Dopo l’allargamento dell’Unione Europea a 25 paesi uno degli obiettivi da perseguire è lo sviluppo dell’integrazione fra i vari sistemi pianificatori, che hanno nei singoli stati strumenti e strutture diverse. Uno dei primi problemi che ora dovranno essere risolti nell’Unione Europea da poco allargata è l’integrazione del sistema dei trasporti da e verso i nuovi stati che vi hanno aderito, perché alla fine della seconda guerra mondiale il sistema dei collegamenti viari in Europa era stato interrotto a seguito della formalizzazione di due blocchi politici contrapposti. Inoltre la fine del conflitto armato aveva coinciso, in conseguenza della modificata geografia politica, con delle grandi trasmigrazioni di popolazioni in molti casi precedute da delle vere pulizie etniche. Fra i due blocchi politici per oltre 20 anni è intercorsa una guerra fredda, durante la quale i punti di transito fra i rispettivi stati erano limitati a pochi valichi ed era stata interrotta quella rete di collegamenti che consentivano i traffici regionali fra territori diversi ma prima appartenuti ad un medesimo stato.
Ora l’Unione Europea deve realizzare una nuova logistica dei trasporti che faciliti l’integrazione europea, che sul nostro confine orientale è stata anticipata negli anni ’70 con dei nuovi rapporti fra Italia e Jugoslavia. Se si sono registrati degli ammodernamenti nei traffici su gomma, sono invece andati a rilento gli ammodernamenti strutturali sui collegamenti ferroviari. Questi collegamenti sono concentrati sulla stazione italiana di Prosecco, mentre quelli con la stazione di Gorizia ora sono limitati al solo traffico di merci, anche se questo collegamento ha svolto nel passato un eccellente servizio passeggeri in occasione delle interruzioni della ferrovia pontebbana. Per diversi decenni la linea Udine-Gorizia ha funzionato a binario unico e quindi non era in grado di alleggerire il traffico che gravava sulla linea Bivio S.Polo(Monfalcone)-Mestre, mentre la tratta Bivio S.Polo-Bivio Aurisima, che fa fulcro sulla stazione di Monfalcone, è sovraccarica per tutti i traffici che interessano l’area Triestina. Inoltre il tracciato che da Aurisina scende a Trieste ha delle carenze idrogeologiche (si sono registrati dei cedimenti che hanno abbassato la sede ferroviaria di diversi centimetri) che male si coniugano con il traffico ad alta capacità e la stazione di Trieste è stata realizzata come asse terminale, con conseguente prolungamento dei tempi di sosta per i treni che vi prevedono il solo transito. Si aggiunga il fatto che tutti i collegamenti ferroviari del nord-est si svolgono per buona parte ancora su tracciati che risalgono alla fine del XIX secolo. Nell’ottica dei traffici europei ad alta velocità e ad alta capacità vi è la necessità di ovviare a questi colli di bottiglia ai traffici ferroviari proprio sul confine orientale.
I problemi sinteticamente messi in luce non possono essere risolti con una programmazione regionale, ma vanno congiuntamente definiti con gli altri partner europei perché l’innesto del sistema ferroviario giuliano e di quello sloveno nel Corridoio 5 è un problema che interessa tutti i paesi coinvolti alla linea di transito. Un primo coordinamento delle attività nel campo della pianificazione territoriale e della protezione della natura risale al 1975. Seguì nel 1978 la fondazione della comunità di lavoro Alpe Adria per promuovere la cooperazione in un’area geografica dove si incontrano per secoli tre culture (latina, tedesca, slava). Successivamente nel 1998 la provincia di Gorizia si è fatta promotrice di un protocollo di collaborazione transfrontaliera con la contermine Slovenia: per addivenire ad un progetto condiviso dalle istituzioni che governano questi due stati, si devono trovare punti di condivisione sulla base dei quali ovviare all’esistenza di differenti strutture amministrative (in Slovenia non esistono ancora le regioni) e di differenti sistemi di pianificazione del territorio.
Il primo problema da risolvere sul nostro confine orientale era stato, ma è ancora latente, il superamento di un confine divenuto nel passato una frontiera che vedeva contrapposti due stati (Italia e Jugoslavia). Lungo questo confine due città Gorizia e Nova Gorica, contigue fra loro, da città marginali in due stati che si fronteggiavano e non si guardavano, si sono trasformate nel tempo in città ponte fra due stati diversi che ora si osservano. Questa evoluzione politica nei rapporti fra i due stati hanno avuto una conseguenza sulla viabilità che serve i rispettivi centri abitati.
