Il contenzioso sulle mancate conferme dei segretari comunali e provinciali.

Le ultime due ordinanze del Consiglio di Stato, la n. 1072 dell’I 1 maggio 1999 e la n. 1113 del 18 maggio 1999 della IV Sezione, emesse in materia di mancata conferma del Segretario comunale titolare e di nomina di un nuovo Segretario, portano l’attenzione al contenzioso che si è aperto fra segretari e capi delle amministrazioni locali dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465.

Le due citate ordinanze, anche se hanno avuto un esito di verso nei confronti delle sentenze del T.A.R. che reintegravano in servizio due segretari comunali non confermati, hanno ambedue messo in evidenza che da un lato viene lasciato al Capo dell’Amministrazione locale un ampio margine di discrezionalità nella scelta del nuovo Segretario e dell’altro lato che questa discrezionalità deve tenere conto dei principi posti a tutela del buon andamento della pubblica Amministrazione.

Il giudice amministrativo di secondo grado nei procedimenti cautelari non ha preso in considerazione le eccezioni di incostituzionalità mosse nei confronti di alcune norme del nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali, ma ha riconosciuto che un ricorso in appello contenesse degli elementi tali da far propendere la decisione del collegio per la sospensione della sentenza del T.A.R. in attesa del giudizio di appello; nella seconda ordinanza il Consiglio di Stato, oltre a non ravvisare gli elementi per accogliere l’istanza cautelare, ha manifestato anche dei dubbi di merito sull’istanza del ricorrente.

I segretari comunali e provinciali dovevano caval care da protagonisti e non da spettatori l’onda dell’innovamento istituzionale che nel 1970 era stato promosso dall’attuazione dell’ordinamento regionale, che sviluppò negli amministratori degli enti locali la presa di coscienza che la loro autonomia non era più solo un astratto principio costituzionale. Questo movimento innovativo lanciò un vulnus, che nel tempo si dimostrò letale, all’ordinamento dei segretari comunali e provinciali che, con pochi aggiornamenti, perdurava dal 1928. I sindaci e i presidenti delle province da quel momento iniziarono, con sempre maggior insistenza, a premere presso i prefetti per l’assegnazione di un Segretario di loro gradimento. Nel contempo si accesero accademiche discussioni sulla municipalizzazione o sulla regionalizzazione dei segretari, in alternativa alla consolidata statalizzazione, nel cui contesto lo svolgi mento delle carriere dei segretari era praticamente avulso dalla volontà dei capi delle amministrazioni presso cui prestavano ser vizio: per molti sindaci e presidenti di Provincia ciò suonava ormai come una lesa maestà.

Il nuovo ordinamento delle autonomie locali introdotto dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, oltre a prevedere principi organizzatori innovativi, quale ad esempio la separazione fra potere di indirizzo politico e gestione amministrativa, delineava una figura molte forte del Segreta rio e prevedeva la possibilità per i singoli enti di avvalersi di collaborazioni esterne con alto contenuto di professionalità. Si è costatato che in questo ambito molti segretari, invece di rendersi partecipi di nuovi schemi di gestione, si sono abbarbicati, come edere alle falesie, alla formula z ione del loro parere di legittimità su tutte le proposte di deliberazioni: questo atteggiamento rappresentava il retaggio di un’epoca (cara a tangentopoli) in cui si poneva particolare attenzione alla regolarità del singolo atto, mentre la legge n. 142 introduceva criteri che, nel rispetto della liceità dell’azione amministrativa, gratificavano una gestione per programmi ed il raggiungimento dei risultati con efficienza, efficacia ed economicità.

