Fra i beni pubblici una disciplina del tutto anomala hanno i beni soggetti ad uso civico. L’uso civico si può identificare come la servitù di utilizzo di un bene a favore della comunità.
Gli usi civici consistono nel diritto di godimento su terreni appartenenti ad una comunità indistinta di cittadini. Titolari di questi diritti1 sono le famiglie che vivono nell’ambito territoriale a favore di cui risulta intestato il bene. Questi diritti attribuiscono ai frazionisti la facoltà di effettuare su questi terreni, il pascolo, la semina, la caccia, la raccolta della legna ecc..
L’istituto degli usi civici trova la sua origine nella organizzazione feudale per cui ha avuto una regolamentazione a livello locale radicatasi nei tempi che non trova una univoca applicazione. La loro origine storica risale infatti ai tempi in cui i feudatari concedevano l’utilizzo dei terreni di loro sovranità ai vassalli per soddisfare le necessità della loro comunità. Cessata l’era feudale i Comuni subentrarono in questi diritti dei feudatari e si costituirono dei demani comunali il cui godimento fu riservato agli abitanti del Comune, che spettando ad essi quali cittadini del Comune, vennero denominati “usi civici”. Il godimento sia collettivo che singolo di questi terreni come detto ebbe diversa regolamentazione da posto a posto avendo però una matrice comune nella distinzione fra usi di carattere essenziale, ovvero necessari alla vita della famiglia (raccolta di legna, pascolo,! semina, pesca, ecc.), e usi con carattere di “industrie” (utilizzo dei boschi, di derivazioni d’acqua, ecc.).
Dopo il completamento dell’unificazione della nazione con il Regio Decreto Legge 22 maggio 1924, n. 751 venne proposto il riordino degli usi civici che trovò una composizione organica con la legge di conversione 16 giugno 1927, n. 1766 e il successivo regolamento di attuazione approvato con il Regio Decreto 26febbraio 1928, n. 332.L’uso civico, essendo un diritto a favore della comunità indistinta dei cittadini, ha un carattere demaniale per cui adesso si applica il relativo regime di inalienabilità, inusucapibilità e imprescrittibilità: conseguentemente negli atti di disposizione degli usi civici gli istituti di diritto civile vengono presi in considerazione solo per analogia. Da questa caratteristica ne discende che se un atto ha per oggetto un bene soggetto ad uso civico esso produce i suoi effetti a meno che non venga impugnato se le modalità di cessione o l’uso cui viene adibito sia contrario alla normativa sulla liquidazione degli usi civici.
Lo scopo primario della legge sul riordino era quello di liquidare gli usi civici cedendo i relativi terreni agli aventi diritto e trasferendo i beni indivisibili nel patrimonio dei Comuni. I ricavati delle vendite devono essere riutilizzati nell’esecuzione di opere di interesse generale per la comunità a cui appartengono.
Vennero attivate in esecuzione della legge le Commissioni regionali per la liquidazione degli usi civici, le quali hanno il compito di promuovere l’accertamento dei beni soggetti aduso civico esistenti in ciascun Comune nonché la potestà giurisdizionale in materia. All’uopo viene incaricato un perito il quale ha il compito di procedere alla rilevazione dei beni in questione, alla loro valutazione ed all’individuazione, anche con prove testimoniali, degli aventi diritto alla legittimazione che consiste nell’affidamento in perpetuo di un terreno dietro la corresponsione di un canone enfiteutico. I terreni dati in concessione enfiteutica potranno successivamente essere affrancati dal diritto di uso civico dietro pagamento del canone capitalizzato e previa dimostrazione di avere effettuato delle migliorie al terreno.
Alcune procedure di liquidazione però per difficoltà di concordare tutte le concessioni non hanno avuto regolare conclusione e così si è verificato che singoli terreni continuano ad essere utilizzati “uti dominus” da cittadini senza averne titolo.
Al riguardo si riporta una particolare circostanza che si è verificata in località Jamiano, aggregata al Comune di Doberdò del Lago in conseguenza del trattato di pace del 1945: a seguito dell’istruttoria per casi di ricognizione degli usi civici veniva depositato all’Ufficio del Catasto Fondiario il relativo piano di frazionamento dei singoli beni “usurpati” dagli occupanti la terra senza titolo ed i fogli di possesso vennero intestati in loro ragione, anche se all’Ufficio Tavolare, che nei tenitori già appartenuti all’Austria-Ungheria svolge le funzioni della Conservatoria Immobiliare la proprietà risultava essere ancora intestata alla Comunità di Jamiano.
La regolarizzazione di queste occupazioni si può effettuare con un contratto di compravendita fra Comune ed occupatore, previa autorizzazione regionale alla vendita del terreno, e quindi alla liberalizzazione di esso dalla servitù di uso civico; questa autorizzazione però vincola il Comune a destinare il ricavato della vendita per opere di interesse generale della frazione nel cui favore è stato istituito l’uso civico.
L’art. 66 del D.P.R. n. 616/77 ha trasferito dal Ministero dell’Agricoltura alle Regioni la competenza al rilascio di queste autorizzazioni, mentre resta in capo al Commissariato per la liquidazione la vigilanza sull’utilizzo dei beni e del ricavato dalla loro vendita.
Per una maggior autonomia della gestione degli usi civici da parte dei diretti interessati la legge 17 aprile1957, n. 278 ha previsto che all’amministrazione separata dei beni di proprietà collettiva degli abitanti nel territorio frazionale provvede un comitato di cinque membri eletto, nel proprio seno, dalla generalità dei cittadini residenti nella frazione.
I Comuni nel predisporre gli statuti comunali disciplinati dall’articolo 4della legge 8 giugno 1990, n. 142 possono prevedere apposite norme per regolamentare a livello locale la materia degli usi civici, dato che uno dei pregi di questa legge è superare l’appiattimento giuridico dei comuni operato dalla legislazione previgente.
La materia, anche se interessa principalmente i Comuni con vocazione rurale, sicuramente necessità di un aggiornamento legislativo ma non si può disconoscere l’utilità sociale ed ambientale di questa normativa che ha salvaguardato dal frazionamento e da un insensato uso i patrimoni boschivi delle zone montane.
Dott. Osvaldo De Castro