Gli agenti contabili negli enti locali.

1. L’individuazione degli agenti contabili;
2. Il conto amministrativo;
3. Il giudizio di conto;
4. La resa del conto del tesoriere;
5. Gli altri agenti contabili tenuti alla resa del conto;
6. La responsabilità contabile.

L’individuazione degli agenti contabili
In concomitanza alla presentazione dei rendiconti è resa opportuna una rivisitazione dei contenuti e delle implicazioni dell’alt.58 della legge 8 giugno 1990 n. 142 sul nuovo ordinamento degli enti locali che al secondo comma ha imposto al tesoriere e ad ogni altro agente contabile che abbia maneggio di denaro pubblico o sia incaricato della gestione degli enti locali, nonché a coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, di rendere il conto della loro gestione. Questa norma ha previsto inoltre che questi contabili sono soggetti alla giurisdizione del giudice contabile secondo le norme e le procedure previste dalla vigente legislazione.Una riflessione su questo argomento si rende necessaria in quanto precedentemente all’emanazione della legge 142 nell’ordinamento comunale solo al tesoriere incombeva l’onere della presentazione del conto alla Corte dei Conti, mentre gli altri agenti contabili erano tenuti a presentare il conto della loro gestione solo all’amministrazione di appartenenza. Ora gli articoli 6 e 75 del decreto legislativo 25 febbraio 1995 n. 77, sul nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, disciplinano più compiutamente le modalità di presentazione da parte degli agenti contabili del conto della loro gestione.Gli aspetti innovativi del decreto legislativo 77 non sono solo quelli ora richiamati ma tanti altri che per l’economia di questa trattazione non è opportuno sviluppare in maniera più dettagliata: questo decreto infatti non rappresenta solo un cambiamento di norme, ma costituisce un cambiamento di sostanza nel considerare la contabilità degli enti locali. Si fa presente solamente che per dare concretezza alla riforma finanziaria e contabile prevista dal nuovo ordinamento è necessario che all’interno degli enti locali si sviluppi una cultura economico-gestionale che in molti enti è stata la grande assente e non ci si limiti a formulare norme regolamentari, talvolta commissionate a studi esterni, ma si dia vita a comportamenti più attinenti ad una gestione condotta in termini di efficacia, efficienza ed economicità.L’articolo 58 della 142 essendo inserito in una legge di principi non si sofferma ad individuare quali siano gli agenti contabili: l’individuazione di questi soggetti nel contesto degli enti locali è lasciata alla normativa dei singoli enti che al riguardo si possono avvalere di quanto dispone l’articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923 n 2440 che prevede nuove disposizioni sulla amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello stato e gli articoli 178 e 610 del conseguente regolamento approvato con regio decreto 23 maggio 1924 n 827. Vengono accomunati nella qualifica di agente contabile gli incaricati della riscossione delle entrate e dell’esecuzione dei pagamenti delle spese, coloro che ricevono somme dovute all’ente locale o hanno maneggio qualsiasi di denaro nonché i consegnatari dei beni mobili e immobili. Assumono la qualifica di agenti contabili anche coloro che si ingeriscono negli incarichi di questi agenti pur non avendone titolo: il legislatore nella materia contabile riconosce ai contabili di fatto la medesima responsabilità di quella spettante ai contabili regolarmente incaricati. Spetta quindi ai regolamenti di contabilità, alla luce delle peculiarità che condraddistinguono ciascun ente locale, individuare i soggetti che hanno maneggio dei beni pubblici. I regolamenti possono individuare acconto agli agenti contabili principali anche dei subagenti, o agenti secondari, che sono incaricati di gestire contabilità minori o dei collaboratori che sono incaricati della esecuzione di attività di carattere strumentale per conto dell’agente.Gli agenti contabili esercitano le loro funzioni sotto la vigilanza dell’amministrazione dalla quale dipendono e sono tenuti a rendere a periodi prefissati alle amministrazioni in nome della quale agiscono il conto della loro gestione Essi esercitano le loro funzioni dal giorno in cui ha inizio la gestione secondo le direttive che ricevono dai responsabili dell’ente: gli agenti possono riscuotere o pagare somme oppure ricevere o consegnare beni di valore o materia se non in conformità delle leggi e dei regolamenti dell’ente.

Il conto amministrativo.
