carico ricevuto consiste nella presentazione dei documenti predeterminati dalle norme regolatrici del servizio: ove non produca tali documenti il contabile potrà soltanto essere ammesso a provare le circostanze di forza maggiore che gli resero impossibile di corredare il conto con le giustificazioni prescritte. La normativa precedente al d.lgs 77 non prescriveva alcun particolare modello per la redazione di questi conti: sulla base del principio che ogni documento è valido finche non c’è motivo di contrastarlo; era sufficiente che il documento presentato alla Corte contenesse gli elementi del carico dei beni ricevuti in consegna, dei movimenti effettuati e della consistenza finale degli stessi (scarico).

E’ doveroso evidenziare che con la presentazione dei conti a materia è stato avviato un processo di recupero di significatività e di consapevolezza della gestione patrimoniale degli enti locali, che rientra nel contesto della riscoperta della fondamentale rilevanza della gestione patrimoniale di tutti gli enti pubblici. Nel passato era diffusa l’opinione della scarsa rilevanza della gestione patrimoniale di tutti gli enti pubblici in una ottica che gratificava la gestione finanziaria: tale opinione è stata avallata dalla trascuratezza e dalla superficialità con la quale sono stati tenuti gli inventari in tutti gli enti pubblici. La necessità di tenere aggiornate e complete le scritture inventariali trova la sua ragione, oltre che nel buon andamento della pubblica amministrazione, nel fatto che il punto di riferimento per il riscontro della parificazione dei dati riportati nei conti a materia sono gli inventari.

Gli agenti contabili esercitano le loro funzioni sotto la vigilanza dell’bamministrazione dalla quale dipendono e sono tenuti a rendere a periodi prefissati alle amministrazioni in nome della quale agiscono il conto della loro gestione Essi esercitano le loro funzioni dal giorno in cui ha inizio la gestione secondo le direttive che ricevono dai responsabili dell’ente: gli agenti possono riscuotere o pagare somme  oppure ricevere o consegnare beni di valore o materia se non in conformità delle leggi e dei regolamenti dell’ente.

L’articolo 59 ,primo comma, della legge n.142 disponeva che nella sua prima applicazione l’approvazione del regolamento di contabilità e di quello dei contratti fosse effettata entro un anno dalla entrata in vigore: siccome diversi enti avevano disatteso a questo adempimento, in sede di conversione del decreto legge 18 Gennaio 1993 n.8 con la legge n. 80 venne introdotta una norma che subordinò l’erogazione agli enti locali dell’ultima rata dei trasferimenti erariali all’approvazione dei due regolamenti (all’epoca comuni e province viveno principalmente di trasferimenti finanziari da aprte dello stato).

Il regolamento deve prevedere le attribuzioni e le modalità di nomina di questi agenti, gli aspetti gestionali del servizio loro affidato, nonché le procedure per l’esercizio della vigilanza da parte degli organi e degli uffici sulla gestione effettuata dai singoli agenti.

Con il decreto legislativo 25 Febbraio 1995 n. 77 è stata data attuazione alla riforma del sistema contabile degli enti locali, prevista dall’articolo 55 ultimo comma della legge n. 142/90. Il legislatore, riconoscendo la validità dei principi contenuti in quanto decreto legislativo, frutto di sinergie fra qualificate esperienze attinte nei settori interessati alla riforma, hanno ritenuto opportuno non accogliere le proposte di rinvio integrale dell’applicazione del decreto n. 77/90 che venivano avanzate da più parti.

Per l’economia di questa trattazione, non ci soffermeremo sulle innovazioni introdotte dal decreto legislativo 77, che non sono solo quelle ora richiamate ma tante altre: si fa presente che questo decreto non rappresenta solo un cambiamento di norme, ma costituisce un cambiamento di sostanza nel considerare la contabilità degli enti locali.