Il confine fra Italia e Jugoslavia era stato definito nel 1947 in attuazione del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio dello stesso anno ed aveva creato delle divisioni non naturali: a Gorizia in particolare alcuni quartieri sono stati divisi in due, diverse strade sono state interrotte senza creare punti di transito. Gorizia fino al settembre del 1947 era stata governata da un governo alleato e oltre il confine dopo il trattato di pace è stata costruita dal nulla Nova Gorica (parzialmente nell’area ove nel passato era ubicato il cimitero di Gorizia) in contrapposizione a Gorizia per volontà del regime politico jugoslavo. Nova Gorica è cresciuta ignorando quello che per secoli era stato il territorio di riferimento del medio Isonzo; emblematico è l’esistenza di un collegamento viario fra le due città rimasto inutilizzato per decenni: si tratta della strada che portava al cimitero goriziano dismesso, ma lungo questa direttrice sul confine era stato aperto solo un valico pedonale ed accessibile solo per i frontalieri. Il valico della Casa Rossa era nel Goriziano l’unico passaggio internazionale fra i due stati. Il collegamento ferroviario a Gorizia fra la linea Trieste-Udine e la ferrovia Transalpina (che collegava la valle della Sava a Trieste) era stato ridisegnato solo in direzione Nova Gorica, tagliando i collegamenti diretti dall’Italia con Aidussina e Sesana. Nel tempo si erano create distinte strutture prevedendo nuove reti viarie che connettevano i rispettivi territori ai due capoluoghi, costituendo così due poli di riferimento distinti su un territorio che per secoli aveva un unico punto di attrazione[1]. Questo confine assunse inizialmente la connotazione di una frontiera vigilata con armi e ne sono testimonianza alcune baracche di guardia della milizia jugoslava ancora visibili lungo la strada statale che da Gorizia porta a Trieste lungo il Vallone. Giuridicamente il confine nel 1947 in molti tratti era provvisorio perché, oltre la definizione del Territorio Libero di Trieste (riconsegnato all’Italia nell’ottobre del 1954), vi erano delle zone in contestazione ed il trattato di pace rinviava l’individuazione del suo tracciato definitivo ad un trattato fra i due paesi, trattato che fu stipulato appena nel 1972.
Per trent’anni il territorio della provincia di Gorizia e quello dell’area statistica di Nova Gorica[2] hanno trovato punti di contatto solamente nei pochi valichi esistenti. La medesima situazione si verificava anche nelle altre due province che confinavano con la Jugoslavia, anche se non registravano casi così eclatanti come nel Goriziano. Va rimarcato comunque che il confine con la Jugoslavia, rispetto altre realtà analoghe disposte lungo la storica cortina di ferro, ha iniziato a distinguersi già nell’immediato dopoguerra per le facilitazioni, progressivamente incrementate nel tempo, concesse ai transiti di beni e persone fra le zone frontaliere, in considerazione dell’interconnessione esistente fra i territori che erano stati divisi da un confine non naturale. Per i soli frontalieri furono istituiti lungo il confine diversi punti di transito che utilizzavano la viabilità preesistente.
I rapporti economici fra i due stati, dopo il trattato di Osimo del 1972, si intensificarono progressivamente essendo l’Italia per gli jugoslavi il naturale punto di riferimento prima verso l’Europa occidentale e poi verso l’Unione Europea. L’interscambio si sviluppò a cavallo del confine in particolar modo nel goriziano dove nel 1982, a servizio dei traffici su strada fra i due paesi, era stato realizzato in applicazione del trattato di Osimo, che fra i due stati definiva i punti rimasti in sospeso nel trattato di pace, il valico di S.Andrea (Štandrež) ed un autoporto che progressivamente assunse un ruolo sempre più rilevante nei traffici commerciali su strada fra l’Italia e la Jugoslavia: era previsto che il valico fosse collegato dai due paesi con la rete autostradale rispettivamente italiana e jugoslava. Dopo la proclamazione della indipendenza slovena nel 1991 sono aumentati i punti di contatto fra i due Stati ed in particolare si è sviluppata una intensa cooperazione fra le città di Gorizia e Nova Gorica, nei cui territori genti di diversa origine etnica per secoli hanno convissuto scambiandosi beni e servizi.
