Dopo anni di gestazione il legislatore ha finalmente approvato la legge sull’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della provincia. Questa normativa era una delle principali carenze della legge 8 giugno 1990 n. 142 sulle autonomie locali che assieme ai successivi provvedimenti attuativi, va a sostituire gran parte della legislazione vigente in materia di ordinamento locale.
La legge 142, anche se monca per la parte riguardante la riforma della finanza locale e del sistema elettorale, ha apportato comunque rilevanti innovazioni nell’ordinamento comunale. Il legislatore comunque con la legge 23 ottobre 1992 n. 421 ha approvato i principi sulla base dei quali dovrà es sere revisionata la normativa in mate ria di finanza locale e ora, dopo un non semplice iter parlamentare, ha approvato il nuovo sistema di elezione degli Organi Comunali e Provinciali.
La mancata approvazione per diversi anni di una legge che disciplinasse in un’ottica diversa il processo di nomina degli amministratori locali ha dato vita alla ben nota richiesta di referendum. Il legislatore sotto la spinta referendaria ha varato la legge 81/93 che rap presenta l’oggettivazione della idea di modificare il sistema elettorale nel l’ordinamento italiano caratterizzato dalla elezione indiretta degli organi di direzione politica. La nuova legge verrà ora collaudata nelle prossime consultazioni elettorali del 6 giugno. La legge 81 oltre a rivisitare il sistema di elezione degli organi di direzione politica di comuni e provincie innova anche l’ordinamento locale.
Con la Legge 25 marzo 1993 n. 81 vengono infatti rivistati alcuni degli istituti introdotti dalla 142, ma non vengono rimessi in discussione i pregi da essa introdotti per meglio qualificare l’autonomia degli Enti Locali. L’aspetto più rilevante della legge 142 è l’aver realizzato finalmente sul piano sostanziale il principio del riconosci mento dell’autonomia dei Comuni e quello dell’adeguamento della legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, principi validi ma enunciati astrattamente dal costituente agli artt. 5 e 128.
Nell’ordinamento precedente alla 142 infatti sia i Comuni che le Province erano principalmente enti autarchici intesi come enti che possono amministrare i propri interessi svolgendo un’attività che ha gli stessi caratteri e la stessa efficacia dell’attività amministrativa dello Stato tramite organi eletti dalla propria comunità, in quanto l’autonomia di cui godevano i Comuni era limitata all’approvazione di atti aventi valenza di normazione regolamentare i cui contenuti sono spesso rigidamente elencati dalla legge che lascia poco spazio alla discrezionalità locale.
L’autonomia comunale in effetti prima di questa legge non è una proposizione forte in quanto se analizzata nella sua assenza la possiamo aggettivare come autonomia condizionata; in effetti l’attività dei Comuni e delle Province viene vincolata spesso dall’attenersi a fattispecie prestabilite dalla legge.
La 142 è una legge di principi che va a regolare l’intera materia già disciplinata da una legge precedente e che quindi non ammette una sua successi va abrogazione tacita. Essendo una legge di principi generici ed astratti necessita per la sua applicazione di adempimenti conseguenti che si esplicano nella potestà statuaria e nella potestà regolamentare attribuita a Comuni e Province dalla legge stessa. Comuni e Province tramite lo statuto si possono dotare di un ordinamento autonomo che rispecchi le proprie peculiarità, utilizzando le “opzioni” previste dalla legge 142, a differenza del precedente ordinamento eteronomo che dava luogo ad un appiattimento giuridico dei vari enti.
La potestà normativa riconosciuta ai Comuni dalla 142 è dotata di una capacità abrogativa della normativa precedente ed ha una valenza simile a quella degli atti normativi secondari dello stato.
La 142 attua sul piano sostanziale le disposizioni della Costituzione che attribuisce autonomia ai Comuni e alle Province: autonomia nell’accezione della parola significa infatti capacità di dotarsi di un corpo normativo secondo le proprie necessità nel rispetto degli altri enti riconosciuti dall’ordinamento giuridico.
La legge 81 introduce nell’ordinamento giuridico italiano il sistema di votazione del Sindaco con il metodo diretto. La centralità del Sindaco nell’ordinamento comunale che era già stata ben delineata dalla 142 viene ora rafforzata dalla sua investitura diretta da parte dei cittadini.
La nuova legge, nell’eliminare il ruolo del consiglio comunale nell’elezione degli organi di direzione politica, non intacca la rilevanza assunta dai singoli consiglieri nell’ordinamento comuna le con la 142. Con la presente digressione, senza entrare nella filosofia della 81 e ad analizzarne i nuovi metodi di elezione dell’Amministrazione comunale, si intende mettere in evidenza il nuovo ruolo assunto dai Consiglieri comunali che ora rivestono una personalità autonoma nel contesto dell’ordinamento comunale.
A differenza della legislazione prece dente che poneva i consiglieri comunali e provinciali in un ruolo ancellare rispetto gli altri organi, la 142 ha rivitalizzato il loro ruolo attribuendo ad essi nuove funzioni e istituzionalizzando a livello normativo altre, che precedentemente erano lasciate alla discrezione dei regolamenti comunali.