In particolare si evidenzia che per dare concretezza alla riforma finanziaria e contabile prevista dal nuovo ordinamento è stato necessario che, all’interno degli enti locali, si sviluppasse una cultura economico-gestionale che in molti enti era stata la grande assente e che non ci si doveva limitare a formulare norme regolamentari, talvolta commissionate a studi esterni, ma dar vita a comportamenti più attinenti ad una gestione condotta in termini di efficacia, efficienza ed economicità.

Gli enti locali hanno dovuto speditamente procedere alla revisione  del proprio regolamento di contabilità in quanto il regolamento era propedeutico alla predisposizione ed alla successiva gestione del bilancio 1996 secondo i nuovi criteri. Nella predisposizione del regolamento, ciascun ente aveva a disposizione degli spazi significativi nell’applicazione dei principi contenuti del decreto legislativo n.77 per modellarli alle sue caratteristiche.

Sono stati differiti dall’articolo 7 della legge 29 Agosto 1995 n. 357 i tempi di applicazione dei modelli di conto consuntivo, prevedendo però che per gli agenti contabili diversi dal tesoriere i nuovi modelli di conto di fine esercizio entrano in vigore già con la presentazione del consuntivo 1995.

I contenuti del d.lgs n. 77 sono stati recepiti e riassemblati con le norme sopravenute nella seconda parte del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267.

 

2. Il conto amministrativo.

Nella terminologia utilizzata dalla Corte dei Conti viene denominato conto amministrativo il conto che ciascun agente contabile che rende annualmente all’Amministrazione per conto e in nome della quale ha agito. Questi conti sono detti conti amministrativi perché vengono presentati dagli agenti all’amministrazione e  sono sottoposti ad un controllo di carattere amministrativo: questi conti forniscono all’amministrazione gli elementi necessari per la stesura delle scritture consuntive settoriali sulla base delle quali viene compilato il rendiconto generale. Tramite la presentazione di questi conti sull’attività svolta nel corso dell’anno finanziario dagli agenti, l’amministrazione è in grado di esercitare un controllo sul loro operato. Questo controllo però è di mero carattere amministrativo in quanto competente a dichiarare regolare la gestione dell’agente è la Corte dei Conti, a cui l’art. 103 della costituzione attribuisce la giurisdizione in materia di contabilità pubblica: il conto degli agenti contabili dopo essere reso viene approvato dall’amministrazione e va successivamente presentato a detta Corte. Questo conto viene definito anche conto giudiziale perché va sottoposto presso la Corte dei Conti ad una procedura giurisdizionale. Nella terminologia utilizzata dalla Corte dei Conti per conto giudiziale si intende il conto degli agenti contabili che va sottoposto al giudizio della stessa magistratura a cui è attribuito ai sensi dell’art. 44 e seguenti del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214, il potere di dichiarare il discarico degli agenti da quanto avuto in consegna.

Normalmente un medesimo agente contabile è tenuto a rispondere del suo operato sia all’amministrazione che alla Corte dei Conti, ma vi sono dei conti amministrativi che si esauriscono all’interno dell’amministrazione e che non vanno successivamente presentati alla Corte dei Conti: trattasi di contabilità molto vincolate nella loro gestione. Tipico esempio di queste contabilità all’interno degli enti locali è la riscossione dei diritti di segreteria. All’obbligo della presentazione del conto amministrativo è tenuto anche il funzionario di fatto, che abbia assunto volontariamente una gestione di affari contabili di un ente pubblico.

In materia di conto amministrativo, il decreto legislativo n. 77/90 ha previsto un termine uguale (due mesi dalla chiusura dell’esercizio) per la presentazione del conto da parte del tesoriere (art. 67) e degli altri agenti contabili (art.75), lasciando al regolamento di ciascun ente fissare un termine per l’approvazione di  questi conti. Stante la distinzione operata fra conto degli altri agenti contabili e conto dell’ente, nonché la funzione propedeutica del conto degli altri agenti rispetto al conto dell’ente, il regolamento di contabilità dovrà prevedere che il conto degli agenti contabili venga approvato entro il 30 aprile, onde consentire un ragionevole lasso di tempo per gli adempimenti necessari per la successiva approvazione del rendiconto.