La legge n. 142 aveva fissato nell’art. 52 i principi generali per una nuova organizzazione dei segretari comunali e provinciali, ma la relativa legge di attuazione tardava ad essere emanata, nonostante venissero palesate da più parti le incongruità della legislazione vigente in materia di segretari comunali e provinciali con il nuovo ordinamento delle autonomie loca li. I già precari equilibri fra capi dell’Amministrazione e segretari furono ulteriormente compromessi dall’emanazione della legge 25 marzo 1993, n. 81, che disciplinando l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia, delinea un loro ruolo centrale nell’Ente locale che male si coniugava con la nomina da parte dell’autorità governativa del loro principale collaboratore. Quanto evidenziato dai capi delle amministrazioni locali trovò una risposta parlamentare nell’art. 1, comma 84, della legge n. 549/1995, che, in attesa della riforma dell’ordinamento dei segretari, aveva previsto il coinvolgimento di retto del Sindaco o del Presidente della Provincia nella nomina del “Segretario: la norma rimase però un mero principio, in quanto il Consiglio di Stato precisò che la sua applicabilità era strettamente connessa con la formazione dell’albo previsto dall’art. 52 della legge n. 142. Alcuni sostenitori di questo nuovo principio, scontenti dei ritardi che registrava l’applicazione dell’art. 52, proposero un referendum abrogativo del Segretario comunale e provinciale. L’iniziativa referendaria fu glissata dall’art. 17, commi 67 e segg., della legge 15 maggio 1997, n. 127, con i quali sono stati codificati i principi attuativi del nuovo ordinamento sui segretari degli enti locali; con il successivo D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, è stato emanato il relativo regolamento di attuazione. Si deve evidenziare che la legge n. 127 è frutto di un vo to di fiducia (l’art. 17 è un coacervo di norme che regolano istituti con connota zioni non omogenee) e che il D.P.R. n. 465 è scaturito da una volontà politica c he si è dimostrata poco sensibile ai rilievi c he aveva espresso il Consiglio di Stato in sede referente sulla bozza di regolamento.

Con la legge n. 127 sono state ridisegnate le funzioni del Segretario dell’Ente lo cale, ma con la stessa legge, all’are 6, è stata forgiata la figura del Direttore generale, che però ha un ruolo diverso da quello del Segretario: la norma che prevede la possibilità di affidare al Segretario le funzioni di Direttore generale e quella che dispone che in caso di mancata nomina del Direttore il Segretario deve sovraintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne deve coordinare l’attività, ha indotto alcuni capi delle amministrazioni a considerare il Segretario comunque il responsabile degli obiettivi fissati dall’Amministrazione, anche se non gli sono state attribuite le mansioni di Direttore, ai sensi dell’art. 51-bìs, comma 4, della legge n. 142. La stessa legge n. 127, all’art. 6, comma 2, attribuisce ai di rigenti degli enti locali i compiti di attua zione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo e il medesimo articolo, al comma 3, con le modifiche introdotte dalla legge n. 191/1998, prevede che, in carenza di personale dirigenziale all’interno dell’Ente, le relative funzioni possono essere attribuite dal Sindaco ai responsabili degli uffici o dei servizi, fatta salva l’attribuzione di detta funzione al Segretario ai sensi dell’art. 17, comma 68, lett. e), della legge n. 127. Si deve tenere presente che le eventuali funzioni attribuite dal Capo dell’Amministrazione al Segretario ai sensi delle norme ora richiama te, sono funzioni aggiuntive al suo rapporto istituzionale con l’Ente locale e vanno quindi separatamente disciplinate e retribuite, analogamente a quanto previsto per i dipendenti degli enti locali dall’art. 51, comma 3-ter, della legge n. 142.

