Le recenti vicende giudiziarie di “tangentopoli” hanno portato sulla prima pagina dei nostri quotidiani le prassi relative agli appalti per lavori e forniture negli Enti Pubblici. Anche il lettore affrettato avrà percepito che la normativa in materia di appalti pubblici è complessa, specie nella procedura di scelta del contraente, ma forse proprio questa complessità di normative è stata complice delle persone implicate in dette vicende giudiziarie. Anche gli Enti locali per l’espletamento delle loro attività sono soggetti a questa miriade di norme a cui la legge 8 giugno 1990, n. 142 ha cercato di porre un rimedio dando la possibilità ai Comuni di dotarsi di un proprio regolamento degli appalti, che collazioni la normativa esistente secondo le necessità di ciascun Ente. Uno dei pregi della 142 è infatti il superamento dell’appiattimento giuridico fra i Comuni perpetrato dalla legislazione precedente. Anche se alcune innovazioni di questa legge verranno revisionate dalla nuova legge elettorale, resta fermo il principio che ogni Comune sia dotato di un corpo normativo consono alle sue necessità. Nel settore dei lavori pubblici la normativa statale e regionale è in continua evoluzione sia per l’adeguamento alle direttive .della Comunità Europea sia per l’adeguamento alle condizioni dei mercati. Anche il decreto delegato sulla finanza locale territoriale apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 1992lascia pochi spazi agli enti locali per il finanziamento delle spese di investimento dopo che con la legge sugli interventi urgenti in materia di finanza pubblica (Legge n. 498) sono state reitatate al 31 dicembre 1993 le limitazioni al credito straordinario già previste con l’articolo 1 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 convenite con modificazioni della legge 359.Questo decreto anzi ha introdotto il principio dell’autofinanziamento delle opere con cui si erogano servizi a pagamento, sanzionando inoltre la presentazione di progetti “chiavi in ma-no” ed escludendo l’aggiudicazione sia in aumento che a trattativa privata(art. 46 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504).Gli enti pubblici si erano già trovati in difficoltà per l’affidamento dei lavori pubblici in quanto l’articolo 3 del decreto n. 333/92 aboliva il meccanismo della revisione prezzi, che era stato già compresso dall’articolo 33 della legge n. 41/86 prevedendo la sua applicazione solo dall’anno successivo all’affidamento dei lavori e per la parte eccedente la soglia dell’alea al 10%.Se a giustificazione del provvedimento si confuta agli enti pubblici sia l’insufficienza progettuale delle opere, che implicano la redazione di successive perizie di variante (il legislatore ha già prescritto che i progetti esecutivi di un’opera, se realizzata a lotti, devono essere “funzionali”), che l’affidamento dei lavori prima dell’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie per l’esecuzione dei lavori stessi, la cui mancanza spesso comporta la sospensione dei lavori, non si deve però dimenticare che l’istituto della revisione prezzi ha piena applicazione nei contratti dei privati per consentire il recupero monetario sui costi che vengono appesantiti dall’inflazione. Si tenga presente che spesso la sospensione dei lavori è maturata da difficoltà oggettive riscontrate in corso d’opera che richiedono l’esecuzione di lavori aggiuntivi, che non potevano essere previsti anche con le più curate progettazioni. La normativa sui lavori pubblici prevede la predisposizione di una relazione geologica e, in determinati casi, di una valutazione di impatto ambientale a corredo del progetto ma nelle opere che implicano movimenti di terra gli imprevisti sono molteplici: ed è proprio per la possibilità di questi imprevisti e della conseguente sospensione dei lavori che l’istituto della revisione prezzi deve essere riproposto. L’esigenza di contenere la spesa pubblica non può prescindere da queste realtà che necessitano dei correttivi sul prezzo d’appalto quale era almeno il sistema