Si evidenzia che il principio della veridicità del bilancio, esplicitamente acclarato dal decreto legislativo n. 77/95, vale anche per la predisposizione del conto di fine esercizio da parte degli agenti contabili: in caso di violazione di questo principio, gli agenti contabili dovranno rispondere davanti alla magistratura, non solo per dolo oggettivo, ma anche per mancato rispetto delle norme.

 

3. La resa del conto degli agenti contabili

Sulla temporizzazione della procedura istruttoria del rendiconto la legge di riordino delle autonomie locali aveva lasciato spazio alla potestà normativa attribuita dalla 142 a ciascun ente, che ai sensi dell’articolo 59 ha sostituito il regolamento del 1911 ed il testo unico del 1934. Il decreto legislativo 77/1995 all’art. 67 per uniformare la temporizzazione delle procedure nei diversi enti aveva integrato le prescrizioni della legge 142 prevedendo che entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario gli agenti contabili devono rendere il conto della propria gestione di cassa all’ente locale. Gli agenti contabili devono rendere il conto della loro gestione ogni anno indipendentemente dal risultato conseguito: la mancata contestazione del ritardo nella resa del conto è fonte di responsabilità per l’ente. Ove durante lo stesso esercizio più titolari si siano succeduti in una gestione, ciascuno di essi rende separatamente il conto per il periodo in cui ha curato la gestione. Inoltre in caso di irregolarità accertate a carico dell’agente nel corso della gestione viene compilato un conto parziale, denominato deconto perché viene reso anteriormente alla normale scadenza. Per conti complementari si intendono invece i conti predisposti dall’amministrazione al fine di ovviare ad omissioni od errori in cui si sia incorsi nella compilazione del conto. Si definiscono infine conti speciali i conti di quegli agenti per cui non sussiste in via normale l’obbligo della resa periodica del conto.

Se l’agente contabile, benché sollecitato, non rende il conto all’Ente, è necessario stimolare a carico dello inadempiente il giudizio per resa di conto innanzi alla magistratura contabile, oltre ad adottare eventuali altri provvedimenti di natura amministrativa o civile. In caso di inadempimento viene fatto predisporre il conto a spese dell’inadempiente da parte di un commissario nominato dal Sinadaco (prima della riforma del titolo V della Costituzione che ha abollito i controlli esterni sugli atti degli enti locali, tale incarico veniva affidato dal Presidente del CO.RE.CO). La mancata presentazione del conto può rivestire anche gli estremi di un intervento della magistratura penale per omissione di atti d’ufficio.

Il legislatore del 1990, per ovviare a eventuali confusioni fra conto dell’agente contabile e quello dell’amministrazione, ha precisato all’art 58 della legge 142 che solo il primo va sottoposto alla giurisdizione della Corte dei Conti. Si ricorda nuovamente che il decreto legislativo 77 per rendere applicabile questo paradigma normativo aveva previsto la predisposizione di modelli distinti di conto per gli agenti contabili (conto del tesoriere – art. 67;  conto degli agenti contabili interni – art. 75) e per l’amministrazione (conto del bilancio – art. 70; conto economico – art. 71; conto del patrimonio – art. 72).

L’articolo 75 del d.lgs 77 prevedeva che i conti degli agenti contabili interni saranno redatti secondo il modello approvato con il regolamento previsto dall’art. 114 del decreto. Il regolamento presidenziale ha contemplato modelli di conto separati per gli agenti contabili, per l’economo e per il consegnatario dei beni: i regolamenti di contabilità dei singoli enti possono adottare degli analoghi modelli per particolari agenti qualora ne riscontrino la necessità. Al conto gli agenti contabili allegheranno anche il titolo che li legittima alla gestione, copia degli inventari da loro tenuti, i verbali di passaggio di gestione, le verifiche effettuate da parte dell’amministrazione e i discarichi amministrativi per le variazioni intervenute (deterioramenti, smarrimenti, furti, ecc…).