Prima di trattare più compiutamente i vari aspetti dell’attività degli agenti contabili si rende opportuno fare la distinzione fra rendiconto generale, che è il rendiconto dell’amministrazione cui fa riferimento l’art. 55 della legge 8 giugno 1990 n. 142, e rendiconto (o rendiconti) speciale. Il rendiconto speciale, o conto amministrativo, si individua nel rendiconto delle attività contabili espletate da ciascun agente contabile che rende annualmente all’Amministrazione per conto e in nome della quale ha agito. Questi conti sono detti conti amministrativi perché vengono presentati dagli agenti all’amministrazione e sono sottoposti ad un controllo di carattere amministrativo: questi conti forniscono all’amministrazione gli elementi necessari per la stesura delle scritture consuntive settoriali sulla base delle quali viene compilato il rendiconto generale. Tramite la presentazione di questi conti sull’attività svolta nel corso dell’anno finanziario dagli agenti, l’amministrazione è in grado di esercitare un controllo sul loro operato. Questo controllo però è di mero carattere amministrativo in quanto competente a dichiarare regolare la gestione del conto è la Corte dei Conti, a cui l’art. 103 della costituzione attribuisce la giuridizione in materia di contabilità pubblica: il conto degli agenti contabili va quindi successivamente presentato anche a detta Corte e viene quindi definito conto giudiziale perché va sottoposto ad una procedura giurisdizionale.Normalmente un medesimo agente contabile è tenuto alla presentazione sia del conto amministrativo che del conto giudiziale ma vi sono dei conti amministrativi che si esauriscono all’interno dell’amministrazione e che non vanno successivamente presentati alla Corte dei Conti: trattasi di contabilità molto vincolate nella loro gestione. Tipico esempio di queste contabilità all’interno degli enti locali è la riscossione dei diritti di segreteria. Altro esempio di conto amministrativo è quello del funzionario delegato che riceve un’apertura di credito presso la tesoreria e che per attingere a questa disponibilità di denaro emette buoni di spesa, senza avere il maneggio del denaro. All’obbligo della presentazione del conto amministrativo è tenuto anche il funzionario di fatto, che abbia assunto volontariamente una gestione di affari contabili di un ente pubblico.Un altro tipo di conto amministrativo è quello disposto dall’articolo 112 del decreto legislativo 77 che prevede che per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche si deve presentare il rendiconto all’amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell’esercizio finanziario; nel caso che il contributo riguardi un intervento da realizzarsi in più esercizi finanziari, l’ente è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio. La fissazione del termine per la presentazione del rendiconto è prevista per permettere all’amministrazione erogante di predisporre il suo rendiconto di esercizio. A carico dell’ente che non rispetti questo termine è comminato il gravame di restituzione del contributo straordinario assegnato: quest’obbligo è stato previsto sia per garantire i agli enti eroganti una pronta rendicontazione delle risorse attribuite ad altri enti, che per evitare che questi ultimi ritardino di utilizzare le somme loro assegnate. La norma dispone che il rendiconto, oltre a dimostrare contabilmente la spesa, sulla scia dei principi fissati dal combinato disposto dagli articoli 55 settimo comma e 57 sesto comma della legge n. 142/1990, documenti i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell’intervento.Nell’ordinamento comunale tipico esempio di tale rendiconto sono i rendiconti che vengono presentati alla Regione per le spese che il Comune ha effettuato su sua delega o sulla base di apposito trasferimento. Il nuovo ordinamento contabile al riguardo ha precisato che le norme disposte dalle Regioni su funzioni delegate svolte dagli Enti Locali vengono recepite nei rispettivi ordinamenti per consentire la possibilità di controllo da parte della Regione sulla destinazione dei fondi assegnati.

Il giudizio di conto
La legge 142 all’art. 58 secondo comma prescrive che devono rendere il conto alla Corte dei Conti secondo le norme e le procedure vigenti nella contabilità di stato il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di denaro pubblico o che si sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti. Con le espressioni usate dal legislatore si da corso all’atomizzazione del giudizio di conto, che nell’ordinamento precedente era unico (si è già detto che solo il conto del tesoriere era sottoposto a questo giudizio).Sulla separazione del procedimento tra conto consuntivo dell’ente e conto dei suoi agenti contabili si è espressa la sezione enti locali della Corte dei Conti con la deliberazione n. 5 del 25 giugno 1993 avendo rilevato che nel passato l’economo e il consegnatario di beni, pur essendo assoggettati alle regole della giuridizione contabile, non presentavano il loro conto alla Corte ma soltanto all’amministrazione di appartenenza. Questa deliberazione, aveva però suscitato delle perplessità fra gli adetti ai lavori in quanto nulla diceva sulle modalità di parifica del conto e sui tempi di presentazione del conto degli agenti contabili alia Corte, perplessità che comunque erano state in parte già chiarite dalla deliberazione n. 6 del 12 luglio 1992: questa deliberazione acclarando la vigenza nell’ordinamento giuridico dello art. 310 del testo unico del 1934 prevedeva che con la deliberazione di approvazione del rendiconto si potevano eccepire delle responsabilità a carico degli agenti contabili;di conseguenza il conto degli agenti doveva essere trasmesso alla Corte dei Conti successivamente all’approvazione del rendiconto dell’ente. Con l’approvazione del rendiconto si possono apportare delle variazioni al discarico dell’agente, che al riguardo va notiziato con notifica che deve contenere l’invito a prendere cognizione entro trenta giorni nella segreteria dell’ente della deliberazione presa sul conto e degli altri documenti che vi si riferiscono. Sul termine di presentazione del conto degli agenti contabili alla segreteria della sezione della Corte, era già intervenuto l’art. 3 della legge 8 ottobre 1984 n. 658 (istituiva alla sezione giurisdizionale per la Sardegna e delle sezioni riunite dalla Corte dei Conti) prevedendo che i conti vengano trasmessi alla sezione giurisdizionale della Corte entro 60 giorni dalla data dell’avvenuta fase di verifica o controllo amministrativo previsti dalla vigente normativa. Per analogia questa norma valeva anche per la presentazione dei conti alle sezioni romane della Corte ed ora è stata estesa alle sezioni regionali dal terzo comma dell’art. 1 legge 14 gennaio 1993 n. 14 che converte con modificazioni il decreto legge 15 novembre 1993 n. 453. Il nuovo ordinamento finanziario e contabile chiarisce ogni dubbio al riguardo disponendo che il conto del tesoriere e quello degli altri agenti contabili vengono trasmessi alla sezione giuridizionale della Corte dei Conti entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto.