Fra le due città si instaurò una stretto rapporto, quasi di interdipendenza, che richiedeva l’assunzione di nuovi accordi per istituzionalizzare una cooperazione che era stata avviata e testata su iniziativa degli operatori economici locali. Ne è scaturita una cooperazione che, sotto l’impulso delle organizzazioni economiche e sociali di tutta l’area circostante a Gorizia e Nova Gorica, è sfociata nel 1998 con il Protocollo di Collaborazione Transfrontaliera che ha avuto l’ufficiale riconoscimento da parte dei due governi. Senza attendere gli sviluppi della proposta costitutiva di una euroregione nel contesto dei territori originariamente interessati dall’organizzazione internazionale Alpe Adria, si può pensare alla formalizzazione di una entità giuridica di diritto internazionale che curi autonomamente la gestione dei servizi che vanno gestiti assieme e lo sviluppo di quell’area che si riallaccia a quello che per secoli, sotto diverse bandiere, è stato il territorio goriziano, in cui italiani e sloveni hanno sempre collaborato ma che è stato diviso da un confine alla fine della seconda guerra mondiale. Quale segno tangibile di questi rapporti esistenti fra le genti di questi territori e tra le loro Amministrazioni è stata attivata, anche nell’ottica della prossima entrata della Slovenia nell’Unione Europea, il 17 febbraio 2003 una linea transfrontaliera di autobus urbani che serve le due città.
Sempre in attuazione del trattato di Osimo, per facilitare i traffici fra il Collio Sloveno e Nova Gorica è stata costruita una strada di collegamento fra il comune di Brda[3] e la città di Nova Gorica con un attraversamento del territorio italiano: dette aree erano divise dalle pendici occidentali del monte Sabotino (territorio italiano) e per raggiungere le due zone gli sloveni dovevano fare un lungo e non agevole percorso. Con l’ampliamento dell’Unione Europea, in attesa dell’applicazione del trattato di Schenghen anche alla Slovenia, tutti i valichi esistenti nel territorio del comune di Gorizia sono stati abilitati a punti di transito internazionale riconoscendo l’osmosi di persone esistente in questo tratto del confine. Sussiste quindi nel goriziano, inteso come insieme dei territori che amministrativamente fanno capo a Gorizia ed a Nova Gorica, una nuova aggregazione di interessi che viene facilitata da un reticolo viario che ora agevola il traffico di persone e beni attraverso il confine.
In particolare il progetto Conspace intende promuovere uno sviluppo sostenibile e la cooperazione nel settore dei trasporti fra gli stati costituenti l’Unione nella prospettiva della realizzazione di un corridoio di trasporto di merci e persone che colleghi Barcellona con Kiev. Il progetto è finanziato dal programma comunitario Interreg III B Cadses coinvolge le regioni italiane Veneto e Friuli-Venezia Giulia, le regioni austriache Corinzia e Stiria, la Slovenia, la Croazia e L’Ungheria. Le regioni e i paesi che aderiscono a Conspace rappresentano una macroregione in quanto i rispettivi territori vantano forti reciproci legami, in quanto tutti erano compresi all’interno dell’Impero Austro-Ungarico.
L’ultimo allargamento dell’Unione Europea, a seguito dell’adesione ad essa da parte della Slovenia e di altri sette stati dell’Est Europa, e la conseguente caduta delle barriere doganali fra la UE e la Slovenia, hanno modificato il significato del confine che divide il territorio e pongono la base per inedite possibilità e necessità di contatto, uniti a concreti problemi urbanistici da risolvere ora di comune accordo. Gorizia e Nova Gorica si sono venute a trovare in posizione baricentrica nell’europa centro orientale ed hanno un nuovo ruolo: da città di confine e marginali rispetto al proprio territorio nazionale, sono diventate il fulcro di un nuovo sistema socio-economico nel contesto dell’ Europa Centro Orientale, pur con le difficoltà derivanti dalla persistenza di un confine politico. Le due città rimarranno sempre separate e distinte sotto l’aspetto amministrativo, ma non si può negare che esistono alcuni progetti economici e strutturali che dovranno essere realizzati congiuntamente, considerando la contingenza fisica fra le due comunità alle quali va affiancato anche il territorio del finitimo comune sloveno di Šempeter-Vrtojba. Nell’ottica dell’allargamento dell’Unione Europea non è più pensabile dar vita in un territorio così interconnesso ad interventi similari ma scollegati, in quanto sarebbe poco logico che i problemi comuni nell’area di confine venissero risolti dai due Stati individualmente e senza considerare le implicazioni che derivano nei territori finitimi.
L’eliminazione dei controlli doganali e l’abilitazione anche agli stranieri di altri valichi confinari minori hanno comportato delle deviazioni a diversi traffici, anche infralocali, e conseguentemente dovrà essere riorganizzata congiuntamente dalle due municipalità l’attuale viabilità lungo le nuove direzioni prese da questi nuovi flussi. Inoltre, con la prossima liberalizzazione dei transiti lungo tutto il confine anche delle persone, si potrà ripristinare quel reticolato di viabilità minore che nel 1945 era stato interrotta dal nuovo confine di stato.