Il conto degli agenti contabili, una volta reso all’ente, viene sottoposto dagli uffici alla parifica dei suoi dati con le scritture dell’ente e viene attestata la corrispondenza delle due scritture. Il regolamento dell’ente stabilisce quale organo debba attestare la parifica del conto: la parifica del conto può essere effettuata sotto la responsabilità del ragioniere e il conto va approvato dalla giunta, essendo un adempimento endoprocedimentale per l’approvazione del rendiconto. Sull’atto di parifica a nostro parere è opportuno chiedere il visto dei revisori dell’ente, sulla scorta dei compiti ad essi attribuiti di collaborazione con il consiglio nella sua funzione di indirizzo e controllo, anche se gli stessi dopo formulano una relazione sul rendiconto dell’ente. Qualora dall’esame del conto reso dall’agente contabile vengano evidenziate dall’ente delle discordanze con le proprie scritture, della deliberazione sul conto deve essere data notizia all’agente in quanto porti variazioni nel carico o discarico, notificata per mezzo del messo, con invito a prenderne cognizione entro il termine di trenta giorni nella segreteria dell’ente, ove vanno depositati i relativi atti.

Il conto di ogni agente contabile, dopo essere stato approvato dall’amministrazione, va trasmesso alla Corte dei Conti per il c.d. giudizio di conto. Il decreto legislativo 77 all’art. 67 disciplinava la procedura di presentazione del conto del tesoriere alla Corte dei Conti prevedendo il suo deposito, assieme agli allegati e ad ogni altro documento richiesto dalla Corte stessa, entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto. La trasmissione del conto alla sezione regionale della Corte dei Conti competente per territorio deve essere curata dal rappresentante dell’ente al quale è  reso il conto.

Il paradigma normativo della 142 che prevede il controllo giurisdizionale della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti sui conti degli agenti contabili implicava il completamento del decentramento della giurisdizione contabile, decentramento che risponde alle esigenze di rapidità e di certezza nell’accertamento della regolarità della gestione, di cui sono sintomatiche espressioni l’abbreviazione del termine prescrizionale dell’azione di responsabilità e la non estensione della azione di risarcimento nei confronti degli eredi (ultimo comma dell’art. 58 della legge 142). Il decentramento giurisdizionale infatti può consentire l’accertamento tempestivo ed efficace dei fatti irregolari della gestione degli enti locali, rendendo più vicino il giudice contabile alla realtà locale e rendendo più limitato il numero dei conti degli agenti contabili da esaminare per singola sezione giurisdizionale, con una maggiore potenzialità di approfondimento nell’esame dei fatti gestionali.

Un inizio di decentramento della giurisdizione contabile è iniziato con la legge 8 ottobre 1984 n. 658 limitatamente alla Sardegna. Dop la legge n. 142 altro passo verso il decentramento della giurisdizione contabile si è avuto con l’articolo 16 del decreto legge  13 maggio 1991 n° 152, convertito nella legge 12 luglio 1991 n. 203, che ha istituito le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per la materia contabile presso la Calabria, la Campania e la Puglia. Nel contesto della volontà legislativa di rafforzare le forme di esercizio del sistema delle garanzie, nella citata legge n. 203 è stata prevista la  facoltà della Corte dei Conti di disporre ispezioni e accertamenti diretti, anche a mezzo della Guardia di Finanza, presso le pubbliche amministrazioni nonché presso i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie. Il passo conclusivo del decentramento della giurisdizione contabile si è avuto, dopo la reiterazione di diversi decreti legge decaduti, con il decreto legge n. 453 del 1993 convertito nella legge n° 19 del 14 gennaio 1994. A seguito di questo decentramento, avverso le sentenze delle sezioni giurisdizionali regionali in materia di contabilità pubblica è ammesso l’appello alle sezioni giurisdizionali centrali; l’appello è proponibile entro sessanta giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza per il procuratore regionale competente per territorio e dalla notificazione della sentenza per il convenuto.