^ Nella terminologia utilizzata dalla Corte dei Conti per conto giudiziale si intende il conto degli agenti contabili che va sottoposto al giudizio della stessa magistratura a cui è attribuito ai sensi dell’alt. 44 e seguenti del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214, il potere di dichiarare il discarico degli agenti da quanto avuto in consegna.

Il paradigma normativo della 142 che prevede il controllo giuridizionale della Corte dei Conti sui conti degli agenti contabili implicava il completamento del decentramento della giuridizione contabile, decentramento che risponde alle esigenze di rapidità e di certezza nell’accertamento della regolarità della gestione, di cui sono sintomatiche espressioni l’abbreviazione del termine prescrizionale dell’azione di responsabilità e la non estensione della azione di risarcimento nei confronti degli eredi (ultimo comma dell’art. 58 della legge 142). Il decentramento giuridizionale infatti può consentire l’accertamento tempestivo ed efficace dei fatti irregolari della gestione degli enti locali, rendendo più vicino il giudice contabile alla realtà locale e rendendo più limitato il numero dei conti degli agenti contabili da esaminare per singola sezione giuridizionale, con una maggiore potenzialità di approfondimento nell’esame dei fatti gestionali.

Un inizio di decentramento della giurisdizione contabile ha avuto corso con la legge n. 658 del giorno 8 ottobre 1984 limitatamente alla Sardegna. Un altro passo verso il decentramento della giuridizione contabile si è avuto con l’articolo 16 del decreto legge 13 maggio 1991 n 152, convertito nella legge 12 luglio 1991 n. 203,, che ha istituito le sezioni della Corte dei Conti per la materia contabile presso la Calabria, la Campania e la Puglia. Nel contesto della volontà legislativa di rafforzare le forme di esercizio del sistema delle garanzie, nella citata legge n. 203 è stato previsto il potere della Corte dei Conti di disporre ispezioni e accertamenti diretti, anche a mezzo della Guardia di Finanza, presso le pubbliche amministrazioni nonché presso i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie. Il passo conclusivo del decentramento della giuridizione contabile si è avuto con il decreto legge n. 453 del 1992, reiterato più volte prima di essere convcrtito nella legge n 19 del 1994.

Con questa legge sono state istituite sezioni decentrate della Corte dei Conti in tutte le regioni; la titolarità dell’azione di responsabilità è attribuita ad un Procuratore Regionale, il quale agisce nell’ambito territoriale di competenza con poteri propri ed autonomi. Al Procuratore Generale è demandato il compito di coordinare l’attività dei procuratori regionali, i quali a loro volta coordinano l’attività dei magistrati assegnati al loro ufficio. Gli adempimenti istruttori della Corte possono essere delegati a funzionali delle pubbliche amministrazioni e la Corte ora si può anche awalere dell’opera dei consulenti tecnici come consentito al pubblico ministero dal codice di procedura civile. Con specifico riferimento alla materia del giudizio di conto nella legge n. 20 del 1994, che ha avuto un cammino di approvazione parlamentare parallelo alla legge n. 19/1994, è stato previsto all’articolo 2 che l’esame del conto deve essere espletato entro cinque anni dal suo deposito presso la segreteria della sezione competente: l’art. 2 ha previsto che decorsi cinque anni dalla consegna del conto senza che sia stata depositata la relazione del magistrato relatore o siano state elevate contestazioni a carico dell’agente contabile da parte dell’amministrazione, degli organi di controllo o dal procuratore regionale o da quello generale della Corte dei Conti, il giudizio sul conto si estingue. In conseguenza dell’estinzione del giudizio il conto stesso e la relativa documentazione vengono restituiti alla competente amministrazione. L’estinzione del giudizio di conto è la conseguenza della mancata attività del giudice, ma l’esplicitazione dell’estinzione evidenzia che con il trascorrere di un certo lasso di tempo viene meno l’interesse pubblico alla definizione del giudizio. L’abbreviazione dei termini consentiti per l’esame dei conti degli agenti contabili da parte delle competenti sezioni giuridizionali della Corte dei Conti è in linea con l’esigenza di snellezza e di celerità negli accertamenti di regolarità della gestione contabile ed è in diretta connessione con la prevista abbreviazione dei termini prescrizionali dell’azione di responsabilità, nonché dribla la critica che la giustizia che arriva in ritardo è una non giustizia.