L’ipotesi di rilancio dell’area goriziana nel suo insieme non può prescindere da un’altrettanto nuova ed ampia programmazione urbanistica e del sistema delle opere pubbliche che tengano nella dovuta considerazione le necessità di integrazione delle realtà socio-economiche ed in particolare di quelle che hanno risentito della esistenza di un confine non condiviso. Dovranno essere studiati progetti di ricomposizione graduale degli assetti territoriali conseguenti all’evoluzione dei rapporti confinari per ricucire con nuove infrastrutture e con nuovi servizi il tessuto urbano dei centri transfrontalieri, trasformando le aree attualmente periferiche in occasioni di integrazione.
Non si deve trascurare la circostanza della valenza strategica che questa area ha avuto storicamente nei traffici internazionali: la valle del Vipacco, situata ad Est di Gorizia, è stata nei secoli il percorso preferito per le trasmigrazioni dei popoli fra l’est europeo e la pianura padana. Dopo la prima guerra mondiale si era dato corso su questa direttrice ad una linea ferroviaria che lungo questa direttrice doveva congiungere Codroipo a Postumia (il cui tracciato è ancora visibile in località Merna/Miren) che però è stata sospesa causa gli eventi bellici. Ora, con l’allargamento ad Est dell’Unione Europea, l’area goriziana si trova in una posizione baricentrica nei collegamenti fra i Paesi dell’Unione, per cui si devono realizzare più moderne sedi viarie e dar vita a delle nuove iniziative, mettendo a disposizione attività di servizio appetibili e quindi capaci di attirare l’attenzione dei trasportatori, per catalizzare questi flussi di traffico che la attraverseranno, se non si vuole essere solo un punto di transito. Uno dei fattori che possono essere di stimolo per suggerire ai traffici una sosta nel Goriziano è la valorizzazione delle peculiarità territoriali di tutta l’area, che da ambo le parti del confine sarà sostenuta anche con l’implementazione delle strutture agrituristiche e di brevi percorsi turistici debitamente pubblicizzati.
In questa ottica sono in corso di riconversione gli spazi autoportuali e quelli delle stazioni confinarie di S. Andrea e di Fernetti, in quanto le funzioni doganali adesso sono limitate ai soli traffici verso i paesi extra comunitari ed i controlli sul transito delle persone cesseranno nel 2007: si deve ora puntare alla diversificazione delle attività autoportuali, affiancandovi un complesso di attività che congiungano la funzione logistica ai servizi per le merci che sono oggetto di transazioni internazionali, per muovere il volano dello sviluppo economico dell’area considerando che con l’ampliamento dell’Unione Europea è previsto un incremento dell’interscambio commerciale Est-Ovest sia in volumi che in valori. Nei prossimi anni infatti ci sarà un incremento dei traffici tra est e ovest dell’Europa dovuto all’aumento del PIL dei paesi dell’Europa Orientale e una maggior integrazione socio economica delle popolazioni di questi paesi con gli standard di vita dell’ovest. Questo interscambio è destinato ad avere dei flussi più frequenti anche per la circostanza che, in conseguenza delle continue oscillazioni dei prezzi dei prodotti finiti, i commercianti ora tendono a ridurre le merci che trattengono in magazzino in previsione della vendita e ad ordinarle al produttore solo su richiesta. Questo aumento dei traffici va favorito da una politica che punti anche alla valorizzazione delle reti ferroviarie, partendo subito da quelle esistenti, ammodernandole in modo da captare sulle stesse consistenti volumi di traffici merci e passeggeri. In questo contesto un ruolo importante avrà il collegamento ferroviario che da poco è stato realizzato all’interno dell’autoporto di S.Andrea: con questa nuova struttura si darà vita ad una piattaforma intermodale ferrovia-strada-mare, che ha dato nuove prospettive all’autoporto, e la cui entrata in funzione potrà costituire un passo in avanti per diminuire le emissioni inquinanti degli autotreni in atmosfera. Inoltre i processi di delocalizzazione produttiva nelle aree del Centro Est Europa comporteranno la domanda di servizi di logistica, in particolare quelli collegati lungo gli assi di maggiore percorrenza. Per rendere più fruibili queste strutture si devono coinvolgere gli interessi dei terminalisti portuali, autoportuali, aeroportuali e ferroviari sia italiani che sloveni.