Con questa legge sono state istituite sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti in tutte le regioni; la titolarità dell’azione di responsabilità è attribuita ad un Procuratore Regionale, il quale agisce nell’ambito territoriale di competenza con poteri propri ed autonomi. Al Procuratore Generale è demandato il compito di coordinare l’attività dei procuratori regionali, i quali a loro volta coordinano l’attività dei magistrati assegnati al loro ufficio. Gli adempimenti istruttori della Corte possono essere delegati a funzionari delle pubbliche amministrazioni e la Corte ora si può anche avvalere dell’opera dei consulenti tecnici come consentito al pubblico ministero dal codice di procedura civile. Per l’esame dei conti degli agenti contabili il magistrato relatore può affidare ai revisori dell’ente specifici compiti e analisi in presenza di fatti ritenuti sintomatici di irregolarità nella gestione dell’agente.

L’agente contabile viene costituito in giudizio automaticamente all’atto della presentazione del conto presso la segreteria della Corte ai sensi dell’articolo 45 del RD n. 1214: scopo del giudizio di conto è l’accertamento della regolarità della gestione dell’agente contabile. L’esame del conto viene assegnato ad un referendario che per l’istruttoria utilizza i documenti ad esso allegati e può anche chiedere all’amministrazione o al contabile notizie, documenti e chiarimenti; il magistrato può effettuare correzioni di eventuali errori materiali. Il referendario ultimata l’istruttoria, se non ha nulla da eccepire sul documento contabile, con una relazione può proporre al  Presidente la discarica: il Presidente della sezione ordina allora la trasmissione del conto e della relazione al Procuratore, che nei giudizi della Corte funge da pubblico ministero; questi, se non ha nulla in contrario, vista il conto e il Presidente lo approva con decreto dandone contestuale comunicazione all’amministrazione. Il visto del Procuratore non è un atto di conferma dell’operato del relatore: il suo aspetto teleologico discende dalle funzioni che riveste il Procuratore nella Corte, infatti essendo egli il titolare dell’ufficio attraverso cui transitano le denuncie di danno erariale è il soggetto che è a conoscenza di eventuali anomalie nella gestione di un ente e può quindi negare con cognizione di causa il visto e disporre una indagine più approfondita sul conto presentato da un agente contabile di questo ente.

Quando la relazione si conclude per la condanna del contabile a pagare una somma di cui il relatore lo ritiene debitore o con la richiesta di provvedimenti interlocutori, il Presidente ordina la comunicazione della relazione al Procuratore Regionale fissando contestualmente l’udienza per la discussione del giudizio di conto. Qualora dall’esame del conto emergano addebiti inferiori all’importo di 5.000.000 la relazione, prima della sua iscrizione a ruolo, viene trasmessa al Procuratore che esprime il suo parere sull’importo dell’addebito: il Presidente qualora ritenga opportuno fare uso delle potestà riduttive della pena, determina l’importo da far pagare al contabile a tacitazione del suo debito stabilendo contestualmente il termine entro cui il contabile deve dichiarare di accettare il pagamento proposto e il termine per l’udienza in cui sarà giudicato il conto in caso di mancata accettazione (articolo 55 del RD n.1214).

Nei giudizi di conto non è neccessario che esista un debito o un credito in ordine al quale le parti eccepiscono le proprie ragioni ed invochino la protezione dell’organo giurisdizionale: le gestioni contabili sono soggette all’esame del magistrato speciale a periodi fissi e con rito contenzioso, onde consentire una più idonea garanzia di regolarità e di certezza sia agli enti pubblici che agli agenti degli stessi. Nei giudizi sui conti quindi non esiste una vera e propria controversia, ma questa è semplicemente supposta per “finctio juris”. Perciò l’esercizio della giurisdizione sui conti è necessario ed il relativo procedimento prescinde dalle deduzioni ed ammissioni delle parti, assumendo esclusivo rilievo gli atti e i documenti prescritti dalla legge ed attribuendosi al giudice un eccezionale potere di iniziativa in ordine alla ricerca delle prove. A tal fine la corte deve acquisire anche le determinazioni prese dall’ente sui fatti gestori che sono stati monetizzati dagli agenti contabili.