Il nuovo sistema decentrato di giuridizione contabile risponde alla fondamentale esigenza di garantire la correttezza della gestione dei mezzi pubblici in tutte le sue articolazioni territoriali, in tempi necessariamente brevi e con mezzi istruttori potenzialmente efficaci e validi. Proritario e preliminare ad un efficace azione di accertamento capillare potrebbe essere l’approntamento di un censimento su base territoriale di tutti i soggetti che abbiano gestione o maneggio di denaro o di beni di pertinenza pubblica; ciò potrebbe contribuire a rivitalizzare e rendere di maggiore significatività un giudizio che nel corso degli anni è stato molto trascurato e boicottato. Gli agenti contabili devono rendere il conto della loro gestione ogni anno, indipendentemente dal risultato conseguito: scopo del giudizio di conto è l’accertamento della regolarità della gestione dell’agente contabile. Qualora l’agente non abbia reso il conto, l’amministrazione deve stimolare la Corte ad attivare il giudizio per resa del conto: la mancata segnalazione del ritardo nella resa del conto è fonte di responsabilità per l’ente. Ove durante lo stesso esercizio più titolari si siano succeduti in una gestione, ciascuno di essi rende separatamente il conto per il periodo in cui ha curato la gestione. Inoltre in caso di irregolarità accertate a carico dell’agente nel corso della gestione viene compilato un conto parziale, denominato deconto nella terminologia usata dalla Corte dei Conti perché viene reso anteriormente alla normale scadenza. Per conti complementari si intendono invece i conti predisposti dall’amministrazione al fine di ovviare ad omissioni od errori in cui si sia incorsi nella compilazione del conto. Si definiscono infine conti speciali i conti di quegli agenti per cui non sussiste in via normale l’obbligo della resa periodica del conto. La normativa precedente al decreto legislativo 77, come già precisato, non esplicitava alcun termine per la resa del conto degli agenti contabili e non prevedeva neppure la parifica del medesimo conto da parte dell’amministrazione: si ritiene che al riguardo i regolamenti di contabilità degli enti avessero dovuto recepire le norme previste in materia dalla contabilità di Stato sia per la resa del conto alla amministrazione che per la presentazione del conto alla Corte, che è un onere dell’amministrazione dopo averne effettuato la parifica. Tuttavia una indicazione precisa sulla presentazione dei conti dei tesorieri e degli altri agenti contabili alla sezione giurisdizionale era già stata formulata dall’articolo 3 della legge istitutiva della sezione della Corte nella regione Sardegna: la norma suddetta esplicita che detti conti vanno trasmessi alla Segreteria della sezione giurisdizionale entro sessanta giorni dal perfezionamento del relativo controllo amministrativo. La competenza dell’adozione della parifica, in questo contesto, deve essere attribuita alla giunta municipale essendo la stessa un provvedimento endoprocedimentale per l’approvazione del conto consuntivo. Nei giudizi di conto non è neccessario che esista un debito o un credito in ordine al quale le parti eccepiscono le proprie ragioni ed invochino la protezione dell’organo giurisdizionale: le gestioni contabili sono soggette all’esame del magistrato speciale a periodi fissi e con rito contenzioso, onde consentire una più idonea garanzia di regolarità e di certezza sia agli enti pubblici che agli agenti degli stessi. Nei giudizi sui conti quindi non esiste una vera e propria controversia, ma questa è semplicemente supposta per “finctio juris”. Perciò l’esercizio della giurisdizione sui conti è necessario ed il relativo procedimento prescinde dalle deduzioni ed ammissioni delle parti, assumendo esclusivo rilievo gli atti e i documenti prescritti dalla legge ed attribuendosi al giudice un eccezionale potere di iniziativa in ordine alla ricerca delle prove. A tal fine la corte deve acquisire anche le determinazioni prese dall’ente sui fatti gestori che sono stati monetizzati dagli agenti contabili. La trasmissione del conto alla sezione regionale della Corte dei conti competente per territorio deve essere curata dal rappresentante legale dell’ente locale, in quanto l’amministrazione è tenuta a parificare la contabilità dell’agente con le proprie strutture contabili. Il conto dell’agente contabile, una volta parificato ed approvato, va trasmesso alla Corte assieme alle eventuali osservazioni dell’amministrazione. L’agente contabile viene costituito in giudizio automaticamente all’atto della presentazione del conto presso la segreteria della Corte. L’esame del conto viene assegnato ad un referendario il quale ultimata l’istruttoria con una relazione può proporre al Procuratore la discarica: il Procuratore, che nei giudizi della Corte funge da pubblico ministero, vista il conto e il presidente lo approva con