Un istituto pubblicistico da rivisitare: gli usi civici

Nel contesto del nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali non viene più attribuito un ruolo ancellare allo stato patrimoniale di comuni e provincie. Il decreto legislativo definitivamente approvato dal governo il 23 febbraio 1995 prevede l’aggiornamento degli inventari degli enti locali entro il 31 dicembre 1995: in questo contesto gli enti dovranno porre particolare interesse allo stato di fruizione dei beni immobili non strumentali per l’attività d’istituto, anche in considerazione sia dell’onere della predisposizione del conto patrimoniale che della successiva sua presentazione alla Corte dei Conti.

La nostra attenzione si rivolge ad una categoria di beni immobili di proprietà pubblica che sono oggetto di diritti di godimento collettivi. Fra i beni soggetti a diritti collettivi si distinguono quelli che rientrano nel patrimonio disponibile da quelli che appartengono invece al demanio. I beni appartenenti alla prima categoria sono alienabili a qualsiasi titolo, anche prima dell’affrancazione dell’eventuale canone livellario data la natura essenzialmente privatistica di quest’ultimo: in questo caso l’alienazione non riguarderà la piena proprietà, ma la nuda proprietà pesandovi questo gravame, che il cessionario potrà comunque affrancare in ogni tempo (il livello è il contratto di godimento duraturo di un terreno agricolo con l’obbligo di pagare periodicamente un canone fisso). Per i beni appartenenti al demanio e soggetti ad un uso collettivo, vige il regime giuridico degli usi civici. L’uso civico si può identificare come la servitù di utilizzo di un bene a favore della comunità indistinta dei cittadini residenti nella località ove è ubicato il bene.

Titolari di questi diritti di uso civico sono le famiglie che vivono nell’ambito territoriale in ragione delle quali risulta destinato l’uso del bene. Questi diritti attribuiscono ai frazionisti la facoltà di effettuare su questi terreni il pascolo, la semina, la caccia, la raccolta della legna, la raccolta dei prodotti del sottobosco ecc..-

L’istituto degli usi civici trova la sua origine nella organizzazione feudale e di conseguenza ha avuto una regolamentazione a livello locale sedimentatasi nei tempi che non trova una univoca applicazione. La loro origine storica risale infatti ai tempi in cui i feudatari concedevano l’utilizzo dei terreni di loro sovranità ai vassalli per soddisfare le necessità primarie della loro comunità. Cessata l’era feudale i Comuni subentrarono in questi diritti dei feudatari e si costituirono dei demani comunali il cui godimento fu riservato agli abitanti del Comune, che spettando ad essi quali cittadini del Comune vennero denominati “usi civici”. La dizione “usi” utilizzata per qualificare questo istituto, che è stato specificato dall’aggettivazione “civici” (sul cui significato teleologico ci si è soffermati prima), è stata utilizzata dal nostro legislatore in quanto le disposizioni sulla legge in generale, che precedono il Codice Civile, comprendono fra le fonti di cognizione del diritto anche gli usi: infatti il legislatore ha elevato alla valenza di norma giuridica positiva un comportamento che si ripeteva costantemente nel tempo (le modalità di uso di un bene pubblico) ed a cui veniva riconosciuta validità della generalità dei cittadini. Il godimento sia collettivo che singolo di questi terreni, come detto, ebbe diversa regolamentazione da posto a posto avendo però una matrice comune nella distinzione fra usi di carattere essenziale, ovvero necessari alla vita della famiglia (raccolta di legna, pascolo, semina, pesca, ecc.), e usi con carattere di “industrie” (utilizzo dei boschi, di derivazioni d’acqua, ecc.).

L’uso civico, essendo un diritto a favore della comunità indistinta dei cittadini, ha un carattere demaniale per cui ad esso si applica il relativo regime di inalienabilità, inusucapibilità e imprescrittibilità: conseguentemente negli atti di disposizione degli usi civici gli istituti di diritto civile vengono presi in considerazione solo per analogia. Da questa caratteristica ne discende che se un atto ha per oggetto un bene soggetto ad uso civico, esso produce i suoi effetti a meno che non venga impugnato se le modalità di cessione o l’uso cui viene adibito sia contrario alla normativa sulla liquidazione degli usi civici. Inoltre la presenza di usi civici su un terreno oggetto di espropriazione ha una valenza tale da incidere negativamente sul procedimento di espropriazione. Anche se il possesso di questi beni non può costituire titolo per acquisire la proprietà, nei rapporti tra privati è concessa ugualmente l’azione di spoglio e di manutenzione rispetto i beni comunali soggetti al regime degli usi civici assegnati in uso ai privati.