La funzione di partecipazione del Segretario agli organi deliberativi prevista dalla legge n. 142 già rappresentava un supera mento della mera attività di certificazione delle decisioni prese dagli organi dell’Ente locale prevista nell’abrogato testo unico, ma questa funzione di partecipazione doveva essere disciplinata dai singoli regolamenti di funzionamento degli organi collegiali: con la legge n. 127 la presenza del Segretario in seno agli organi collegiali viene automatica mente riqualificata e l’attività di verbalizzazione rappresenta un’appendice delle sue funzioni. La legge n. 127, infatti, attribuisce al Segretario compiti di collaborazione e funzioni e assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’Ente sulla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti dell’Ente; questa funzione non è meno impegnati va del precedente parere di legittimità su tutte le proposte di deliberazione previsto dall’art. 53 della legge n. 142. Si tenga presente che negli enti di una certa dimensione l’espressione di questo parere di legittimità si esternava di fatto in una formale sottoscrizione, il più delle volte non accompagnata da una concreta e motivata valutazione delle reali implicazioni di legittimità di ogni proposta di atto deliberativo. La funzione di assistenza è un’attività che richiede non solo una conoscenza delle materie di cui si deve occupare l’Ente locale, ma anche una capacità di valutazione delle specifiche situazioni. La conformità che attualmente deve formulare il Segretario non riguarda i singoli atti, ma concerne anche i comportamenti dell’Amministrazione nel suo complesso di organi, uffici e servizi: conseguentemente, analizza ora anche la liceità e l’opportunità dell’operato dell’Ente. Dalla funzione di collaborazione discende il rapporto di tipo fiduciario che si instaura fra Capo dell’Amministrazione e Segretario, il quale non è tenuto più a dare solo un asettico parere di legittimità su singoli atti, ma deve fornire anche momenti propositivi nei confronti di tutta la gestione, dando quindi il suo apporto professionale all’intera azione amministrativa.

Nel nuovo ordinamento la nomina del Segretario è regolata dall’art. 17, comma 70, della legge n. 127, il quale prevede che, dopo la cessazione del mandato del Capo dell’Amministrazione, il Segretario decade dall’incarico ma continua ad esercitare le sue funzioni fino alla nomina del nuovo, che deve avvenire non prima di 60 giorni e non oltre 120 giorni dall’entrata in carica del nuovo Sindaco o Presidente della Provincia. Far coincidere il periodo di servizio del Segretario con quello del Capo dell’Amministrazione è una violazione del principio della separazione tra politica e amministrazione, a cui si ispira il nostro sistema costituzionale e, in particolare, l’art. 98. Infatti, l’impostazione della legge e del regolamento prevede che fra Capo dell’Amministrazione e Segretario ci sia una condivisione di intenti: in caso contrario il nuovo amministratore sceglie un nuovo Segretario. Il procedimento di nomina di un nuovo Segretario viene delineato dall’art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 465, che prevede l’avvio del procedimento con una comunicazione del Capo dell’Amministrazione al Segretario titolare, in cui gli partecipa l’intenzione di avvalersi della collaborazione di un nuovo Segretario; la decisione del Sindaco o del Presidente della Provincia va inviata alla sede competente dell’Agenzia per la sua pubblicazione sul bollettino affinché i segretari interessati entro 10 giorni dalla pubblica zione dell’avviso possano presentare domanda ai capi delle amministrazioni di cui trattasi, allegando il proprio curriculum vitae. In caso di mancato esercizio del potere di nomina da parte del Capo dell’Amministrazione entro i 120 giorni, il Segretario titolare viene confermato automaticamente nell’incarico (art. 15, comma 2, secondo periodo, D.PR. n. 465). La possibilità di avvalersi della facoltà di non confermare il Segretario titolare è apparsa per molti sindaci e presidenti della Provincia come la panacea per risolvere i problemi che venivano loro posti dal Segretario che, in presenza di loro proposte non perfette, non aveva dubbi nel porre pareri negativi o soluzioni diverse da quelle prospettate: gli amministratori non recepivano che tali pareri non positivi nella maggior parte, dei casi erano espressi nell’interesse degli stessi amministratori,” oltre che nell’interesse pubblico, affinché non incorressero in responsabilità e non per ostacolare la loro azione. In tali circostanze le richieste di rimozione del Segretario avanza te dai capi dell’Amministrazione alla Prefettura non avevano seguito, in quanto al Segretario veniva riconosciuto il ruolo di garante della legittimità dell’azione amministrativa dell’Ente locale. Alcuni amministratori locali, liberati dai vincoli prefettizi nei confronti dei segretari, non esitarono ad attivare, ai sensi dell’art. 17, comma 81, della legge n. 127, i procedimenti di mancata conferma dei segretari titolari scomodi valutando addirittura non necessario motivare la loro decisione, ritenendola insita in reipsa, forti della loro investitura diretta da parte dei cittadini e del fatto che la legge chiede particolari motivazioni solo per la revoca. Il Governo con l’art. 2, commi 1 e 2 , del D.L. 26 gennaio 1999, n. 8, convertito nella legge 25 marzo 1999, n. 75, ha voluto assecondare questa corrente di pensiero esplicitando la non necessità di una motivazione nella mancata conferma, ed evidenziando che il Segretario cessa automaticamente con la scadenza del mandato del Capo dell’Amministrazione. Se l’originaria formulazione della norma lasciava dei margini alla possibilità che il Segretario restasse un funzionario imparziale e fedele alle norme dello Stato, la legge di interpretazione introduce per il futuro grosse perplessità sull’imparzialità del Segretario che ora, in conseguenza del rischio di non essere confermato, eviterà sue prese di posizione difformi dalla volontà degli amministratori ma formulate nell’interesse pubblico. Venuti meno buona parte dei controlli preventivi di legittimità che esercitava il CO.RE.CO., la legge n. 127 ha di fatto affievolito la possibilità del Segretario di intervenire nel processo formativo degli atti, in quanto un Segretario che formula osservazioni negative sulle proposte degli amministratori (anche se scriteriate), il più delle volte viene considerato un soggetto che ostacola le scelte politiche. Si puntualizza che un buon Segretario deve avere delle idee ferme ma non fisse, perché l’idea fissa è indice di immobilismo e di incapacità di confronto, mentre l’idea ferma può essere foriera di un positivo ravvedimento dell’amministratore.