decreto dandone contestuale comunicazione all’amministrazione. Il visto del procuratore non è un atto di conferma dell’operato del relatore: il suo aspetto teleologico discende dalle funzioni che riveste il Procuratore nella Corte, infatti essendo egli il titolare dell’ufficio attraversò cui transitano le denunce di danno erariale è il soggetto che è a conoscenza di eventuali anomalie nella gestione di un ente e può quindi negare con cognizione di causa il visto e disporre una indagine più approfondita sul conto presentato da un agente contabile di questo ente. Il giudizio di conto consiste nell’accertare attraverso l’esame dei movimenti quantitativi e giuridici del carico (entrate) e del discarico (uscite) la differenza aritmetica fra le due espressioni predette, differenza che fornisce il risultato della gestione dopo che siano state vagliate tutte le voci del conto e tutti gli elementi giuridicamente influenti ai fini dell’accertamento della regolarità del carico e dello scarico. Venendo instaurato il giudizio, può essere o riconosciuta l’esattezza del conto e allora viene pronunciata la discarica dell’agente, o viene riconosciuta la fondatezza dell’addebito. Qualora il Procuratore proponga la condanna del contabile, il conto viene iscritto a ruolo per l’udienza. Se nel corso dell’esame del conto risulta che l’agente non abbia dato il discarico completo della sua gestione, viene attivato nei suoi confronti il giudizio di responsabilità contabile. II giudizio di conto attivato dalla Corte è un procedimento separato dall’eventuale giudizio di responsabilità amministrativa o contabile eccepito a carico dell’agente contabile per responsabilità rilevate nel corso dell’esame del conto: il giudizio di responsabilità amministrativa e quello di responsabilità contabile hanno la funzione recuperatoria e sono finalizzati al ristoro del danno causato. Il legislatore proprio per questa separazione dei procedimenti nel prevedere la possibilità dell’estinzione del giudizio di conto ha stabilito che resta comunque ferma l’eventuale responsabilità amministrativa e contabile a carico dell’agente contabile. Il giudizio di conto previsto a carico di tutti gli agenti contabili dalle norme sulla contabilità di stato era stato sollecitato dalla Corte dei Conti nei confronti dei tesorieri dei Comuni già agli inizi degli anni settanta e nei confronti degli altri agenti dopo l’emanazione della legge 142. Tuttavia il mancato decentramento a livello regionale della Corte dei Conti di fatto aveva reso epidermico questo adempimento: ora con il decentramento in sezioni regionali della Corte il giudizio di conto diviene un onere concreto a carico di tutti gli agenti contabili. A seguito di questo decentramento, avverso le sentenze delle sezioni giuridizionali regionali in materia di contabilità pubblica è ammesso l’appello alle sezioni giurisdizionali centrali; l’appello è proponibile entro sessanta giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza per il procuratore regionale competente per territorio e dalla notificazione della sentenza per il convenuto.

La resa del conto del tesoriere.
Il più importante agente contabile del Comune è il tesoriere cui compete il maneggio del denaro dell’ente sulla scorta degli ordinativi di incasso o di pagamento che gli vengono trasmessi. Egli è tenuto a rendere conto sulla gestione del denaro che ha maneggiato per conto dell’ente. Sulla temporizzazione della procedura istruttoria del rendiconto la legge di riordino delle autonomie locali lascia spazio alla potestà normativa attribuita dalla 142 a ciascun ente, che ai sensi dell’articolo 59 ha sostituito il regolamento del 1911 ed il testo unico del 1934. Il decreto legislativo 77/1995 all’art. 67 per uniformare la temporizzazione delle procedure nei diversi enti ha integrato le prescrizioni della legge 142 prevedendo che entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario il tesoriere deve rendere il conto della propria gestione di cassa all’ente locale. Se il tesoriere, benché sollecitato, non rende il conto all’Ente, è necessario stimolare a carico dello inadempiente il giudizio per resa di conto innanzi alla magistratura contabile, oltre ad adottare eventuali altri provvedimenti di natura amministrativa o civile. In caso di inadempimento viene fatto predisporre il conto a spese dell’inadempiente da parte di un commissario nominato dal Presidente del CO.RE.CO. La mancata presentazione del conto può rivestire anche gli estremi di un intervento della magistratura penale per omissione di atti d’ufficio. Non essendo previsto nel regime legislativo passato un modello di conto del tesoriere distinto dal conto dell’ente locale ed essendo necessarie le determinazioni dell’ente per l’esame della gestione contabile, alla Corte dei conti veniva presentato il conto consuntivo nella sua interezza anche se oggetto del