Prospettive per i segretari comunali e provinciali.

Il nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali è prossimo a maturare il terzo lustro di attività e in questa circostanza ritengo opportuno fare una analisi di quale ruolo aveva il Segretario dell’ente locale e di quale ruolo ha ora.

L’inserimento del Segretario nell’Ente Locale, capo del personale e responsabile della attuazione delle decisioni politiche, effettuato dalla prima legge comunale e provinciale del regno d’Italia venne rivisitato dal R.D. 17 agosto 1928 n. 1953, che trasformò il suddetto funzionario in un dipendente dello Stato assegnato all’Ente in cui presta servizio, il quale provvede esclusivamente alla sua gestione economica. Il segretario si viene a trovare in una posizione dicotoma per la quale, da un lato, è incardinato nel Ministero dell’Interno e, dall’altro, è assegnato dal Prefetto al singolo Ente locale per svolgere un compito fondamentale: dicotomia questa che è stata accettata fintanto che l’autonomia degli enti locali è stata una proposizione debole. Questa sua connotazione fu mantenuta dalla successiva legislazione, che accentuò la funzione del Segretario come fulcro dell’apparato burocratico comunale. Dal fatto che in questo contesto il Sindaco redigeva le note informative del Segretario e che lo stesso dovesse attenersi alle direttive che dava il Sindaco, non derivava una sua dipendenza dall’Ente locale, ma era una conseguenza del rapporto funzionale che lo stesso, in qualità di funzionario ministeriale, aveva con l’Ente. Quelle note, inoltre, erano uno degli elementi che il Consiglio di Amministrazione Provinciale dei segretari teneva presente in sede di formulazione del giudizio sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dal Segretario. Pertanto, non poteva farsi discendere la convinzione che il Segretario, avendo un rapporto d’impiego con l’Ente locale, fosse un dipendente del Comune, dato che il suo status era sottratto alla potestà dell’Ente stesso.

La maggiore autonomia, progressivamente attribuita agli enti locali dopo l’emanazione della Costituzione repubblicana, implicava una revisione della posizione giuridica del Segretario comunale e provinciale che, in base alla legislazione intervenuta, godeva, di fatto, di un ruolo indipendente rispetto all’Amministrazione locale, pur risultando gerarchicamente dipendente dal Sindaco per l’adempimento delle sue funzioni. Questa indipendenza ha comportato in qualche sporadico caso un calo di attenzione del Segretario verso il raggiungimento degli obiettivi approvati dal Consiglio. Nel corso dei rinnovi contrattuali era stata proposta una riforma dallo stato giuridico dei segretari comunali e provinciali, ma di fatto i nuovi contratti hanno aggiornato il solo trattamento economico e affievolito la consistenza del cordone ombelicale che legava i segretari al Ministero dell’Interno. Il Segretario, all’interno dell’Ente locale, rappresentava la chiave di volta nell’organizzazione comunale, ma, in conseguenza dei compiti sempre più complessi che venivano attribuiti all’Ente locale stesso, aveva bisogno anche di una formazione culturale di tipo aziendale: si è riscontrato che diversi segretari erano dotati di una profonda cultura giuridica, ma di una debole matrice manageriale:

Di fronte a queste esigenze di assumere un ruolo manageriale, si è riscontrata nella maggioranza dei segretari una sorta di indolenza poco incline a mettere in discussione i processi di selezione basati esclusivamente sulla cultura giuridica dei candidati, quasi non ci fosse la necessità di una verifica anche della loro attitudine organizzativa e gestionale. In questo contesto non hanno giocato a favore della categoria quei Segretari che si sono abbarbicati alla legittimità del singolo atto come l’edera alla falesia, invece di porre la loro attenzione alla liceità dei procedimenti. Ugualmente, ha rappresentato un fattore negativo, sia per il funzionamento delle amministrazioni locali sia per l’immagine del segretario, l’avvicendarsi di segretari nei cosiddetti comuni scomodi, dove di fatto i segretari lavorano nell’ottica del prossimo trasferimento e gli amministratori non avevano un persona di riferimento.