Nonostante la legge interpretativa dei commi 70 e 81 dell’art. 17 della legge n. 127 chiarisca che i segretari in carica decadono dall’ufficio senza la necessità di alcun provvedimento alla cessazione del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia o al momento di entrata in vigore del D.P.R. n. 465, la medesima legge non dispone che la decisione del Capo dell’Amministrazione di ricercare un nuovo Segretario non necessita di motivazione . Infatti, nel nuovo ordinamento dei segretari, in presenza delle due precitate circostanze, è prevista la loro cessazione automatica dall’ufficio se il Capo dell’Amministrazione esercita la facoltà di nominare un nuovo Segretario: esercitando una facoltà il Capo dell’Amministrazione formula un atto di volontà che, anche se a contenuto altamente discrezionale, è un atto autonomo che come tale necessita della motivazione. Il Sindaco o il Presidente della Provincia deve indicare in questa sede gli obiettivi che si prefigge di raggiungere con la ricerca di un nuovo Segretario (ad esempio nel Cadore si può cercare un Segretario esperto in materia di comunità montane e usi civici). Se così non fosse, l’autonomia del Sindaco o del Presidente della Provincia in questa materia sarebbe esponenzializzata al punto da non permettere al Segretario titolare di poter partecipare alla fase iniziale del procedimento di nomina di un nuovo Segretario e di non ammettere in questa fase del procedimento la tutela dei suoi interessi legittimi: la formulazione dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge n. 75 sarebbe in contrasto con i principi posti dalla Costituzione agli artt. 97 (imparzialità della pubblica Amministrazione), 98, primo comma, e 113, primo comma.