sindacato del giudice contabile è il conto del tesoriere. Originariamente il conto consuntivo veniva sottoposto al giudizio del Consiglio di Prefettura, ma a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della giurisdizione amministrativa acclarata dalla Corte Costituzionale con sentenza n 55 del 3 giugno 1966, la competenza ad effettuare il giudizio di conto è stata riconosciuta in capo alla Corte dei Conti. L’esame del conto del tesoriere da parte della Corte nel contesto della legge comunale e provinciale, aveva subito una stortura dovuta all’onnipresenza degli amministratori. La Corte dei Conti nell’intraprendere l’esame dei conti degli enti locali, già vagliati sotto l’aspetto della legittimità, invece di attivare il mero giudizio di conto nei confronti del tesoriere aveva preso in esame i risultati della gestione dell’ente procedendo ad una confusione fra giudizio di conto e controllo sulle modalità di gestione del bilancio. Infatti il giudizio di conto ha per oggetto la sola definizione dei rapporti di credito e debito tra il tesoriere e l’ente, mentre il giudizio nei confronti degli amministratori è puramente eventuale, essendo questo giudizio subordinato all’azione del Procuratore. La gran mole dei conti, concentrati nelle due sezioni giuridizionali della Corte, aveva portato ad una progressiva involuzione del giudizio di conto: ne era risultata la tendenza a focalizzare l’esame del conto come accertamento di taluni fatti sintomatici relativi a comportamenti degli amministratori, accertamenti prelusivi ad un giudizio di responsabilità amministrativa. La Corte di fronte alle difficoltà di attivare riscontri su tutti i movimenti di entrate e di spesa effettuati dal tesoriere, riscontri che precedentemente erano curati dai soppressi Consigli di Prefettura, aveva rivolto la sua attenzione all’accertamento di responsabilità amministrative a scapito delle verifiche sulla gestione degli agenti contabili. Il legislatore del 1990 per ovviare a queste confusioni fra conto del tesoriere e quello dell’amministrazione ha precisato all’art 58 della legge 142 che solo il primo, nonché quelli degli altri agenti contabili, era sottoposto alla giuridizione della Corte dei Conti. Il decreto legislativo 77 per rendere applicabile questo paradigma normativo ha previsto la predisposizione di modelli distinti di conto per gli agenti contabili (conto del tesoriere – art. 67; conto degli agenti contabili interni – art. 75) e per l’amministrazione (conto del bilancio – art. 70; conto economico – art. 71; conto del patrimonio – art. 72). A tal fine viene approvato con decreto presidenziale un apposito modello di conto del tesoriere distinto dal conto del bilancio dell’ente, per distinguere le operazioni di cassa (proprie del tesoriere) dalle determinazioni sugli stanziamenti di bilancio (proprie dell’amministrazione). Il citato decreto 77 ha superato l’impostazione del bilancio di cassa previsto dal D.P.R. 19 giugno 1979 n 421, in quanto l’istituto nella realtà dei fatti si è dimostrato non necessario essendosi verificate più utili le statistiche trimestrali dei flussi di cassa, indipendentemente dagli stanziamenti di cassa. Il conto del tesoriere, una volta reso all’ente, viene sottoposto dagli uffici alla parifica dei suoi dati con le scritture dell’ente e viene attestata la corrispondenza delle due scritture. Il regolamento dell’ente stabilirà quale organo debba attestare la parifica del conto: noi riteniamo che la parifica del conto possa essere effettuata sotto la responsabilità del ragioniere e del segretario dell’ente ed approvata dalla giunta, essendo un adempimento endoprocedimentale per l’approvazione del rendiconto.  Sull’atto di parifica a nostro parere va chiesto il visto dei revisori dell’ente sulla scorta dei compiti ad essi attribuiti di collaborazione con il consiglio nella sua funzione di indirizzo e controllo. Qualora dall’esame del conto reso dal tesoriere vengano evidenziate dall’ente delle discordanze con le proprie scritture, della deliberazione sul conto viene data notizia al tesoriere in quanto porti variazioni nel carico o discarico, notificata per mezzo del messo, con invito a prenderne cognizione entro trenta giorni nella segreteria dell’ente. Il conto del tesoriere, come quello di ogni agente contabile va trasmesso alla Corte dei Conti per il ed. giudizio di conto. Il decreto legislativo 77 all’art. 67 disciplina la procedura di presentazione del conto del tesoriere alla Corte dei Conti prevedendo il suo deposito, assieme agli allegati e ad ogni altro documento richiesto dalla Corte stessa, entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto. La trasmissione del conto alla sezione regionale della Corte dei Conti competente per territorio deve essere curata dal rappresentante dell’ente al quale è reso il conto.

Gli altri agenti contabili tenuti alla resa del conto.