Tenendo presenti queste esigenze, la legge 8 giugno 1990, n. 142, ha previsto all’art. 52 che i segretari comunali e provinciali vengano iscritti ad un albo di connotazione professionale e che gli stessi, nel rispetto delle direttive impartite dal Sindaco o dal Presidente della Provincia, da cui dipendono funzionalmente, sovraintendano allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordinino le attività: La legge n. 142 con la previsione dell’iscrizione dei segretari ad un albo aveva voluto certificare la loro professionalità e quindi, la loro astratta idoneità a ricoprire il relativo ufficio presso l’Ente locale; inoltre la medesima previsione implicava una gestione delle loro carriere autonoma da ogni struttura ministeriale: La medesima norma, in antitesi con coloro che auspicavano la municipalizzazione dei segretari, ha confermato ai la loro qualifica di funzionario statale e la conseguente disciplina giuridica ed economica da parte della legge.

Dalla suddetta legge il Segretario esce rafforzata perché viene individuato come il soggetto che cura l’attuazione dei provvedimenti e delle deliberazioni, nonché come il responsabile dell’istruttoria delle stesse deliberazioni; inoltre, gli vengono attribuiti l’onere di esprimere un parere di legittimità sulle proposte di deliberazioni e la funzione di partecipante, e non più di solo verbalizzante, alle riunioni degli organi deliberativi. Ma è proprio su questo parere di legittimità che il comportamento di alcuni segretari non ridonda favorevolmente nei confronti della categoria. Infatti diversi colleghi invece di attivare virtuose sinergie con i dirigenti per la formulazione dei pareri, si sono abbarbicati alla legittimità del singolo atto invece di verificare che il risultato del procedimento con criteri di economicità ed efficienza sia lecito e consono al raggiungimento degli obiettivi. Il coassiale processo di concessione di maggiore autonomia attribuita agli enti locali attuato dalla stessa legge n. 142, inevitabilmente, ha, però, messo in crisi il rapporto tra Ente locale e Stato in ordine alle dipendenze di questo funzionario dal vertice politico dell’ente locale. Ormai erano maturi i tempi per rivedere lo stato giuridico dei segretari ed a ciò hanno concorso anche i risultati ottenuti con le prime nomine dei cosiddetti City Managers facoltizzate dall’art. 51, comma 7, della legge n. 142, anche se in alcuni casi la professionalità del soggetto prescelto era molto discutibile.

Era, quindi, urgente attivare un processo di ammodernamento della figura del Segretario, processo che prevedesse in primo luogo un maggiore coinvolgimento del responsabile dell’Amministrazione locale nelle procedure di nomina del Segretario.

La successiva legge 25 marzo 1993, n. 81, sull’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia, ha stravolto gli equilibri preesistenti tra gli organi degli Enti locali. In questa nuova ottica, in cui il fulcro dell’Amministrazione locale è diventato il Sindaco o il Presidente della provincia, è emersa la necessità di addivenire ad una revisione della posizione del Segretario dell’Ente locale ed in particolare della permanenza in capo al Ministero dell’interno del potere di organizzare e gestire i segretari comunali e provinciali.

Essendo mutati i contenuti della funzione del Capo dell’Amministrazione ed essendo stati separati i poteri di gestione da quelli di indirizzo e controllo, sia dalla legge n. 142 che dal successivo d.lgs 3 febbraio 1993, n. 29, sulla razionalizzazione delle amministrazioni pubbliche, si poneva come ineludibile un nuovo rapporto tra il Sindaco o il Presidente della Provincia e il responsabile della gestione dell’Ente. Inoltre, le sempre maggiori competenze e funzioni attribuite o trasferite agli enti locali hanno comportato una loro gestione più complessa, che implica il possesso di maggiori competenze professionali ed organizzative da parte dei responsabili della gestione.

La prescrizione normativa di attivare all’interno dell’Ente sistemi di controllo della gestione diversi dal controllo di legittimità sugli atti, ha comportato un cambiamento della modalità di operare sia del segretario sia delle qualifiche apicali all’interno della struttura dell’ente, anche in considerazione del debito di cultura aziendale che presentavano molti enti.

In questo contesto, la legge 8 dicembre 1995, n. 549, collegata alla Finanziaria del 1996, all’art. 1, comma 84, ha previsto che il Segretario venga nominato e revocato d’intesa con il Sindaco o con il Presidente della provincia: la norma non era immediatamente applicabile in quanto era connessa con la formazione dell’albo per la gestione dei segretari, ma il legislatore, in attesa della legge di attuazione dell’art. 52 della legge n. 142, che tardava a venire, ha voluto inserire il principio della necessità di un’intesa del Segretario con il Sindaco o con il Presidente della provincia in occasione della sua nomina e che per la sua rimozione dal posto vi deve essere una volontà espressa dal Capo dell’Amministrazione, ferma restando la competenza statale dell’adozione dei relativi provvedimenti al fine di evitare sulla scelta o sulla revoca del Segretario, decisioni discrezionali basate su referenze generiche o sull’intuitus personae.