L’Agenzia per la gestione dell’albo dei segretari quando ha iniziato la sua attività ha operato, sia nella sede nazionale che nelle sezioni regionali, con limitate risorse di personale e finanziarie che hanno di fatto compromesso l’avvio delle sue funzioni. Come conseguenza di ciò è risultato che alla data del 9 marzo 1998, giorno dal quale i capi delle amministrazioni locali avrebbero potuto nominare i nuovi segretari ai sensi dell’art. 15, comma 6, del D.P.R. n. 465, non erano pronti gli albi nazionali e regionali dei segretari comunali e provinciali. Detto albo è stato approvato dal consiglio nazionale dell’Agenzia con deliberazione n. 6/3 del 1 aprile 1998, ma il legislatore non ha provveduto a sanare la situazione di improcedibilità per dette nomine nel periodo che intercorre tra il 9 marzo ed il 1 aprile 1998. Tale comportamento è in evidente contraddizione con il principio del buon andamento della pubblica Amministrazione dettato dall’art. 97 della Costituzione.

In questo contesto normativo in sede di prima applicazione del nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali si è instaurato presso diversi enti un contenzioso tra Segretario e Sindaco o Presidente della Provincia, qualora il Capo dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 15, comma 6, del D.PR. n. 465 si sia avvalso della facoltà di non confermare il Segretario titolare. Le prime perplessità sull’esercizio di tale facoltà sono sorte su come coniugare la previsione dell’art. 15, comma 6, con l’art. 35 dello stesso D.P.R. n. 465, che prevede l’abrogazione del precedente ordinamento sui segretari comunali e provinciali dopo il decorso di 120 giorni dall’entrata in vigore del medesimo regolamento: in base al disposto dell’art. 35 le nuove modalità di nomina del Segretario possono aver corso solo dopo 120 giorni dall’entrata in vigore del regolamento (giorno in cui non hanno più validità le precedenti modalità di nomina), ma il comma 6 dell’art. 15 non dispone alcuna deroga all’art. 35. Ulteriori perplessità sul medesimo argomento sono state origi nate dalla comunicazione dell’Agenzia nazionale dei segretari datata 30 aprile 1998, in cui si afferma che il giorno 6 maggio 1998 è il termine ultimo per l’avvio del procedimento per la nomina di un nuovo Segretario, mentre il D.P.R. n. 465, all’art. 15, comma 6, prevede che il Capo dell’Amministrazione può nominare un nuovo Segretario entro 120 giorni dalla pubblicazione del regolamento (avvenuta il 6 gennaio 1998): conseguentemente il 6 maggio 1998 era l’ultimo giorno utile per effettuare la nomina del nuovo Segretario. La legge di conversione del D.L. n. 8 fa propria l’indicazione dell’Agenzia sul tempo di avvio del procedimento, ma in tal modo esonda dalla sua connotazione interpretativa inserendo un quid novi che oltretutto non definirebbe i tempi entro i quali va nominato il nuovo Segretario: non vi è difficoltà per rinvenire in tale passo legislativo una violazione del principio della irretroattività della legge ed una manifesta irragionevolezza rispetto alla legge n. 127, che all’art. 17, comma 70, prevede un preciso arco temporale entro il quale va nominato il nuovo Segretario. L’art. 17, comma 81, della legge n. 127 è monco dell’indicazione del termine entro cui si può nominare il nuovo Segretario, ma questo termine per analogia viene individuato nel precedente comma 70, ipotesi che è stata recepita nel D.P.R. n. 465. La legge n. 127 e il D.P.R. n. 465 non fissano alcun tempo entro cui avviare il procedi mento di nomina di un nuovo Segretario; queste norme prevedono solo i termini entro i quali va nominato il nuovo Segretario, lasciando alla discrezione del Capo del l’Amministrazione, dopo l’entrata in vigore del regolamento o dopo il suo insediamento, scegliere il momento in cui attivare questo procedimento: risulta quindi irragionevole la previsione dell’art. 2, comma 2, del D.L. n. 8, come convertito nella legge n. 75, di correlare la decadenza del Segretario titolare alla sola attivazione del procedimento per la nomina del nuovo.