Ormai è assodato che il Corridoio 5 sarà realizzato come disegnato nei documenti dell’Unione Europea attraversando in direzione Divaccia la parte bassa della Regione Friuli-Venezia Giulia. L’asse viario Est-Ovest rappresenta una risorsa irrinunciabile per l’intera regione Friuli Venezia Giulia e per la Slovenia. Questo asse trova una pronta ed adeguata risposta ai transiti nella valle del Vipacco sulla direttrice per Lubiana con l’ammodernamento ed il prolungamento della viabilità ferroviaria esistente destinandola all’alta capacità commerciale ed il completamento di quella autostradale, senza dar vita a nuove opere faraoniche lungo il tracciato del Corridoio 5, opere che implicano pericoli ecologici e lunghi tempi di realizzazione. Per ovviare a tutte le eccezioni finora sollevate, è stato deciso da parte dei due Stati interessati di costituire una conferenza intergovernativa destinata a seguire la progettazione, la costruzione e la futura gestione del tratto transfrontaliero della Trieste-Divaccia, tenendo presente che esiste già una interoperabilità dei due sistemi ferroviari. Il passaggio del tracciato per l’area giuliana va facilitato con una serie di allacciamenti moderni e organizzati con altri assi di traffico, quale l’ammodernamento della linea Cervignano del Friuli-Udine.
Il sistema viario dell’area giuliana dovrà poter interpretare un ruolo significativo nell’ambito del sistema logistico integrato realizzando, anche con alleanze trasversali, un efficiente polo di attrazione per le persone e le merci. Al riguardo si sta definendo una piattaforma logistica che renda le grandi infrastrutture di trasporto su gomma un sistema che sia in grado di supportare il traffico internazionale di merci. Sul versante italiano, oltre al finanziamento della terza corsia sull’autostrada da Venezia a Villesse, sono in fase di attuazione programmi di ammodernamento sia della bretella autostradale Villesse-Gorizia che della viabilità di collegamento ferroviario con l’autoporto di S.Andrea-Vrtoiba. Nel basso isontino esiste una situazione critica della viabilità nel monfalconese che su due tronchi viari sopporta tutto il traffico da e verso Trieste: questa situazione diventa emergenza quando si aggiungono i traffici turistici verso il litorale istriano e dalmato. Per ovviare a queste criticità dei traffici si devono fare delle modifiche organizzative e strutturali alla viabilità esistente effettuando uno spostamento ad ovest della barriera terminale dell’autostrada Venezia-Trieste in modo che il tratto terminale della stessa diventi la circonvalazione del basso isontino e realizzando un nuovo asse viario extraurbano che colleghi l’autostrada con il polo intermodale di Ronchi dei Legionari e che si prolunghi verso le aree produttive del Monfalconese ed il polo turistico gradese. Nel contesto della costruzione dell’asse ferroviario ad alta capacità di trasporto, va ricalibrata la linea ferroviaria di collegamento con le citate aree produttive per poter limitare efficacemente i trasporti su gomma che ora convergono su di esse. Si fa presente che questi scambi gomma-rotaia diventano appetibili solo se velocizzati, in quanto una critica fatta alle poche tratte finora attivate sono i tempi di attesa. Sul versante sloveno è in corso di ultimazione l’autostrada fra Vipacco e Prevalo. Inoltre dalla parte italiana a Muggia sono in fase di conclusione i lavori per il prolungamento dell’autostrada che dall’altopiano triestino, attraverso le opere della grande viabilità, raggiungerà il confine sloveno in direzione Capodistria: opere che completeranno la piattaforma logistica dell’interscambio nei porti e su gomma fra Italia e Slovenia entro la data prevista per l’eliminazione dei controlli alle persone ai valichi confinari fra i due stati. L’ammodernamento di queste strutture viarie faciliterà sia i traffici commerciali che quelli turistici, che attualmente devono fare i conti con dei colli di bottiglia rappresentati dal traffico pesante e da una viabilità a tratti non adeguata alle attuali necessità. Naturalmente perché l’accordo transfrontaliero fra Italia e Slovenia sia efficace si deve supportare l’esigenza di realizzare e concludere in tempi accettabili i collegamenti autostradali interni nonché quelli verso l’Ungheria e verso la Croazia (Postumia-Fiume e Lubiana-Zagabria) nella prospettiva di un sistema integrato di trasporti a sostegno del c.d. Corridoio Adriatico, asse di penetrazione dei traffici che fanno riferimento al porto di Fiume.