La necessità di aziendalizzare gli enti locali e la progressiva introduzione in tutti gli enti pubblici di criteri di diritto privato hanno comportato una rivisitazione anche del ruolo delle figure apicali. La separazione fra i poteri di indirizzo ed i compiti di gestione, introdotta nell’ordinamento giuridico dalla legge n.142, ha implicato il possesso di caratteristiche manageriali nei responsabili della gestione degli enti locali, qualità queste che non erano previste nell’abrogato testo unico, del 1934.

In questo nuovo contesto i segretari comunali e provinciali avrebbero dovuto frequentare corsi di aggiornamento professionale obbligatori, ma, invece, i corsi di aggiornamento riconosciuti dal Ministero dell’interno erano a partecipazione volontaria. Le strutture locali, da parte loro, erano perplesse nell’affrontare le novità legislative, per cui è emersa in seno agli amministratori l’opportunità di dotarsi, per il raggiungimento dei loro obiettivi, di una figura dirigenziale non legata al tradizionale apparato burocratico.

Dopo questi provvedimenti legislativi ci si aspettava la presentazione di un disegno di legge di attuazione dell’art. 52 della legge n. 142, invece da parte di alcune regioni, è stata presentata una richiesta referendaria che prevedeva la cancellazione della figura del Segretario comunale e provinciale, senza prevedere alcuna possibilità di recuperare gli elementi di positività presenti nella sua funzione Segretario. Da parte governativa è stato proposto un disegno di legge per lo snellimento dell’attività amministrativa con lo scopo di superare anche altri quesiti referendari in materia di enti locali; questa proposta implicava anche una rivisitazione dell’art. 52 della Legge n. 142.

L’iter parlamentare del disegno di legge non è stato semplice ed il testo è stato approvato con un voto di fiducia; la legge 15 maggio 1997, n. 127, che è scaturita da questo dibattito, ha previsto il superamento della dipendenza ministeriale del segretario mediante la sua gestione da parte di un’agenzia autonoma articolata anche regionalmente e governata da tre rappresentanti dei segretari e degli amministratori locali, nonché da un esperto nominato dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Le norme sul funzionamento dell’Agenzia e sugli avanzamenti di carriera dei segretari sono previste nel regolamento approvato con il D.P.R. 4 dicembre 1997, n, 465: con questo regolamento sono entrate nella fase operativa le nuove regole di un più efficace rapporto Segretario-Ente locale, certamente fidatario, ma più collaborativo, che avrà riflessi positivi sulla governabilità dei singoli enti.

Il superamento di un concorso per l’accesso alla carriera dei segretari comunali e provinciali è confermato da questo regolamento fra i requisiti indispensabili per l’iscrizione all’albo professionale, che è stato articolato a livello regionale. Il reclutamento degli iscritti all’albo dovrà essere facilitato da una formazione post-laurea, finalizzata a preparare nel tempo la figura di un nuovo funzionario pubblico delle autonomie locali che possegga sia la competenza giuridica sia quella organizzativo-manageriale.

Le competenze del Capo dell’Amministrazione previste dall’art, 36 della legge n. 142, vengono abolite dalla legge n. 127/1997 che attribuisce al Sindaco la competenza per la nomina del Segretario e quella eventuale del Direttore dell’Ente. Questa legge che ha evitato lo scontro referendario sui segretari, contiene tre elementi che necessitano di un approfondimento perché rivisitano i contenuti storici di questa figura professionale:

1 – previsione della figura del Direttore Generale;

2 – conferimento al Sindaco dei poteri di nomina e di revoca del Segretario;

3 – liminazione del parere di legittimità del Segretario sulle proposte di deliberazione.