La forza innovativa di questa legge va valutata infatti nell’ambito della riforma delle autonomie locali. E proprio per evidenziare il ruolo assunto dalle autonomie locali rispetto il potere centrale dello Stato si deve ricordare che il legislatore statale è stato preceduto dalla regione Sicilia che sulla scorta del suo statuto di autonomia speciale già dal 13 agosto 1992 aveva introdotto in quella regione una nuova disciplina di nomina del Sindaco prevedendone l’elezione diretta.
Nel disciplinare la nomina del Sindaco e della Giunta la 142 utilizzando la dizione sono eletti dal Consiglio Comunale nel suo seno (art. 34-1 comma) confermava la precedente normativa che prevedeva la nomina degli Amministratori per estrazione dal Consiglio Comunale, anche se all’art. 33 era già enucleata la possibilità dell’elezione ad Assessore di cittadini estranei al Consiglio Comunale de mandando allo statuto la possibilità di disciplinare tale scelta opzionale.
Ora la legge 81 nel modificare le modalità di elezione del Sindaco e della Giunta fa venir meno sia l’intervento dei consiglieri per la designazione ed elezione degli amministratori che la scelta di questi in seno al Consiglio Comunale.
La 142 aveva confermato la norma che il Consiglio Comunale venisse presieduto per la verifica delle condizioni di eleggibilità e per la nomina del Sindaco e della Giunta dal Consigliere Anziano in base al principio per cui ogni collegio è il primo giudice della regolarità della nomina dei propri componenti. La norma demandava ai singoli statuti le modalità di individuazione del Consigliere anziano, che poteva quindi essere scelto con il criterio della mera anzianità fisica oppure con quel lo del maggior numero dei voti ottenuti, nei comuni nei quali si vota con il sistema maggioritario, o con quello della cifra individuale più elevata, nei comuni nei quali si vota con il sistema proporzionale. Nella 81 invece che del Consigliere Anziano si fa menzione di una nuova figura: il Presidente del Consiglio Comunale. La norma al riguardo non prevede alcun criterio per l’individuazione di questo nuovo organo, ma lascia solo chiaramente in tendere che sarà lo Statuto a disciplinarlo e che la funzione dovrà essere affidata ad un consigliere comunale.
All’art. 18 la legge 81 conferma ai consiglieri la facoltà di presentare una mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco e della Giunta ma rispetto la presentazione della mozione di sfiducia costruttiva prevista dalla 142 il numero dei presentatori viene elevato da un terzo a due quinti dei consiglieri assegnati, per garantire l’uso di questo strumento di sfiducia dell’Amministrazione solo in presenza di un accordo di un certo peso in seno al Consiglio Comunale.
L’incremento dei consiglieri necessari per l’uso di questo eccezionale strumento di controllo dell’attività gestionale è motivato dal fatto che l’approvazione della mozione di sfiducia co me esplicitata dalla legge 81 implica addirittura lo scioglimento del consiglio comunale, mentre nel contesto della 142 comportava solo un rinnovo degli organi di direzione politica.
Una nuova attribuzione dei consiglieri che riguarda anch’essa l’attività del l’amministrazione comunale o provinciale, come la mozione di sfiducia, è la possibilità, prevista dall’art. 19, secondo comma, della legge 81, di costituire nel proprio seno a maggioranza assoluta dei membri del consiglio comunale o provinciale commissioni di indagine sull’attività dell’amministrazione.
La norma che prevede queste commissioni lascia intendere che si tratta di un controllo fisiologico in quanto presuppone al riguardo la costituzione di commissioni permanenti, prevedendo che la loro composizione e funzionamento verranno disciplinate dal lo statuto e dal regolamento consigliare. La dizione “commissioni di indagine” però nella sua normale eccezione implica l’esistenza di una situazione patologica nell’attività di direzione politica dell’amministrazione: il significato della dizione può anche essere rivisitato nell’ottica di un maggior coinvolgimento dei consiglieri comunali nell’attività della giunta per cui il termine indagine può assurgere al significato positivo di ricerca invece che a quello negativo di inchiesta.
Un’altra facoltà attribuita ai consiglieri comunali in accordo fra loro in un numero non inferiore ad un terzo di quelli assegnati al Comune è prevista dall’alt. 45 della legge 142: la norma citata conferisce loro la potestà di chiedere entro 10 giorni dalla loro pubblicazione la sottoposizione al controllo preventivo di legittimità sia delle deliberazioni di giunta relative ad acquisti, procedure contrattuali in genere, contributi o rimborsi, assunzioni e stato giuridico del personale, limitatamente ai vizi di legittimità segnalati, che di quelle ritenute viziate da incompetenza o da contrasto con gli atti fondamentali del Comune, indi pendentemente dall’oggetto.