dell’aggiornamento al 5%per ogni anno del prezzo chiuso introdotto dall’art. 33, quarto comma della legge 28 febbraio 1986, n. 41.Inoltre negli altri paesi dell’Europa con modalità diverse sono operanti i meccanismi revisionali: le nostre imprese si trovano in una situazione ingiusta nei rapporti con gli enti pubblici proprio nel momento in cui si aprono le frontiere economiche fra i vari paesi e si dovrebbe conseguentemente incentivare la capacità imprenditoriale locale. Per limitare le spese dei lavori pubblici il D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55,che detta norme tese a garantire omogeneità di comportamenti nei bandi di gara, ha di fatto escluso l’ammissibilità negli appalti delle offerte in aumento, omettendone la possibilità solo peri pubblici incanti. Il legislatore non ha però tenuto conto che gli Enti pubblici sono soggetti alla contabilità finanziaria e che possono attivare i finanziamenti solo sulla base di un progetto esecutivo: accade spesso che il non breve arco di tempo che intercorre fra l’approvazione del progetto e l’ottenimento del suo finanziamento incide negativamente sull’appetibilità dei prezzi d’appalto, anche se erano reali al momento dell’approvazione del progetto. In questa circostanza, anche nel rispetto del principio della copertura finanziaria della spesa, l’affidamento dei lavori viene rinviato per scindere in lotti quello che era un progetto unitario. Si evince che l’economia ricavata dall’aver escluso la presentazione di offerte in aumento non sempre costituisce una economicità dei risultati che si intendono raggiungere. Difficoltà oggettive insorgono per gli enti locali qualora per finanziare un intervento debbano attivare un mutuo causa la complessità delle procedure burocratiche necessarie per accedere al credito straordinario. Negli ultimi vent’anni la normativa sui mutui di specie ha subito un progressivo appesantimento, avendo come obiettivo una più attenta verifica delle conseguenze degli oneri di ammortamento sui bilanci comunali. Fermo restando che presupposto per la stipula di un mutuo è l’approvazione di un progetto esecutivo o di qualsiasi altro intervento straordinario che si deve finanziare, il legislatore ha prescritto che per l’accensione dei mutui si deve approvare un piano finanziario dell’intervento (art. 4,9 comma del D.L.2 marzo 1989, n. 65 convertito nella legge n. 155). Con questo piano viene dimostrata la capacità dell’ente mutuante di sostenere sia gli oneri del mutuo che le spese di gestione dell’opera che si va a finanziare: questa norma in un secondo momento è stata estesa ad ogni tipo di investimento per obbligare che gli Enti che ottengono contributi straordinari in conto capitale per l’esecuzione di un’opera, e quindi senza oneri iniziali a loro carico, dimostrino comunque di essere successivamente in grado di sostenere l’onere di gestione della nuova opera.La norma che ha previsto l’approvazione del piano finanziario dispone anche che nel bilancio sia originariamente iscritta la spesa dell’intervento di cui trattasi. Il legislatore, riconoscendo che la mancata iscrizione in bilancio di una spesa di finanziamento può essere dovuta solo a motivi contingenti, ha previsto la possibilità che i Comuni possano variare il bilancio di previsione incorso per consentire l’iscrizione di un intervento straordinario originariamente non previsto; contestualmente però si dovranno apportare le relative modifiche sia al bilancio pluriennale ed alla relazione previsionale e programmatica, data la valenza programmatica di questi due allegati al Bilancio. Non si può infatti disconoscere l’opportunità che ogni variazione sostanziale al bilancio di previsione, che è un documento autorizzativo ad effettuare entrate e spese, venga accompagnata da una variazione alla relazione programmatica e previsionale nonché al bilancio pluriennale che costituiscono i documenti programmatici che spiegano le scelte fatte nella predisposizione del bilancio. Il bilancio pluriennale nella legislazione degli Enti Locali era già stato