L’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza riteneva carenti di potere ablatorio rispetto ai beni di “demanio civico” gli atti di espropriazione: in altri termini, si attribuiva maggiore rilevanza al godimento collettivo agro-silvo-pastorale rispetto alla pubblica utilità di altra natura e conseguentemente si subordinava il potere di esproprio ad un atto formale di sclassificazione. L’articolo 12 della legge 31 gennaio 1994 N° 97, che detta nuove disposizioni per le zone montane, ora affievolisce questa priorità prevedendo che nei comuni montani i decreti di espropriazione per opere pubbliche o di pubblica utilità determinano la cessazione degli usi civici, eventualmente gravanti sui beni oggetto di esproprio, trasferendo i diritti civici sull’indennità di esproprio e sostituendo il provvedimento commissariale di sclassificazione con l’autorizzazione ministeriale.

Dopo il completamento dell’unificazione della nazione con il Regio Decreto Legge 22 maggio 1924, n. 751 venne proposto il riordino degli usi civici che trovò una composizione organica con la legge di conversione 16 giugno 1927, n. 1766 e il successivo regolamento di attuazione approvato con Regio Decreto 26 febbraio 1928, n. 332. Lo scopo primario della legge sul riordino era quello di accertare e liquidare gli usi civici cedendo i relativi terreni agli aventi diritto e trasferendo i beni indivisibili nel patrimonio dei Comuni. I ricavati delle vendite devono essere riutilizzati nell’esecuzione di opere di interesse generale per la comunità a cui appartengo.

In esecuzione della legge 1766 vennero attivate le Commissioni regionali per la liquidazione degli usi civici, le quali hanno il compito di promuovere l’accertamento dei beni soggetti ad uso civico esistenti in ciascun Comune nonché potestà giurisdizionale in materia. I commissari che sovrintendono alle operazioni di accertamento e liquidazione degli usi civici vengono scelti fra i magistrati di grado non inferiore a quello di consigliere di Corte d’Appello. Per lo svolgimento di queste operazioni viene incaricato un perito il quale ha il compito di procedere alla rilevazione dei beni in questione, alle loro valutazione ed all’individuazione degli occupanti, anche con prove testimoniali, per proporre a loro favore la legittimazione che consiste nell’affidamento in concessione perpetua di un terreno appartenente alla comunità dietro la corresponsione di un canone ma con l’obbligo di apportarvi delle migliorie. I terreni dati in concessione enfiteutica potranno successivamente essere affrancati dal diritto di uso civico dietro pagamento del canone capitalizzato e previa dimostrazione di avere effettuato delle migliorie al terreno. La cognizione dei reclami contro le decisioni dei commissari sulle questioni concernenti l’esistenza, la natura e la rivendicazione del possesso dei terreni soggetti al peso degli usi civici è attribuita alla Corte d’Appello.

La competenza all’ emanazione dei provvedimenti di disposizione dei terreni soggetti ad usi civici, su conforme parere del Commissario regionale, viene demandata dalla legge 1766 agli uffici del Ministero dell’ Agricoltura e delle Foreste .

Per una maggior autonomia della gestione degli usi civici da parte dei diretti interessati la legge 17 aprile 1957, n. 278 ha previsto che all’Amministrazione separata dei beni di proprietà collettiva degli abitanti nel territorio frazionale provvede un comitato di cinque membri eletto, nel proprio seno, dai cittadini residenti nella frazione. Questa legge ha innovato le disposizioni del testo unico sulla legge comunale e provinciale che all’art. 84 terzo comma disponeva che l’amministrazione dei beni di riconosciuta proprietà collettiva poteva essere affidata dal Prefetto ad un commissario scelto di regola fra i frazionisti.

L’art. 66 del D.P.R. n. 616/77 ha trasferito dal Ministero dell’Agricoltura alle Regioni a Statuto ordinario la competenza al rilascio di queste autorizzazioni, mentre resta in capo al Commissariato per la liquidazione la vigilanza sull’utilizzo dei beni e sul ricavato dalla loro vendita. Il trasferimento delle competenze alla nostra regione è avvenuto con la legge costituzionale 31 gennaio 1963 n° 1 che approva lo Statuto speciale della regione ed è disciplinato dal DPR 26 agosto 1965 n° 1116 che prevede le norme di attuazione dello statuto speciale. Inizialmente i compiti amministrativi in materia di usi civici furono affidati all’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, in conformità alla normativa Statale che aveva attribuito tale espletamento al Ministero dell’agricoltura e delle foreste(art. 7 legge regionale 31 agosto 1964 n° 1). Con la legge regionale 18 agosto 1990 n° 34 è stato istituito presso la Direzione Regionale delle Autonomie Locali il Servizio degli usi civici con il compito di curare l’istruttoria di tutti gli atti da sottoporre alla Giunta Regionale ed al suo Presidente su proposta e parere del Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici. A questo servizio inoltre compete curare gli adempimenti necessari per l’istruttoria di ricorsi prodotti a fronte di atti non definitivi del Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici, attuare ogni iniziativa utile per il collegamento con gli Enti Locali nelle materie di sua competenza nonchè provvedere ad ogni altro adempimento di competenza regionale in questa materia.