Resta confermata dalla legge 81 la facoltà di chiedere la convocazione del consiglio comunale da parte di un gruppo di consiglieri che rappresenti almeno V5 dei componenti del consesso (già la 142 per dar maggiore spazio alle istanze delle minoranze aveva ridotto da un terzo ad un quinto il nu mero necessario per rendere valida la richiesta di convocazione). Non si può però parlare di una attribuzione pro pria dei consiglieri comunali la facoltà di chiedere la convocazione del Consiglio Comunale in quanto nella fatti specie trattasi di una attribuzione ripartita dalla legislazione fra più soggetti.
Essendo stata ampiamente collaudata dai regolamenti comunali la funzione dei capigruppo consiliari, con la legge 142 vengono istituzionalizzati a livello normativo i capigruppo consiliari la cui esistenza nell’ordinamento prece- regolamenti consiliari. Viene così riconosciuta dalla legislazione la prassi dei consiglieri di riunirsi in gruppi per esprimersi sugli indirizzi e sui singoli argomenti proposti alla attenzione del Consiglio Comunale.
Il legislatore attribuisce ai capi gruppo la funzione di consulenti del Sindaco nella sua attività surrogatoria del consiglio comunale nella nomina dei rap presentanti del Comune e di destina tali, per una partecipazione dei consiglieri all’attività gestoria del Comune, delle comunicazioni relative all’intervenuta pubblicazione delle delibera zioni giuntali per l’esercizio dell’eventuale richiesta di loro controllo preventivo di legittimità, di cui si è già fatto cenno. Nulla dicendo la legge sui criteri di individuazione dei capi gruppo, la relativa disciplina deve ritenersi demandata alla potestà normativa comunale.
Altre attribuzioni ai consiglieri considerati singolarmente ^vengono recepite – dalla legge 142 facendo proprie normative preesistenti, quale la possibilità che il Sindaco attribuisca ad un consigliere comunale la delega per l’esercizio di alcune sue funzioni di Ufficiale di Governo nei quartieri e nelle fra zioni, qualora non siano costituiti gli organi di decentramento comunale: rispetto il precedente ordinamento il legislatore ha rivalutato la figura del consigliere comunale non prevedendo più la possibilità di conferire tale de lega in alternativa anche a semplici cittadini della frazione eleggibili a consigliere comunale, anche se questa restava una scelta residuale.
Un ampliamento delle competenze dei singoli consiglieri si rinviene in mate ria di loro iniziative relative agli argo menti da trattare in seno al consiglio comunale. Il sesto comma dell’art. 31 della 142 attribuisce ai consiglieri sia il diritto di iniziativa su ogni questione di competenza del consiglio comunale che il diritto di presentare interroga zioni e mozioni. Nel precedente ordinamento il diritto di iniziativa dei consiglieri era già consolidato, ma con la 142 è stato istituzionalizzato il di ritto di presentare interrogazioni e mozioni elevando a previsione di norma formale quella che era ormai una prassi consolidata dai regolamenti comunali.
Nel contesto del principio della trasparenza della pubblica amministra zione la 142 attribuisce ai consiglieri la facoltà di ottenere dagli uffici, non ché dalle aziende ed enti dipendenti dal Comune, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato; la norma praticamente fa proprio il paradigma normativo dell’art. 24 della legge 27 dicembre 1985 n. 816, meglio conosciuta come lo “Statuto degli Amministratori”, ma innova lo stesso prescrivendo che anche i consiglieri sono tenuti al segreto d’ufficio nei casi specificatamente determinati dalla legge.
Sempre sulla scorta del principio della trasparenza della pubblica amministrazione già insito nella 816/85 e ampliato dalle leggi n. 142/90 e 241/90, la legge 81 al primo comma dell’art. 9 attribuisce ai consiglieri comunali la facoltà di presentare al Sindaco o agli Assessori da lui delegati interrogazioni e ogni altra istanza di sindacato ispettivo, riconoscendo ad essi una potestà di intervento e di dialogo for male con gli amministratori anche al di fuori della sede consigliare, che non era riconosciuto dalla legislazione precedente: la regola comportamentale del Sindaco di dare una risposta alle istanze dei consiglieri è ora assurta a paradigma normativo anche con la esplicita/ione di un termine entro il quale si deve dare una risposta all’interpellante. Le modalità di presenta zione delle istanze e di formulazione delle relative risposte vengono de mandate alle fonti di normazione secondaria comunale che dovranno es sere aggiornate entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
Nel concludere questa dissertazione evidenzio un’attribuzione dei consiglieri comunali e provinciali che non è indicata da nessuna legge: è l’attribuzione di rappresentare la comunità e di esercitare le proprie funzioni sen za vincolo di mandato in analogia a quanto prevede la Costituzione per i parlamentari. Infatti compitò dei consiglieri è tenere conto dell’insieme degli interessi della comunità: il col legamento del consigliere con la comunità si rinviene nei voti personali di preferenza ottenuti che sono rivolti all’individuo e non alla lista in cui si è candidato.
L’Amministratore locale – Anno 5° – n° 2 Marzo 1993 – pag 5