Un elemento essenziale per il successo del Corridoio 5 è creare un sistema portuale Alto Adriatico. In questo contesto di trasporto di persone e beni non vanno dimenticate le potenzialità e le necessità dei traffici marittimi. Questi porti devono lavorare assieme se vogliono davvero competere nella sfida con i porti del Nord Europa. L’obiettivo è quello di intercettare le merci che arrivano dall’Est e dall’Asia e che dopo aver attraversato il canale di Suez, invece di fermarsi nel Mediteraneo o nell’Adriatico, ora fanno il giro dell’Europa per attraccare nel Mare del Nord. I nostri porti devono mettersi in rete e fare investimenti integrati per migliorare la qualità dei servizi e armonizzare le infrastrutture per poi movimentare le merci lungo il futuro Corridoio 5. I porti del Nord Adriatico rientrano in un ideale semicerchio con un raggio inferiore ai 30 km. devono dar vita ad un unico sistema portuale, che comprenda anche il porto di Fiume, sistema suddiviso per punti di attracco secondo linee merceologiche e capacità viaria di penetrazione del territorio non solo regionale ma anche centro-europeo. I fondali del porto di Trieste sono un elemento di attrazione delle grandi navi oceaniche, le quali a terra necessitano di ampi spazi per la movimentazione delle merci e di strutture che garantiscano tempi ridotti di sbarco/imbarco, nonché di avere la garanzia di limitare il più possibile i tempi di consegna dei beni secondo la necessità con vettori stradali, ferroviari o aerportuali. La portualità locale per essere competitiva con i sistemi portuali del Nord Europa deve inserirsi in un sistema portuale del Nord Adriatico, realizzabile con i nuovi collegamenti che garantisce il Corridoio 5 per integrare ad Est l’ampliamento dell’Unione Europea. La portualità oggi non vale solo per gli ampi spazi e per i magazzini che ha a disposizione un porto ma anche per la rete di penetrazione nel territorio retrostante. La riorganizzazione della rete di comunicazioni va calibrata anche in vista dell’ingresso nell’UE di un’area che in prospettiva arriverà al Bosforo. In questo ultimo contesto si deve tenere nella dovuta evidenza la circostanza che le quote di traffico di esportazioni provenienti dall’Asia Orientale e dirette all’Europa Centro-Orientale sono destinate ad incrementarsi nel prossimo futuro e che i porti del Nord Adriatico sono i naturali approdi per questi traffici: conseguentemente strutture portuali e relativi supporti logistici devono essere attrezzati in tempo.
L’unione Europea ha inserito le opere ferroviarie del Corridoio 5 da Lione al confine ungherese con l’Ucraina nel progetto prioritario n. 6. Uno dei presupposti per la fattibilità di questa linea ad alta velocità e capacità è la razionalizzazione degli attuali attraversamenti ferroviari con la creazione di opere sostitutive dei passaggi a raso e delle reti viarie di incanalamento dei traffici esistenti. La linea ferroviaria ad alta velocità e alta capacità costituisce un’opera indispensabile per tutte le imprese della regione che hanno sempre più relazioni economiche e commerciali con i paesi dell’Est Europa; essa rappresenta anche un miglioramento degli attuali collegamenti verso Occidente, che ora sull’attuale percorso presentano dei colli di bottiglia per i traffici ad alta velocità. Il suo tracciato principale necessariamente deve prevedere una nuova stazione ferroviaria a Ronchi dei Legionari, dopo la quale si dipartirà il tratto carsico del Corridoio 5 che presenta le maggiori difficoltà di individuazione del suo percorso causa le implicazioni geologiche, il collegamento con Trieste e l’innesto con il sistema ferroviario sloveno.
La nuova stazione ferroviaria di Ronchi dei Legionari va realizzata di un’ottica intermodale tra aria, ferro e gomma, che comporterà un aumento del bacino di fruitori che oggi gravitano sull’aeroporto regionale. Si sta prospettando la costituzione di una società fra gli enti pubblici interessati da questa struttura (Comuni ad essa limitrofi, Provincia e Regione) per provvedere alla sua progettazione, realizzazione e futura gestione. Questo polo intermodale è un’occasione per di sviluppo per tutta la Sinistra Isonzo ed essa risponde alla previsione degli ambiti di sviluppo territoriale indicati dalla nuova legge regionale sulle autonomie locali. Si darà così vita ad una innovativa realtà di interscambio fra modo di trasporto stradale, ferroviario ed aereo in grado di offrire ai viaggiatori vari servizi e diverse opportunità commerciali e ricreative in ambiente caratterizzato da ampi spazi verdi. Con la nuova stazione, debitamente integrata con il terminal aeroportuale, i treni a lunga percorrenza potranno fare in regione una unica sosta essendovi la possibilità di collegare i centri urbani della regione, anche minori, con linee di treni metropolitani utilizzando le reti ferroviarie esistenti. La definitiva scomparsa del confine e la possibilità di istituire percorsi ferroviari metropolitani anche fra Italia e Slovenia, rilancia l’opportunità economica e sociale nel campo del turismo ambientale, del commercio e del tempo libero. Non si trascuri che la vicinanza di questa struttura agli approdi del Nord Adriatico potrebbe costituire una occasione per attivare nuovi traffici marittimi di collegamento fra le diverse aree portuali con navi celeri.