previsto come documento programmatico dall’articolo 1 del D.P.R. 19giugno 1979, n. 421 per le Province e per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, con la possibilità di estenderne l’obbligo ad altri Comuni tramite decreto ministeriale. Pur essendo predisposto solo in termini di competenza, e non essendo quindi un documento autorizzativo alla spesa, era prevista la possibilità di una sua lettura per programmi ed eventualmente per progetti. Il bilancio pluriennale così normativato rivestiva nel contesto della finanza locale un ruolo ancellare perché limitato ai soli enti dipiù grandi dimensioni demografiche. Il nostro legislatore ha introdotto nell’ordinamento degli Enti Locali con l’articolo 1 quater del decreto legge 25 febbraio 1983 n. 55 convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1983 n. 131, la relazione programmatica e previsionale ma la prescrizione di questa relazione aveva ricevuto scarsa attenzione, per cui prima della legge n. 142/90 di fatto era un corollario del bilancio in quanto veniva approvata separatamente. In questa ottica la relazione previsionale manteneva infatti una configurazione giuridica separata dal documento contabile e poteva essere confusa con la relazione politica usata dal Sindaco e dagli Assessori per presentare il bilancio al Consiglio. Se l’intervento che si vuole realizzare viene finanziato con un mutuo si deve rispettare una serie di rigide norme. La validità dell’assunzione del mutuo è condizionata dall’approvazione del conto consuntivo dell’esercizio di due anni precedenti (art. 19, 1 comma D.P.R. 421/79) e dalla verifica che l’importo degli interessi di ciascuna rata di esso, sommata a quello dei mutui in corso di ammortamento al netto degli eventuali contributi in conto interessi ottenuti per l’esecuzione dell’opera, non superi il 25% delle entrate relative ai primi tre titoli del bilancio (art. 1 D.L. 946/77 convertito nella legge n. 43/78) accertate nell’ultimo consuntivo approvato (10comma art. 4 D.L. n. 65/89). L’Ente poi a garanzia del mutuo rilascerà all’istituto mutuante delegazioni di pagamento a valere sulle entrate afferenti alla parte ordinaria del bilancio(1 comma art. 3 legge n. 843/78):queste delegazioni sono da notificare al Tesoriere il quale è tenuto a versare agli enti creditori alle scadenze in esse indicate l’importo oggetto delle delegazioni (5 comma art. 3 Legge 843/78).Queste norme, senza effettuare un sindacato di merito sugli interventi, sono poste a garanzia del funzionamento dell’apparato comunale per e-vitare che, con interventi costosi, si vadano a compromettere gli equilibri del bilancio Il ricorso al credito speciale era stato limitato per un periodo ai soli istituti di credito statali che operano dei tassi agevolati rispetto il mercato finanziario privato, ma la difficoltà di far fronte a tutte le richieste degli enti locali e la lentezza nelle erogazioni di questi enti di credito hanno indotto il legislatore a liberalizzare nuovamente il credito di specie. Per una maggior garanzia di legittimità e uniformità di comportamenti è stato prescritto che i contratti di mutuo attivati dai Comuni con gli istituti di credito privato dovranno essere stipulati nella forma pubblica (art. 22 D.L.n. 66/89). Questi contratti dovranno inoltre prevedere l’ammortamento per un periodo non inferiore ai 10 anni e la decorrenza dell’ammortamento dal 1gennaio dell’anno successivo alla stipula del contratto (art. 5 legge n. 843/78); le rate di ammortamento dovranno essere comprensive sin dal primo anno sia della quota capitale che della quota interessi. Il contratto inoltre dovrà riportare l’indicazione della spesa che si va a finanziare nonché l’intervenuta approvazione del progetto esecutivo, la prescrizione che l’utilizzo del mutuo avverrà in base agli stati di avanzamento o altra documentazione vistata dal Capo Ufficio Tecnico o, se questi manchi, dal Direttore dei Lavori(art. 19 legge n. 1/78). In compenso, se il mutuo non fruisce di alcun sostegno da parte dello Stato la relativa somma non