Sorge il dubbio che il legislatore, di fronte alle difficoltà di trovare una nuova posizione dei segretari negli enti locali che non fosse una loro municipalizzazione e sotto la spinta delle pulsioni di alcune forze politiche che travisavano nelle attribuzioni dei segretari un potere di ingerenza nei confronti degli amministratori, abbia trovato più semplice spogliare il Segretario dei suoi poteri di direzione del personale e di espressione dei pareri di legittimità, conferendogli l’attribuzione di verbalizzante degli organi istituzionali, la funzione di consulenza ed assistenza tecnico-giuridica nei confronti dell’Ente ed ampliando le sue funzioni notarili. La figura tradizionale del Segretario dell’Ente locale, esce, comunque, snaturata con questa legge, che però rispetto all’ipotesi referendaria ha il merito di avere riconosciuto la professionalità di questo funzionario.

La previsione della nomina negli enti locali di un Direttore generale al di fuori della dotazione organica dell’Ente e con un contratto a tempo determinato, formalizza la necessità che questi enti devono dotarsi di un’organizzazione complessa per svolgere i sempre maggiori compiti che vengono ad essi attribuiti ed è in linea con la filosofia della quasi coeva legge 15 marzo 1997, n. 59 sul trasferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali. Alla figura del Direttore possono ricorrere le province ed i comuni con più di 15.000 abitanti, mentre ai comuni minori è lasciata la facoltà di avvalersi di tale figura in via convenzionale. Per procedere alla nomina del Direttore gli enti devono prevedere nel proprio regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi i criteri per la nomina e quelli per lo svolgimento delle sue funzioni.

Il Direttore generale è praticamente una figura lavorativa nuova nell’ordinamento degli enti locali, il cui ruolo non può essere definito attraverso cambiamenti formali, ma necessita di una precisa qualifica all’interno dell’Ente: Suo compito principale dovrebbe essere quello di facilitare l’attuazione delle decisioni politiche.

Il soggetto incaricato, oltre a possedere una cultura manageriale, deve essere in possesso anche di un’adeguata cultura amministrativa, perché nell’Ente pubblico i procedimenti decisionali, anche a livello gestionale, devono essere conformi ad una serie di norme che non stazionano obbligatoriamente fra le aziende private. ll mercato del lavoro non è in grado di fornire una scelta abbondante di soggetti dotati di un’adeguata professionalità per questo compito e, nella gran parte dei casi, la scelta per l’ente locale è molto onerosa finanziariamente.

La norma come formulata dall’art. 6, comma 10, della legge n. 127, può generare, negli enti che optassero per istituire la figura del Direttore generale, una diarchia che, oltre ad essere finanziariamente onerosa per l’Ente, potrebbe compromettere il buon andamento degli uffici se non vengono indivituati, con precise norme regolamentari, le rispettive competenze del Segretario e del Direttore: infatti la medesima legge all’art. 17, comma 67, ha confermato al Segretario la caratteristica di organo necessario dei comuni e delle province. Il Sindaco o il Presidente della Provincia qualora provvedono alla nomina del Direttore generale, previa deliberazione della Giunta, dovranno disciplinare i rapporti tra il Segretario ed il Direttore, specificando che il primo è il garante della legittimità dell’azione amministrativa, e il secondo è il responsabile dell’attività gestionale in ordine al raggiungimento degli obiettivi. Per evitare la diarchia deve sussistere tra Segretario e Direttore una collaborazione e cooperazione nel rispetto dei reciproci ruoli, altrimenti si rischia di creare un’organizzazione bicefala, che presenta conflitti al vertice, invece che confronti costruttivi.

Inoltre nell’attuale contesto all’interno dell’Ente locale si rinvengono diversi soggetti dotati di un significativo potere discrezionale (Sindaco e assessori delegati, il Segretario, i Dirigenti e funzionari apicali) per cui l’introduzione della figura del Direttore generale, se non ben congegnata, rischia di creare scompensi di portatata non trascurabile.

Nel contesto della legislazione previgente era palese che il Segretario dell’Ente risultasse essere la figura che esercitava le funzioni di Direttore, in quanto l’art. 5 della legge n. 142 gli attribuiva il compito di sovraintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e di coordinarne l’attività. Alla luce della esperienza già maturate da diversi enti locali dopo l’emanazione delle legge n. 142 in materia di collaborazioni esterne ad alto contenuto professionale, forse non era necessario prevedere per legge la figura del Direttore Generale, ma più corretto, nei confronti della categoria dei segretari, prevedere che ogni Ente, secondo le proprie esigenze, utilizzasse con senso di responsabilità la potestà di organizzare gli uffici attribuitigli dall’autonomia: prima di procedere alla nomina di un Direttore ogni ente dovrebbe effettuare un’analisi della sua struttura burocratica per verificare se, effettivamente, occorra l’opportuna riconversione delle leggi esistenti.