Si è già fatto presente che l’articolo 58 della legge 142, uniformando il sistema di giurisdizione contabile degli enti locali con quello dello Stato, estende la disciplina della resa del conto giudiziale anche ad ogni altro agente contabile diverso dal tesoriere che abbia maneggio di denaro di pertinenza di un ente locale, all’economo ed agli incaricati della gestione dei beni, i quali ora di conseguenza sono tenuti alla resa di un autonomo e distinto conto a denaro o a materia. Sulla scorta degli strumenti normativi predisposti dagli enti locali dovranno essere individuati gli agenti tenuti alla resa del conto e dovranno essere disciplinate le procedure per l’esercizio della vigilanza da parte degli organi e degli uffici sulla gestione effettuata dai singoli agenti. Nell’ordinamento comunale antecedente all’emanazione della legge 142 solo il tesoriere era tenuto a far vagliare il suo conto dalla Corte dei Conti, mentre l’economo ed il consegnatario dei beni, pur essendo assoggettati alle regole della giurisdizione contabile non erano tenuti all’obbligo di presentare il loro conto alla Corte, ma soltanto all’amministrazione di competenze. Per la resa e presentazione del conto degli agenti a denaro e a materia valgono le stesse procedure illustrate per il tesoriere. Limitatamente ai conti a materia si specifica che, in base al regolamento di contabilità generale dello stato ed al testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti, rientrano nel concetto di “materia”, secondo il paradigma normativo dell’art. 44 del testo unico n. 1214 del 1934 che menziona il “debito di materie”, tutti i beni e valori comunque inclusi nella parte attiva del conto patrimoniale; ne vengono esclusi i beni immobili e quelli considerati immobili agli effetti inventariali (biblioteche, musei, ecc). I soggetti tenuti alla resa del conto sono i consegnatari, i magazzinieri e gli altri dipendenti che maneggiano o hanno in consegna beni mobili o di consumo in attesa di una loro successiva destinazione (trattasi di beni non ancora dati in uso e comunque rimasti in carico al consegnatario). Sono quindi esclusi dall’obbligo di rendere il conto coloro che hanno in consegna beni mobili e di consumo per i rispettivi compiti d’Istituto: verso questi beni essi hanno solo un dovere di vigilanza, in quanto non hanno potere di disporre del possesso dei beni. Negli enti che hanno una certa consistenza vengono individuati dei subconsegnatari dei beni che presentano il conto della gestione solo dei beni loro consegnati: questi sottoconti concorrono a formare il conto del consegnatario. Al consegnatario grava l’onere di dare ragione dei movimenti quantitativi delle cose di cui ebbe il carico di gestione. Il conto dell’agente deve comprendere il carico, Io scarico, i resti da esigere, l’introito, l’esito e la rimanenza. Il solo mezzo di giustificazione in caso di eventuali diminuzioni patrimoniali rispetto il carico ricevuto consiste nella presentazione dei documenti predeterminati dalle norme regolatrici del servizio: ove non produca tali documenti il contabile potrà soltanto essere ammesso a provare le circostanze di forza maggiore che gli resero impossibile di corredare il conto con le giustificazioni prescritte. La normativa precedente al decreto legislativo 77 non prescriveva alcun particolare modello per la redazione di questi conti: sulla base del principio che ogni documento è valido finché non c’è motivo di contrastarlo, era sufficiente che il documento presentato alla Corte contenesse gli elementi del carico dei beni ricevuti in consegna, dei movimenti effettuati e della consistenza finale degli stessi (scarico). E’ doveroso evidenziare che con la presentazione dei conti a materia è stato avviato un processo di recupero di significatività e di consapevolezza della gestione patrimoniale degli enti locali, che rientra nel contesto della riscoperta della fondamentale rilevanza della gestione patrimoniale di tutti gli enti pubblici. Nel passato era diffusa l’opinione della scarsa rilevanza della gestione patrimoniale di tutti gli enti pubblici in una ottica che gratificava la gestione finanziaria: tale opinione è stata avallata dalla trascuratezza e dalla superficialità con la quale sono stati tenuti gli inventali in tutti gli enti pubblici. La necessità di tenere aggiornate e complete le scritture inventariali trova la sua ragione, oltre che nel buon andamento della pubblica amministrazione, nel fatto che per il riscontro della parificazione con i dati riportati nei conti a materia il punto di riferimento sono gli inventali.Il conto afferente il servizio dei riscuotitori delle entrate deve dimostrare la regolarità dei versamenti effettuati dall’esattore e dagli altri riscuotitori rispetto le risultanze riepilogative e le quietanze rilasciate ai contribuenti, nonché la conseguente esistenza di eventuali penalità per ritardi di versamento alla tesoreria. La Corte nell’esame del conto verificherà anche l’insieme dei rapporti obbligazionari attivi e passivi conseguenti al rapporto di concessione.L’articolo 75 del decreto legislativo 77 prevede che i conti degli agenti contabili interni saranno redatti secondo il modello approvato con il regolamento previsto dall’art. 112 del decreto. Il regolamento presidenziale contempla modelli di conto separati per gli agenti contabili, per l’economo e per il consegnatario dei beni: i regolamenti di contabilità dei singoli enti potranno adottare degli analoghi modelli per particolari agenti qualora ne riscontrino la necessità. Al conto gli agenti contabili allegheranno il titolo che li legittima alla gestione, la lista dei beni e copia degli inventali da loro tenuti, la documentazione giustificativa della gestione, i verbali di passaggio di gestione, le verifiche e i discarichi amministrativi per le variazioni intervenute.