Si deve rilevare che nel contesto, della legge n. 127 l’inserimento, nell’art. 17, del già citato comma 81, terzo periodo, è frutto del voto di fiducia con cui la legge è stata approvata e si scosta da quello che è il fumus del nuovo ordinamento sui segretari comunali e provinciali, quale intendeva attribuire ai sindaci e presidenti della Provincia, direttamente eletti dai cittadini, la facoltà di scegliersi un nuovo Segretario. Con l’aggiunta di questa fattispecie si sono voluti anticipare artatamente gli effetti del nuovo ordinamento. Il Consiglio di Stato, nell’esprimere il suo parere consultivo sullo schema di regolamento previsto dall’art. 17, comma 78, della legge n. 127, si era espresso nel limitare in quel momento il potere di nomina dei capi delle amministrazioni alle sole ipotesi di enti privi di Segretario titolare, ma il Governo ha voluto mantenere quella pro posta di norma, che è stata introdotta con la premedita intenzione di eliminare i segretari scomodi . La possibilità di sostituire il Segretario titolare data ai capi del le amministrazioni in carica al momento di entrata in vigore del D.P.R. n. 465 ha originato diversi contenziosi amministrativi ancora non conclusi, sul cui esito finale probabilmente uno spazio sarà lasciato al giudice costituzionale. Quanto previsto dall’art. 17, comma 81, terzo periodo, della legge n. 127 nei confronti dei segretari titolari ha il medesimo significato morale che avrebbe avuto per i sindaci e le giunte in carica un articolo della legge 25 marzo 1993, n. 81, che avesse attribuito alle autorità governative la facoltà di scioglimento degli organi comunali entro 120 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge per poter far eleggere subito una nuova Amministrazione comunale con le nuove norme.

In alcuni procedimenti di ricerca di un nuovo Segretario, anche ad ordinamento a regime, si è verificata la circostanza che l’Amministrazione locale ha interrotto il procedimento avviato o declassificando la sede della segreteria comunale, ai sensi dell’art. 11, comma 11, del D.P.R. n. 465, o stipulando con altro Comune una convenzione per il servizio di segreteria, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 465. In ambedue le ipotesi il più delle volte, invece di rispondere ad una necessità dell’Ente, si è voluto glissare un eventuale procedi mento contenzioso che avrebbe potuto avviare il Segretario titolare, informato dell’avvio del procedimento di ricerca di un nuovo Segretario, o si è voluto avere campo più libero da intoppi contenziosi per la nomina di un soggetto preindividuato. In caso di declassificazione della segreteria comunale il Segretario titolare decade dall’incarico, ma non può eccepire la lesione di suoi interessi per poter legittimamente ricorrere contro il provvedi mento di declassificazione; il Sindaco, in vece, ha la possibilità di attingere il nomi nativo del nuovo Segretario da un gruppo più numeroso di funzionari, tra i quali vi può essere anche il soggetto preindividuato che prima della declassificazione non aveva i titoli per essere nominato. Anche nel caso di convenzionamento fra comuni i segretari titolari negli enti neo convenzionati decadono dall’incarico e non hanno alcun diritto per opporsi alla convenzione: l’esperienza però ha dimostrato che talvolta alla base di queste convenzioni, che dovrebbero garantire una maggior funzionalità dei servizi convenzionati, c’è solo la volontà di eliminare uno dei segretari titolari. Emblematico è stato il convenzionamento (cassato dal CO.RE.CO.) fra due comuni, uno montano e l’altro marittimo, distanti fra loro più di 100 chilometri, uniti solo da una economia locale a prevalente indirizzo turistico.