E’ doveroso tener presente che alle regioni in materia di usi civici è stata attribuita competenza legislativa per rimediare alla artificiosa unitarietà di disciplina giuridica della legge 1766 sul riordino degli usi civici in una materia che ha avuto origini e svolgimenti localmente differenti, perchè sia così data la dovuta rilevanza giuridica a tenaci consuetudini e tradizioni riconducibili ad usi civici antichissimi di origine romana e germanica.

Alcune procedure di liquidazione però per difficoltà di concordare tutte le concessioni non hanno avuto regolare conclusione e così si è verificato che singoli terreni continuano ad essere utilizzati “uti dominus” da cittadini senza averne il titolo.

Al riguardo si riferisce una particolare situazione che si è verificata nella località di Jamiano, frazione al Comune di Doberdò del Lago: a seguito dell’istruttoria di ricognizione degli usi civici veniva depositato dal perito all’Ufficio del Catasto Fondiario il relativo piano di frazionamento in cui erano evidenziati i singoli appezzamenti “usurpati” con indicato il nominativo degli occupanti la terra senza titolo; l’ufficio del catasto diede corso al piano di frazionamento ed i fogli di possesso dei beni usurpati vennero intestati in ragione dei rispettivi occupatori. Gli occupanti si opposero all’istruttoria peritale per cui il Commissario agli usi civici non omologò la proposta di ripartizione dei beni e di conseguenza non fu possibile l’emanazione del provvedimento regionale che autorizzasse le assegnazioni ai frazionisti. All’Ufficio Tavolare, che nei territori già appartenuti all’Austria-Ungheria svolge le funzioni della Conservatoria Immobiliare, la proprietà rimase intestata alla Comunità di Jamiano in quanto il piano di ricognizione non costituisce titolo per il trasferimento della proprietà, essendo detto piano un adempimento endoprocedimentale della ripartizione delle unità fondiarie fra gli aventi diritto.

La regolarizzazione di queste occupazioni si può effettuare anche con un contratto di compravendita fra Comune ed occupatore, previo nulla osta del commissariato alla liberalizzazione del terreno dalla servitù di uso civico e successiva autorizzazione regionale vendita; questa autorizzazione però vincola il Comune a destinare il ricavato della vendita per opere di interesse generale della frazione nel cui favore sussiste l’uso civico.

Il legislatore si è premurato in più circostanze di salvaguardare le aree interessate ad uso civico da un loro scriteriato utilizzo. Si ricordi in particolare il decreto Galasso del 21 settembre 1984 che ha incluso le zone gravate da usi civici negli elenchi delle bellezze naturali e d’insieme sottoposte a vincolo paesistico ai sensi della legge 29 giugno 1939 n° 1497. Successivamente con la legge 28 febbraio 1985 n° 47 sul condono edilizio sono state previste norme tese a salvaguardare la destinazione ad uso promiscuo delle aree gravate dal peso degli usi civici.

I Comuni, nel predisporre gli statuti comunali previsti dall’articolo 4 della legge 8 giugno 1990 n. 142, possono inserire apposite norme per integrare autonomamente a livello locale la materia degli usi civici. Infatti uno dei pregi di questa legge è superare l’appiattimento giuridico dei comuni operato dalla legislazione previgente prevedendo negli statuti la regolamentazione di particolari istituti che meglio caratterizzano ciascun comune.

La materia, anche se interessa principalmente i Comuni con vocazione rurale, sicuramente necessita di un aggiornamento legislativo, ma non si può comunque disconoscere l’utilità sociale ed ambientale di questa normativa che ha salvaguardato dal frazionamento e da un insensato uso i patrimoni boschivi specie nelle zone montane.

Testi Consultati:

Paolo Barile – Istituzioni di diritto pubblico – VI Edizione CEDAM 1991
Enciclopedia Italiana – Edizione 1949 – vol. XXXIV
Pietro Federico: Usi Civici – Sta in Nuovissimo Digesto – Appendice vol. VII – UTET –
Mario Mori: gli Usi Civici – Sta in Verde Ambiente n° 5 – sett./ott. 1991
Antonio Palermo: Usi Civici – Sta in Nuovissimo Digesto Italiana, terza Edizione vol. XX p. 209
Alberto Trabucchi: Istituzioni di Diritto Civile – XXXIV edizione – CEDAM 1993
Cesare Trebeschi: Contorni soffocati per l’identikit della Montagna – Sta in Guida Normativa – 25 feb.1994

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