La responsabilità contabile.
Coloro che hanno maneggio di denaro o di valori e di cose dell’amministrazione sulla base di un rapporto di servizio formalizzato (contabili di diritto) o coloro i quali si ingeriscono senza legale autorizzazione in tale maneggio (contabili di fatto) rispondono davanti alla Corte dei Conti degli eventuali danni che abbiano provocato all’ente. L’obbligo del contabile si inquadra fra le ob^igazioni di restituzione, tipiche del rapporto di deposito, ispirate al principio per cui l’obbligato è liberato dalla restituzione solo se prova la forza maggiore o qualsiasi altro fatto determinante la non imputabilità del danno a suo carico (art. 1780 cod. civ.). Nei confronti degli agenti contabili citati in giudizio per irregolarità della loro gestione vige una presunzione di colpa con inversione dell’onere della prova di non aver recato un danno all’amministrazione, in quanto ai sensi dell’alt. 194 del regolamento di contabilità di Stato, spetta all’agente dimostrare che la responsabilità addebitategli non derivano da suo dolo o da colpa e che egli ha fatto tutto quanto era in suo potere fare allo scopo di evitare il danno del quale è chiamato a rispondere. Tuttavia incombe sempre al Procuratore provare il fatto costitutivo del danno e l’inadempimento del contabile, che viene chiamato a rispondere del danno. La responsabilità contabile si materializza in qualunque irregolarità che provoca un danno, connessa alla riscossione o al pagamento o alla conservazione del denaro o di altri beni della pubblica amministrazione: questa responsabilità è simile alla responsabilità civile nascente dallo inadempimento di una obbligazione, ma si discosta da essa in quanto viene posta in essere come mera conseguenza del comportamento irregolare. Il giudizio di responsabilità contabile viene attivato a peso dell’agente per irregolarità contabili accertate nel corso della gestione o qualora dall’esame del suo conto emergano delle irregolarità: questo giudizio può quindi prescindere da eventuali denunce nei confronti dell’agente. Qualora il procuratore proponga la condanna del contabile, la causa viene iscritta a ruolo per l’udienza. Al giudice è attribuito un eccezionale potere di iniziativa in ordine alla ricerca delle prove e ne consegue che se il contabile, a seguito delle decisioni interlocutorie della Corte, presenta memoria a sua difesa egli decade dalla facoltà di opposizione al giudizio. Le eventuali responsabilità possono essere estese dal collegio, sulla base dei documenti acquisiti, ad altre persone oltre a quelle contemplate nella relazione di instaurazione del giudizio e possono essere anche aggravate oltre i limiti menzionati nella relazione stessa. Nel caso che l’azione od omissione che ha originato il danno sia dovuto al comportamento di più persone non trova applicazione il principio della solidarietà previsto per le obbligazioni civili in quanto l’articolo 82 della legge di contabilità di stato prevede che in tale circostanza ciascuno risponde per la parte che vi ha preso: di conseguenza dovrà essere individuata la parte di responsabilità che va ascritta ad ogni persona; eccezionalmente potranno essere condannate solidarmente più persone coinvolte nello stesso fatto illecito allorché non sia possibile individuare la parte di danno attribuibile a ciascuno di essi. Se viene riconosciuta la fondatezza dell’addebito, viene liquidata la misura del debito e condannato l’agente al pagamento del danno accollatogli. Se l’addebito emesso a carico del contabile è inferiore a cinque milioni di lire, il Presidente della sezione, sentito il Procuratore sull’importo dell’addebito, può determinare la somma da pagare all’erario e l’agente può dichiarare di accettarlo: in tal caso l’udienza viene evitata, previa cancellazione della causa dal ruolo da parte del Presidente che emette ordinanza esecutiva di pagamento (giudizio monitorio). Nell’orientamento attuale della giurisprudenza si è affermato il carattere generale dell’esercizio del potere riduttivo, previsto dall’alt. 83 della legge sulla contabilità di Stato, che attribuisce alla Corte la facoltà di porre a carico dei responsabili solo parte del danno, proporzionando quindi l’entità del risarcimento al grado di colpevolezza: precedentemente la Corte intendeva escluso questo potere riduttivo dell’accollo nei casi di responsabilità contabile date le precise norme che regolano la materia. Tale potere riduttivo può essere esercitato qualora si riconosca che il comportamento improprio commesso dall’agente sia dovuto ad un errore connesso all’applicazione di leggi di dubbia interpretazione. Si menziona infine, l’articolo 1 della legge 20 che in materia di responsabilità contabile ha attenuato il principio della intrasmissibilità della responsabilità agli eredi contemplato dall’alt. 58 della legge 142 prevedendo che la responsabilità si estende agli eredi nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

La voce delle autonomie n. 34 anno 5, sett-ott 1997, ed. Noccioli Firenze, pag 408

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