Presso i tribunali amministrativi regionali alcuni collegi giudicanti hanno respinto, mentre altri accettato, le istanze degli interessati tese a chiedere la sospensione dei provvedimenti sindacali di nomina di un nuovo Segretario. Anche se è stato chiarito che la decadenza del Segretario è automatica al cambio del Capo dell’Amministrazione, non si può eccepire che esista un danno grave nei confronti del Segretario titolare non confermato, in quanto il comma 7 dell’art. 15 del D.P.R. n. 465 prevede il collocamento dei segretari comunque privi di sede in disponibilità e il loro utilizzo per le necessità dell’Agenzia, con il trattamento economico goduto nell’ultima sede di servizio, o per l’assegnazione presso altro Ente, su istanza del rispettivo Capo dell’Amministrazione. Il periodo della disponibilità però si può protrarre per non più di 4 anni, al termine del quale il Segretario privo di incarico viene messo in mobilità presso lo Stato. Tuttavia con la messa in disponibilità al Segretario, con il suo utilizzo presso l’Agenzia, viene meno quella parte di emolumenti che gli derivano dall’attività notarile (che vanno a implementare la retribuzione pensionabile): conseguentemente non si può non eccepire la circostanza che la messa in disponibilità con questo tipo di utilizzo è un danno economico. Inoltre, la mancata conferma e la messa in disponibilità provocano comunque un danno al Segretario che è grave ed irreparabile: infatti, gli amministratori degli enti locali tendono a trattare come un refuso il Segretario messo in disponibilità, ritenendolo pregiudizialmente inadeguato sotto l’aspetto professionale. Ne consegue che il reinserimento a pieno titolo di questi segretari negli enti locali avviene con non poche difficoltà. Il Segretario messo in disponibilità per mancata conferma qualora risulti vittorioso davanti al T.A.R. nel contenzioso giurisdizionale, va ricollocato nella sua posizione lavorativa a quo: in tale evenienza il Segretario che era stato nominato in sua vece resta privo di sede.

L’intervenuto provvedimento legislativo di interpretazione autentica, sopra ricordato, non ha fatto precisazioni sulla fase della individuazione e nomina del nuovo Segretario: pertanto, a tale proposito vigono le norme generali sulla necessità di motivazione degli atti amministrativi ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Ne consegue che il provvedimento di individuazione e nomina di un Segretario comunale che non sia motivato non può che essere viziato di illegittimità. Infatti, tra gli atti che debbono essere obbligatoriamente motivati rientrano anche gli atti autoritativi con i quali si dispone la nomina in rapporti di pubblico impiego e gli atti di alta amministrazione: questi atti devono essere emanati sulla base di una conoscenza adeguata dei fatti inerenti al procedimento, di una esatta interpretazione della volontà di legge e di un soppesamento non irragionevole delle situazioni soggettivamente rilevanti. Se il nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali ha configurato un rapporto fiduciario tra Sindaco e Segretario, non consegue, che il potere di scelta da parte del primo possa essere esente da qualsiasi controllo. Il legislatore, quando attribuisce ad un soggetto il potere di esercitare pubbliche funzioni, anche discrezionalmente, deve prevedere il modo di verificare la corrispondenza della decisione presa sia verso l’interesse pubblico che si intende perseguire con l’atto specifico, sia ai precetti di logicità e imparzialità. La nomina di un nuovo Segretario non è, infatti, frutto di una scelta politica come la nomina di un assessore: è invece un atto amministrativo, anche se connotato da rilevante discrezionalità. Nella scelta del Segretario il Capo del l’Amministrazione deve dare conto delle ragioni della preferenza accordata in relazione agli indici di esperienza e specifica capacità professionale che emergono dal curriculum presentato, senza la necessità di una comparazione con gli altri candidati, ma con la motivazione dei criteri che hanno guidato la valutazione fatta.