Alcuni enti, proprio sulla scorta di queste analisi, invece di procedere alla nomina di un Direttore Generale, sono ricorsi all’affidamento di distinti incarichi ad uno o più direttori operativi con alta specializzazione, correlati a singoli servizi che vengono svolti in settori diversificati.

La previsione residuale contenuta nel comma 4, dell’art. 51 bis della legge n. 142 di attribuire le funzioni di Direttore generale all Segretario dell’Ente, qualora il Direttore generale non venga nominato, appare come una norma di compromesso che, comunque, sminuisce il carisma del Segretario. Di maggiore compromesso nei confronti dei segretari risulta il dettato dell’ultimo periodo dell’art. 17, comma 68, della legge n. 127 che, qualora non sia stato nominato il Direttore generale, attribuisce residualmente al Segretario la soprintendenza allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti ed il coordinamento delle loro attività; in questa evenienza, la responsabilità di attuare gli obiettivi ed i programmi definiti dagli organi politici sarà un onere dei dirigenti. Gioca a favore dell’affidamento al segretario delle funzioni di Direttore generale, il fatto che l’unificazione delle due funzioni, in capo al medesimo soggetto, crea un unico coordinamento all’interno dell’Ente ed un unico filtro tra organi decisionali e struttura burocratica.

È da precisare che nell’eventualità che il Segretario dell’Ente venga nominato Direttore Generale non sono previste particolari procedure, ma si è in presenza di un’opzione che gli attribuisce compiti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla legge la nomina è di competenza del Capo dell’Amministrazione in conformità all’art. 17, comma 68, della legge n. 127, che prevede l’esercizio da parte del Segretario di ogni altra attribuzione conferitagli dal Sindaco o dal Presidente della Provincia; in tal caso il Segretario, svolgendo una funzione aggiuntiva rispetto ai suoi doveri d’ufficio, avrà diritto ad un compenso specifico. Qualora il segretario Direttore non raggiunga i risultati, che dovevano essere conseguiti, può essere attivata nei suoi confronti la procedura per il collocamento in disponibilità ai sensi dell’art. 20 del D.L.vo n. 445/1993, con conseguente perdita del trattamento economico accessorio connesso alle funzioni: questo collocamento in disponibilità non va confuso con la revoca delle funzioni di Segretario dell’Ente, a cui può darsi luogo ai sensi dell’art. 15, comma 5, del regolamento solo per gravi violazioni dei doveri di ufficio.

L’aspetto più controverso all’innovazione legislativa è il potere di nomina e di revoca del Segretario attribuito al capo dell’Amministrazione: la legge, pur confermando al Segretario la qualifica di funzionario statale, prevede all’art. 17, comma 70, che il Sindaco o il Presidente della Provincia nominino il Segretario dell’Ente per una durata non superiore a quella del loro mandato scegliendolo tra gli iscritti nell’apposito albo, non prima di 60 giorni e non oltre 120 giorni dalla data del loro insediamento o dalla data in cui la sede di segretario si è resa vacante. La norma dispone anche una prorogatio del Segretario titolare fino alla nomina del sostituto o ad una sua conferma in caso di mancato esercizio della facoltà di scelta. Si deve rilevare che la legge n. prevede, per l’attuazione del nuovo ordinamento dei segretari, una disciplina transitoria nel rispetto delle posizioni acquisite alla data di entrata in vigore della legge: la legge n. 127, tuttavia, dispone che, in sede di prima attuazione del nuovo ordinamento, il Capo dell’Amministrazione può procedere alla nomina di un nuovo Segretario in sostituzione del titolare già in servizio presso l’Ente; a nostro avviso, in sede di prima applicazione della nuova normativa, sarebbe stato più equo attribuire tale facoltà ai capi di Amministrazione solo nelle segreterie prive di titolare. Viene inoltre, prevista la facoltà di revoca del Segretario da parte del Capo della Amministrazione, previa delibera della Giunta, per gravi violazioni dei doveri d’ufficio o qualora il rapporto funzionale con lo stesso risulti compromesso: in questa ipotesi viene garantita al segretario una maggiore tutela, in quanto è richiesto che il provvedimento di revoca sia successivo ad un formale atto della Giunta, nel cui seno vi può essere più di un assessore che non condivida il parere espresso dal Sindaco o dal Presidente della provincia sull’operato del Segretario.