La commissione intergovernativa per l’individuazione dell’innesto del sistema ferroviario italiano con quello sloveno dovrà decidere anche alla luce del rigetto per ragioni ambientali del progetto italiano che prevedeva il passaggio del Corridoio 5 per Trieste. Si ritiene che non necessariamente il tracciato ferroviario principale debba interessare il capoluogo regionale ma che si possa prevedere un asse secondario dello stesso che colleghi Trieste ed il suo porto all’infrastruttura principale, anche perché la stazione di Trieste è stata realizzata come asse ferroviario terminale e male si presta a ricevere i treni a lunga percorrenza che siano solo in attraversamento sul territorio. In questa prospettiva si ritiene opportuno non trascurare la realizzazione del collegamento ferroviario anche fra Trieste e Capodistria: questa opera avrebbe il pregio di poter collegare direttamente il porto di Capodistria con lo scalo ferroviario di Cervignano del Friuli, riducendo i tempi di collegamento con i paesi dell’Europa Centrale ed Occidentale.
Vi sono stati dei ritardi da parte slovena nell’individuare i nuovi tracciati ferroviari interessati dal Corridoio 5 in quanto il Governo sloveno insiste per inserire nei finanziamenti europei il raddoppio della linea ferroviaria fra Capodistria e Divaccia dando così l’opportunità di creare dei collegamenti più veloci fra la capitale slovena ed il suo unico sbocco sul mare Adriatico
Questi collegamenti, facilitati da sistemi ferroviari e autostradali compatibili e integrati di qua e di là del confine, hanno l’opportunità di collegare Capodistria, Divaccia, Sesana, Nova Gorica, Gorizia, Trieste, Monfalcone e Ronchi in un bacino potenziale di 450.000 abitanti. Le peculiarità paesaggistiche, culturali e ambientali dell’area circostante rappresentano un fattore importante per il marketing territoriale dell’area transfrontaliera.
Si ritiene opportuno provvedere quanto prima sia all’elettrificazione della bretella ferroviaria Gorizia-Nova Gorica, per facilitare il suo transito con i vettori italiani provenienti da Trieste ed Udine, che al ripristino del collegamento ferroviario passeggeri fra le due stazioni, ripristino da attivare non come fine a se stesso (anche se verrebbe a costituire comunque un ulteriore elemento di aggregazione fra le due città) ma nel contesto dell’istituzione di nuove direttrici di traffico ferroviario regionale lungo la Transalpina (Jesenice-Bled-Sesana) e verso Aidussina. Parallelamente a questa elettrificazione si si rende opportuno un ammodernamento della stazione Monte Santo di Nova Gorica, prevedendo la possibilità di un interscambio di persone da binario a bonario.
Manca ancora un progetto per l’ammodernamento della ferrovia fra Nova Gorica e Sesana, che potrebbe ridurre i tempi di collegamento fra Nova Gorica e Lubiana, oltre a poter sgravare parte del traffico merci ora incanalato sulla Opicina-Monfalcone. L’ammodernamento della ferrovia del Vipacco (tratto meridionale della ferrovia transalpina) può essere effettuato con il rifacimento dell’attuale sedime ferroviario, prevedendo non necessariamente la sua elettrificazione, ma procedendo ad una risagomatura delle gallerie conforme al transito di moderni vagoni e vettori diesel, che abbiano una capacità di traino superiore a quelli attualmente in servizio e che sono meno inquinanti dei medesimi. L’eventuale elettrificazione della tratta, compatibile con le caratteristiche del traforo, potrebbe essere preceduta dal rifacimento degli innesti ad Y a Vertoiba ed a Sesana che faciliterebbero i collegamenti diretti a Nova Gorica ed a Gorizia. L’attuale superamento della soglia di Gorizia presenta un marcato dislivello che per il trasporto di merci in salita implica la formazione di treni corti, con carichi per asse molto bassi: ciò comporta dei rallentamenti e delle movimentazioni di vagoni e personale che implicano dei sovracosti al traffico delle merci.