Per l’esame dei conti degli agenti contabili il magistrato relatore può affidare ai revisori dell’ente specifici compiti e analisi in presenza di fatti ritenuti sintomatici di irregolarità nella gestione dell’agente. Con specifico riferimento alla materia del giudizio di conto nella legge n. 20 del 14 gennaio 1994, che ha avuto un cammino di approvazione parlamentare parallelo alla legge n. 19, è stato previsto all’articolo 2 che l’esame del conto deve essere espletato entro cinque anni dal suo deposito presso la segreteria della sezione competente: decorsi cinque anni dalla consegna del conto senza che sia stata depositata la relazione del magistrato relatore o siano state elevate contestazioni a carico dell’agente contabile da parte dell’amministrazione, degli organi di controllo o dal procuratore regionale o da quello generale della Corte dei Conti, il giudizio sul conto si estingue. In conseguenza dell’estinzione del giudizio il conto stesso e la relativa documentazione vengono restituiti alla competente amministrazione. L’estinzione del giudizio di conto è la conseguenza della mancata attività del giudice: l’esplicitazione dell’estinzione evidenzia che con il trascorrere di un certo lasso di tempo viene meno l’interesse pubblico alla definizione del giudizio. L’estinzione del giudizio di conto non estingue però l’eventuale responsabilità amministrativa e contabile a carico dell’agente o dei suoi eredi in caso di illecito arrichimento. L’abbreviazione dei termini consentiti per l’esame dei conti degli agenti contabili da parte delle competenti sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti è in linea con l’esigenza di snellezza e di celerità negli accertamenti di regolarità della gestione contabile ed è in diretta connessione con la prevista abbreviazione dei termini prescrizionali dell’azione di responsabilità, nonché dribla la critica che la giustizia che arriva in ritardo è una non giustizia.

 

4. La responsabilità contabile.

La responsabilità contabile si materializza in qualunque irregolarità che provoca un danno, connessa alla riscossione o al pagamento o alla conservazione del denaro o di altri beni della pubblica amministrazione: questa responsabilità è simile alla responsabilità civile nascente dallo inadempimento di una obbligazione, ma si discosta da essa in quanto viene posta in essere come mera conseguenza del comportamento irregolare.

Il giudizio di conto attivato dalla Corte è un procedimento diverso dall’eventuale giudizio di responsabilità contabile eccepito a carico dell’agente contabile per responsabilità rilevate nel corso dell’esame del conto che si svolgono davanti alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti: il giudizio di responsabilità amministrativa e quello di responsabilità contabile hanno la funzione recuperatoria e sono finalizzati al ristoro del danno causato, mentre il giudizio di conto ha la funzione di verificare la regolarità della gestione. Il legislatore, proprio per questa separazione dei procedimenti, nel prevedere la possibilità dell’estinzione del giudizio di conto ha stabilito che resta comunque ferma l’eventuale responsabilità amministrativa e contabile a carico dell’agente contabile.  Se nel corso del giudizio di conto vengono accertate in capo all’agente delle responsabilità di carattere contabile o amministrativo, viene attivato nei suoi confronti anche il giudizio di responsabilità; i due giudizi (quello di conto e quello di responsabilità) vengono riuniti in quanto connessi.

         Il d.lgs n. 77 non faceva menzione delle responsabilità in cui incorrono gli agenti contabili nell’esercizio delle loro attribuzioni, essendo al riguardo sufficiente il rinvio alla normativa statale contenuto nell’articolo 58, secondo comma, della legge n. 142/90. Queste norme prevedono che coloro che hanno maneggio di denaro o di valori e di cose dell’amministrazione  sulla base di un rapporto di servizio formalizzato (contabili di diritto) o coloro i quali si ingeriscono senza legale autorizzazione in tale maneggio (contabili di fatto) rispondono davanti alla Corte dei Conti degli eventuali danni che abbiano provocato all’ente.