La partecipazione del legale rappresentante dell’Ente alla nomina del Segretario deve essere regolata da criteri obiettivi altrimenti può venire meno la connotazione di imparzialità della funzione del Segretario; caratteristica questa, che viene comunque, compromessa dalla circostanza che il Segretario viene legato al Sindaco o al Presidente della Provincia da un rapporto di tipo fiduciario; infatti, il Segretario con la nuova normativa diviene titolare di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato di natura pari al resto della dirigenza: Si deve prendere atto che l’assoggettamento del segretario ad un rapporto di lavoro di tipo fiduciario è in linea con l’andamento della legislazione che in attuazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha introdotto nel rapporto di lavoro del settore pubblico diversi istituiti di carattere privatistico.

Ai segretari comunali e provinciali vengono ora affidati compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’Ente, compiti concernenti la conformità dell’azione amministrativa alle leggi nonché allo statuto ed ai regolamenti dell’Ente: questa collaborazione deve essere costante e capace di indicare le vie più opportune per garantire contemporaneamente la legalità e l’efficacia. La consulenza che deve dare il Segretario non dovrà necessariamente essere legata alla legittimità di un singolo atto, ma dovrà esprimersi sulla legittimità dell’azione amministrativa nel suo complesso.

La funzione del Segretario viene, quindi, rivisitata da quella di capo del personale e di controllore della legittimità dei singoli atti in quella di collaboratore ed assistente tecnico-giuridico per il raggiungimento degli scopi prefissati dagli amministratori, collaborazione che interessa l’Amministrazione intesa come insieme di organi politici e burocratici. Naturalmente, l’attribuzione di compiti di collaborazione implica una partecipazione attiva che comporta interventi propositivi sia nel momento della formulazione degli obiettivi sia alla successiva fase gestionale di raggiungimento degli stessi obiettivi. Al segretario potranno essere affidate dallo statuto, dai regolamenti o dal Sindaco ulteriori funzioni, anche riferite a particolari processi organizzativi e gestionali.

Il Segretario comunale può espletare nell’ambito del Comune attività che non riguardano direttamente l’attività dell’Ente locale, ma che gli sono attribuiti dalle leggi dello Stato per la sua qualità di funzionario statale in servizio presso l’Ente locale che è la prima organizzazione pubblica a diretto contatto con la popolazione. Queste funzioni, anche se delle stesse ne risponde direttamente il Segretario, dovranno essere svolte sotto la sorveglianza del Sindaco in considerazione del rapporto fiduciario che con esso intercorre.

Diversa perplessità ha sollevato, specie fra gli addetti ai lavori, la soppressione del parere di legittimità da parte del Segretario sulle proposte di deliberazione, dato che l’espressione di questo parere è stata inserita dalla legge n. 142 sull’ordinamento degli enti locali nell’ottica della riduzione dei controlli esterni sugli atti degli enti locali e nell’ottica della riduzione dei controlli esterni sugli atti degli enti locali stessi nonchè nella filosofia che il sistema dei controlli non deve rallentare l’attività dell’Ente. La ratio di deliberazione va ricercata nella diminuzione del numero degli atti che vanno sottoposti a controllo del CO.RE.CO e nel principio che in un’organizzazione complessa ci deve essere, comunque un controllo sul suo operato. Forse il legislatore nel formulare l’art. 53 della legge n. 142 aveva ancora in mente la figura storica del segretario che doveva coordinare un apparato burocratico con ridotta preparazione professionale, ma nell’attuale momento storico anche gli apicali dei più piccoli comuni sono dotati di una discreta preparazione professionale, che è stata formalmente riconosciuta dalla legge n. 127.

L’espressione del parere di legittimità da parte del Segretario su tutte le proposte di deliberazione aveva dato adito a più di un’eccezione, in quanto questo parere si presentava a connotarsi come una ingerenza sul parere di regolarità tecnica che sulle medesime proposte, deve esprimere il responsabile del servizio destinatario del futuro atto: si è riscontrato che talvolta i due pareri fossero di diverso contenuto sotto il profilo della legittimità, con il risultato di accendere conflitti fra i soggetti titolati ad esprimere i pareri e di creare nel rapporto politico diffidenza di valutazione sui medesimi pareri.