Con l’ammodernamento di questo segmento meridionale della ferrovia Transalpina si può creare anche un parallelismo ferroviario sulla direttrice Venezia-Lubiana con una biforcazione del traffico lungo il tracciato Ronchi Sud-Monfalcone-Opicina-Sesana e lungo il tracciato Sesana-Gorizia-Ronchi Sud senza creare nuove opere che avrebbero un impatto ambientale non indifferente, ma rinunciando su queste tratte alla alta velocità.
Una struttura quasi in abbandono per la presenza ai suoi margini del confine di stato ma che ora, in conseguenza dei modificati rapporti politici internazionali, ha possibilità di recupero e di sviluppo per l’aviazione leggera nell’ottica dei trasporti privati di persone e di consegne celeri di beni è l’aeroporto di Gorizia che, nel contesto del traffico civile, può soddisfare le necessità di trasporto aereo privato dell’intera area goriziana, in alternativa ai traffici di linea garantiti a Ronchi dei Legionari e a Lubiana. Si deve quindi ipotizzare uno sviluppo aeronautico di tipo minore, sportivo e ricreativo ma nell’ottica di un suo ruolo e utilizzo transfrontaliero e nella prospettiva della non più lontana apertura dei confini alle persone. Un suo ridimensionamento non è impossibile, ma dati i costi non può essere slegato alla programmazione generale della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Slovenia. Non si possono trascurare i vantaggi in termini di fruibilità che derivano a questo scalo dalla sua vicinanza sia alle strutture autoportuali sia all’autostrada che collega Gorizia con il restante territorio nazionale e con l’entroterra sloveno. L’ipotesi di ammodernamento di questa struttura trova ora una opportunità in Slovenia nella programmata nuova sede nella vicina Vertoiba di un centro che ospiterà una nuova casa da gioco e delle nuove strutture turistiche, che attireranno persone da località a più vasto raggio di quello interessato dalle attuali attrazioni. Un progetto presentato prevede il ripristino dell’aspetto dello scalo nelle stesse condizioni di quando fu realizzato (1931), essendo l’unico in Italia che mantiene quasi inalterato il suo aspetto originario: questa prospettiva aprirebbe la strada anche a manifestazioni aereonatiche storiche, ma si deve valutare se una pista in erba sarebbe compatibile con le caratteristiche degli attuali aeromobili, che necessitano avere a disposizione una pista più lunga dell’attuale.
Non si deve trascurare la creazione di una nuova rete di piste ciclabili in grado di connettere funzionalmente l’area transfrontaliera giuliana sia con le infrastrutture analoghe realizzate dai comuni contermini sia con la rete già esistente in Slovenia e in Austria, in modo da creare un sistema che colleghi la laguna di Grado alle alte valli dell’Isonzo e della Drava, ed in particolare alla amena valle del Vipacco, con la possibilità di raggiungere Lubiana attraverso la Selva di Pirro.
La piattaforma logistica isontina infine deve essere in grado di servire in maniera economica ed efficiente le tratte est-ovest evitando i ritardi e gli intasamenti che caratterizzano il sistema autostradale con la possibilità di trasferire quote di traffico su ferrovie tramite i centri di scambio gomma-rotaia e le connessioni verso i porti del Mediteraneo utilizzando le autostrade del mare. Il coordinamento fra i vari Paesi interessati al Corridoio 5 è indispensabile per attuare una pianificazione comune che preveda un maggior sforzo sui finanziamenti da parte dei singoli Paesi, assicurando comunque l’Unione Europea i finanziamenti dei tratti transfrontalieri. I ritardi che si possono infraporre nella realizzazione delle nuove reti ferroviarie rischiano di tramutare per il Nord Est il Corridoio 5, da una grande opportunità, in una pesante penalizzazione divenendo un’area di attraversamento per i camion, che trasportano le merci che avrebbero potuto essere caricate su ferrovia se potenziata, i quali andranno a congestionare ulteriormente le arterie autostradali. Inoltre, in assenza di adeguate infrastrutture, c’è il rischio che i flussi di mercato e di ricchezza transitino a nord delle Alpi se i porti del Nord Adriatico non vengono debitamente forniti in tempi ragionevolmente brevi di assi viari di penetrazione paneuropea.
[1] Una rete viaria costituisce uno degli elementi di omogeneità di un territorio perché facilita su di esso i collegamenti ed i traffici di persone e beni.
[2] Nell’ordinamento statale sloveno non esiste l’Ente Regione, ma sono individuate delle zone omogenee sovracomunali denominate “area statistica” .
[3] Brda è il comune sloveno che confina con il Collio Goriziano, che costituisce il nord-est della provincia di Gorizia.
Nova Rassegna n. 17 del settembre 2006 pag. 2138