L’obbligo del contabile si inquadra fra le obbligazioni di restituzione, tipiche del rapporto di deposito, ispirate al principio per cui l’obbligato è liberato dalla restituzione solo se prova la forza maggiore o qualsiasi altro fatto determinante la non imputabilità del danno a suo carico (art. 1780 cod. civ.). Nei confronti degli agenti contabili citati in giudizio per irregolarità della loro gestione vige una presunzione di colpa con inversione dell’onere della prova di non aver recato un danno all’amministrazione, in quanto ai sensi dell’art. 194 del regolamento di contabilità di Stato, spetta all’agente dimostrare che la responsabilità addebitategli non derivano da suo dolo o da colpa e che egli ha fatto tutto quanto era in suo potere fare allo scopo di evitare il danno del quale è chiamato a rispondere. Tuttavia incombe sempre al Procuratore della Corte dei Conti provare il fatto costitutivo del danno e l’inadempimento del contabile, che viene chiamato a rispondere del danno.

Il giudizio di responsabilità contabile viene attivato a peso dell’agente per irregolarità contabili accertate nel corso della gestione o qualora dall’esame del suo conto emergano delle irregolarità: questo giudizio può quindi prescindere da eventuali denuncie nei confronti dell’agente. Qualora il procuratore proponga la condanna del contabile, la causa viene iscritta a ruolo per l’udienza. Al giudice è attribuito un eccezionale potere di iniziativa in ordine alla ricerca delle prove e ne consegue che se il contabile, a seguito delle decisioni interlocutorie della Corte, presenta memoria a sua difesa egli decade dalla facoltà di opposizione al giudizio. Le eventuali responsabilità possono essere estese dal collegio, sulla base dei documenti acquisiti, ad altre persone oltre a quelle contemplate nella relazione di instaurazione del giudizio e possono essere anche aggravate oltre i limiti menzionati nella relazione stessa. Nel caso che l’azione od omissione che ha originato il danno sia dovuto al comportamento di più persone non trova applicazione il principio della solidarietà previsto per le obbligazioni civili in quanto l’articolo 82 della legge di contabilità di stato prevede che in tale circostanza ciascuno risponde per la parte che vi ha preso: di conseguenza dovrà essere individuata la parte di responsabilità che va ascritta ad ogni persona; eccezionalmente potranno essere condannate solidarmente più persone coinvolte nello stesso fatto illecito allorché non sia possibile individuare la parte di danno attribuibile a ciascuno di essi.

Se viene riconosciuta la fondatezza dell’addebito, viene liquidata la misura del debito e condannato l’agente al pagamento del danno accollatogli. Se l’addebito emesso a carico del contabile è inferiore a 2500 €, il Presidente della sezione, sentito il Procuratore sull’importo dell’addebito, può determinare la somma da pagare all’erario e l’agente può dichiarare di accettarlo: in tal caso l’udienza viene evitata, previa cancellazione della causa dal ruolo da parte del Presidente che emette ordinanza esecutiva di pagamento (giudizio monitorio).

Nell’orientamento attuale della giurisprudenza si è affermato il carattere generale dell’esercizio del potere riduttivo, previsto dall’art. 83 della legge sulla contabilità di Stato, che attribuisce alla Corte la facoltà di porre a carico dei responsabili solo parte del danno, proporzionando quindi l’entità del risarcimento al grado di colpevolezza: precedentemente la Corte intendeva escluso questo potere riduttivo dell’accollo nei casi di responsabilità contabile date le precise norme che regolano la materia. Tale potere riduttivo può essere esercitato dalla Corte qualora si riconosca che il comportamento improprio in cui è incorso l’agente sia dovuto ad un errore connesso nell’applicazione di leggi di dubbia interpretazione.

In materia di responsabilità contabile l’articolo 1 della legge 20/1994  ha attenuato il principio della intrasmissibilità della responsabilità agli eredi, contemplato dall’art. 58 della legge 142, prevedendo che la responsabilità si estende anche agli eredi nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

 

L’Amministratore Locale, [1995 n.6 nov-dic pag 10]

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