In merito al parere di regolarità tecnica è stato accertato che lo stesso non può limitarsi alla conformità della proposta di deliberazione alle regole della tecnica della particolare materia, ma deve comprendere anche le valutazioni sugli aspetti di legittimità formale che implica la proposta stessa: un responsabile che conosce (e deve conoscere) la materia di sua competenza e le norme di legge che la regolano, è in grado di esprimere un esaustivo parere tecnico giuridico. Anche se si vuole affermare che il parere del Segretario aveva una valenza più approfondita sugli aspetti della legittimità formale del singolo atto, codificati dall’art. 26 Comma 1, del R.D. 26 giugno 1924, n. …….(che individua i vizi di legittimità nell’incompetenza, nell’eccesso di parere e nella violazione di legge), non si può disconoscere che il meccanismo instaurato dall’art. 53 della legge n. 142 prevedeva l’espressione di una duplice valutazione di legittimità sul medesimo atto, valutazione che non deve essere in contrasto con il disposto dell’art. 1 della legge 7 agosto ….n. 241 (norma successiva alla legge n. 142) che acclara il principio della semplificazione dell’attività amministrativa, perché la norma come formulata dava adito a complicazioni e ritardi all’attività deliberativa degli organi istituzionali dell’Ente locale. L’abolizione del parere di legittimità va letta nell’ottica del riconoscimento e nella valorizzazione del ruolo dei dirigenti e per questi motivi la legge n. 127 non ha più riconosciuto al segretario il ruolo responsabile dell’istruttoria delle deliberazioni. Inoltre il parere di legittimità era esteso indistintamente su tutte le proposte di deliberazione e, in tal modo, era stato burocratizzato, per cui lo stesso veniva preso in considerazione solo qualora fosse difforme dal parere di regolarità tecnica. Questo parere che esprimeva il Segretario era solo una dichiarazione qualificata di conoscenza non vincolante per l’Amministrazione che, nell’esercizio del suo potere discrezionale, aveva la possibilità di disattenderlo; per tali motivi, una sua eventuale formulazione in senso negativo non rappresentava un elemento ostativo al completamento del procedimento avviato.

Entrata a regime la legge n. 142, era stato sollevato da più parti il dubbio sulla portata del parere di legittimità espresso dal Segretario, parere che nella prassi veniva formulato a poca distanza temporale dalle riunioni degli organi.con succinte indicazioni, se non si voleva procedere in alternativa al rinvio del loro esame per un approfondimento istruttorio.

Oltre alle considerazioni prima fatte, sorge il dubbio che diversi amministratori non condividevano la formulazione di questo parere, che talvolta li metteva di fronte alle proprie responsabilità quando una loro iniziativa riceveva il parere sfavorevole da parte del segretario, la soppressione di questa disposizione è positiva se teologicamente è stata prevista per aprire varchi di pensiero nella conduzione dell’Ente locale, introducendo il principio della liceità ed efficacia dell’azione amministrativa, che risponde a criteri aziendalistici nella conduzione dell’Ente, accanto a quello della legittimità dell’atto amministrativo che è di mera connotazione pubblicistica e che non garantisce né la qualità dei risultati né la liceità dei comportamenti attivati.

Questa modifica normativa comporta di sicuro un’economia nei tempi di presentazione delle proposte di deliberazione, anche se il numero delle deliberazioni che devono assumere gli organi dell’Ente è sensibilmente diminuito con le competenze attribuite ai funzionari, ma al Segretario va attribuita dai regolamenti dell’Ente la potestà surrogatoria dell’espressione di questi pareri qualora in seno agli organi collegiali si decida di adottare alcune modifiche alle proposte di deliberazione, in modo da poter evitare in questa ipotesi il rinvio dell’atto per carenza d’istruttoria. I regolamenti dell’Ente possono prevedere che il funzionario responsabile del procedimento che si materializza in una proposta di deliberazione, abbia la facoltà di chiedere al Segretario l’espressione di un suo parere di legittimità su una proposta di deliberazione: in tal caso, questo parere non sarà inserito in maniera espressa nell’atto adottato, ma resterà quale atto istruttorio alla deliberazione: in tal caso questo parere non sarà inserito in maniera espressa nell’atto adottato, ma resterà quale atto istruttorio alla deliberazione.