L’esito dell’ultima ordinanza del Consiglio di Stato in materia di nomina di un nuovo Segretario (la n. 1113 del 18 maggio 1999, emessa dalla IV Sezione) propende per riconoscere errata la valutazione fatta dall’Agenzia dei Segretari sulle qualità professionali che devono possedere coloro che vengono nominati titolari in una segreteria generale. Infatti, il D.P.R. n. 465 ha previsto che per la nomina a sedi di segreteria generale di 2^ classe i segretari, oltre all’iscrizione della fascia professionale 3^, devono ave re superato le prove selettive previste dai piani di studio di cui all’art. 14, commi 1 e 2, del medesimo decreto. Ciò è in sintonia con la normativa generale del pubblico impiego, che condiziona l’accesso alle qualifiche dirigenziali al superamento di particolari prove selettive: nella fattispecie l’attribuzione della qualifica di Segretario generale implica lo svolgimento di mansioni più delicate e complesse rispetto a quelle di una segreteria di classe 3^. Il citato regolamento, al riguardo, però, non ha previsto alcuna norma transitoria, in attesa dello svolgimento di questi corsi di qualificazione. Il Consiglio di Stato, in sede referente, aveva rilevato tale carenza nella proposta di regolamento ed aveva suggerito di avvalersi per il periodo transitorio anche dei segretari risultati idonei ai precedenti concorsi a Segretario generale di 2^ classe, ma il Governo, oltre a non recepire il suggerimento, non ha disciplinato nulla in merito. Tuttavia, esiste la necessità di garantire il funzionamento delle segreterie generali, anche se il numero dei soggetti in possesso degli appositi titoli è limitato. In assenza di tale norma transitoria si ritiene che i sindaci interessati debbano scegliere uno dei segretari generali disponibili o ricorrere all’assegnazione di una reggenza, a scavalco o a tempo pieno, con altro Segretario non titolato. La soluzione proposta dal consiglio nazionale dell’Agenzia con deliberazione n. 94 del 13 maggio 1999 di nominare titolari di segreterie generali i segretari iscritti nella 3^ fascia professionale, anche se non in possesso del titolo di qualificazione professionale richiesto, cozza contro il principio generale che alla dirigenza si accede solo previo superamento di una particolare qualificazione professionale e contro il principio costituzionale che agli impieghi pubblici si accede per concorso.

Le osservazioni appena esposte sollevano il problema di quale competenze abbia il consiglio nazionale di amministrazione dell’Agenzia a deliberare su materie che non sono previste né dalla legge né dal regolamento, e che siano riservate a tali fonti normative: a nostro parere l’Agenzia non è competente a creare nuove fonti del diritto, anche se la stessa può emanare atti di gestione connotati dalla genericità e dall’astrattezza per disciplinare l’attuazione di particolari istituti del regolamento.

Le opposizioni giurisdizionali alle mancate conferme e alle nomine di un nuovo Segretario in alcuni casi si sono affievolite nel tempo, in quanto alcuni degli interessati hanno trovato un’altra posizione lavorativa e quindi sono venute meno le ragioni che li avevano indotti ad intraprendere il procedimento contenzioso. Al tri segretari, che avevano trovato subito una nuova sede, hanno invece esperito comunque la strada meno dispendiosa del contenzioso amministrativo e ora, dalla loro nuova sede, attendono i tempi non brevi dell’esito del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Fra i ricorsi giurisdizionali attivati solo due, al momento, hanno superato positivamente il vaglio di merito del T.A.R.: le amministrazioni comunali interessate però hanno fatto ricorso in appello contro la sentenza che dava loro torto, chiedendo anche la sospensiva dell’atto impugnato. I successivi procedimenti cautelari sono stati ambedue espletati, ma con risultato diverso. Nel primo procedimento il Comune ha evidenziato, nel ricorso, oltre i motivi di merito, una sequenza di fatti da cui è emersa una incompatibilità ambientale fra Sindaco e Segretario di tale spessore che non è stata diluita dal controricorso del Segretario: conseguentemente il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva del Comune. Nel secondo ricorso il Comune si è soffermato principalmente sui motivi di merito e ha dato una connotazione appendicea alla richiesta di sospensiva: il controricorso del Segretario, prima di affrontare gli argomenti di merito, ha messo in evidenza una serie di circostanze dalle quali è emerso sia un legittimo dubbio sulle qualificazioni professionali del nuovo Segretario che l’assenza di una situazione di incompatibilità ambientale grave fra Sindaco e Segretario, per cui il Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta di sospensiva avanzata dal Comune.

OSVALDO DE CASTRO

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