Si ritiene che sia in linea con il principio della semplificazione dell’attività amministrativa la possibilità di chiedere al Segretario, anche in via informale, un parere per confezionare un atto che tenga conto delle sue valutazioni giuridiche: in tal caso, i pareri che darà il Segretario avranno la veste e lo spessore dei pareri di un professionista. Comunque, il Segretario, qualora abbia delle riserve sulla legittimità delle scelte operate dalla Giunta o dal Consiglio, ha il dovere, anche dopo l’abolizione del suo parere di legittimità, di esternarle agli amministratori al fine di metterli al corrente dei pericoli in cui potrebbero incorrere nell’assumere un atto che egli ritiene non conforme al precetto normativo; qualora il Segretario non metta al corrente l’organo deliberante di eventuali vizi esistenti nella scelta che esso effettua e da questa scelta derivi un danno all’Ente, proprio a causa di questi vizi che il funzionario ha omesso di segnalare, del danno allìEnte potrà essere chiamato a rispondere anche il Segretario. L’abolizione del parere di legittimità va collegata anche con il nuovo compito del Segretario di seguire, aiutare e favorire l’azione amministrativa dell’Ente: si tratta di un compito propositivo che si proietta nel futuro e che ha una connotazione diversa dall’espressione di quel parere che aveva invece, una configurazione eminentemente statica.

Si deve ………che l’assistenza e la consulenza della legge n. 127 ma sono funzioni che hanno sempre caratterizzato questa figura professionale, anche se formalmente non codificate.

Al Sindaco e al Presidente della provincia, eletti con i criteri della legge n. 81/…..occorre un funzionario che consenta loro di governare con pienezza di poteri e con la massima responsabilità, che li aiuti a governare nonostante i vincoli della legge. In quest’ottica, la presenza del Segretario non sarà mai sentita come un oneroso adempimento di legge, ma come una funzione pubblica condivisa.

Tuttavia, si nota che alcuni comuni hanno riconfermato nei loro atti fondamentali l’espressione del parere di legittimità del Segretario sulle proposte di deliberazioni. Poi rispettando le libere forme espressive dell’autonomia degli enti locali in materia di organizzazione amministrativa, si capisce che non è logico far rivivere surrettiziamente quello che la legge n. 127 ha voluto stralciare dall’ordinamento giuridico: pertanto, se nell’ambito di un Ente vi sono dei funzionari qualificati questi si devono assumere le loro responsabilità nella formulazione dei pareri. La legge n. 127 rappresenta un passo verso il decentramento amministrativo e, sulla base dei suoi criteri, si devono revisionare le strutture degli enti locali e riformare culturalmente le dotazioni organiche per evitare che si instaurino processi involutivi rispetto allo spirito della legge.

Sempre in tema di pareri sulle proposte di deliberazioni la legge n. 127 ha fatto salvo il comma 2 dell’art. 53 della legge n. 142, il quale prevede che, qualora l’Ente non abbia responsabilità dei servizi, il parere sia espresso dal Segretario in relazione alle sue competenze. La mancata abrogazione di questo comma è un ………..esplicito della funzione che il Segretario ha svolto e svolge sempre nei comuni più piccoli, ma si auspica che la stessa non dia ……al mantenimento di microcomuni in cui si può trovare difficoltà persino per la presentazione delle liste dei candidati per il rinnovo dell’Amministrazione comunale.

Attualmente, la nuova normativa sui segretari comunali e provinciali non è ancora a regime in quanto è stato appena emanato il regolamento previsto dall’art. 17, comma ……della legge n. 127; questo regolamento, però non innova le funzioni dei segretari, che restano disciplinate dalla legge n. 127, ma riguarda la formazione ed il funzionamento dell’Agenzia, nonché le modalità di progressione della carriera dei segretari.

Si può affermare che con la legge n. 127 i segretari comunali e provinciali siano entrati a pieno titolo nel sistema delle autonomie locali e che gli stessi siano stati posti su un piano di parità nelle relazioni negoziali con il loro datore di lavoro. Inoltre, queste innovazioni legislative, che hanno reso veramente forte l’autonomia degli enti locali, rappresentano un importante passo verso la realizzazione del tanto acclamato federalismo, che consentirà ai singoli enti una gestione qualificata e meno dipendente dal centralismo statale che ha caratterizzato la legislazione degli ultimi ottanta anni.

La Voce delle Autonomie, 1999 n. 2-3 mar-giu

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