sarà soggetta alle disposizioni sulla Tesoreria unica (art. 14 bis D.L.n. 151/91 convertito nella legge n.202) e quindi il suo deposito sarà fruttifero per l’Ente. I Comuni che accendono mutui per investimenti entro il 31 marzo dell’anno successivo alla stipula o concessione del mutuo per l’attivazione del contributo statale sulle rate di ammortamento dei mutui devono inviare alla Prefettura una certificazione in cui si riepilogano i mutui contratti nell’anno e le relative quote di ammortamento. Questa incombenza originariamente era stata attribuita al Ministero dell’Interno ma si è constatato che oggettivamente le relative pratiche non potevano essere svolte dalla Direzione Generale della Finanza Locale data la molteplicità delle domande e la ne31cessità di verifiche formali, per quanto riguarda i contratti di mutuo, e sostanziali, relativamente alla destinazione dei mutui. Il Ministero dell’Interno si riserva comunque in materia la facoltà di una ulteriore verifica delle dichiarazioni prodotte per assicurare una uniformità di comportamenti. I trasferimenti statali a favore dei Comuni per gli oneri derivanti dall’accensione di mutui per finanziare spese di investimento sono stati previsti dal legislatore con il D.L. 318/86 convertito nella legge n. 418 istituendo il fondo per lo sviluppo degli investimenti, reiterato nei successivi provvedimenti legislativi annuali a favore degli Enti Locali. La legge 142 al riguardo ha specificatamente previsto al9 comma dell’articolo 54 la creazione di un fondo nazionale ordinario per contribuire agli investimenti degli Enti Locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale. Questa norma ha avuto applicazione con il decreto legislativo30.12.1992, n. 504 che detta nonne per il riordino della finanza degli enti territoriali: nel contesto della disciplina a regime dei trasferimenti erariali agli Enti Locali questo provvedimento normativo all’articolo 41 disciplina il fondo nazionale ordinario per gli investimenti delle Amministrazioni Provinciali, dei Comuni e delle Comunità Montane. È d’uopo un breve cenno alla legislazione antimafia che, accanto al principio della trasparenza dell’attività pubblica, detta nonne che sono per il cittadino una ulteriore garanzia di evizione, ma che aggravano ulteriormente i procedimenti degli appalti pubblici già appesantiti da procedure tese a garantire l’imparzialità della pubblica amministrazione. La proliferazione dei provvedimenti legislativi sia nel settore della finanza che in quello dei lavori pubblici viene a creare una situazione di incertezza anche fra gli addetti ai lavori, per cui la materia nei confronti dei cittadini assume un aspetto che contrasta con il principio della trasparenza codificato dalla legge n. 421/90 e nei confronti delle amministrazioni pubbliche vanifica l’acclarata semplificazione del procedimento amministrativo, nonostante la maggior responsabilizzazione del personale dirigente. Non si vorrebbe neanche che le aspettative degli amministratori di dar corso agli investimenti programmati per il1993 venissero vanificati da un’altra direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, in nome del contenimento della spesa pubblica, congeli per un ampio arco dell’anno la possibilità del ricorso al credito speciale. Pur riconoscendo la necessità di alcuni provvedimenti di contenimento della spesa pubblica, non si può conciò disconoscere l’autonomia di cui debbono godere nel rispetto della legge gli Enti Locali in base alla legge142/90.Questa legge, se ha aumentato l’autonomia degli Enti Locali, ne ha contestualmente aumentato la qualità dei controlli interni. Non si devono quindi ritenere lasciate alla discrezionalità degli amministratori le scelte che vengono operate, perché gli atti di Giunta non sono più soggetti al controllo di legittimità dato che la maggior parte delle competenze del Consiglio, controllato dai Comitati di Controllo, sono state trasferite alle Giunte. Bisogna quindi rivisitare i motivi che con tangentopoli hanno sollevato un velo di diffidenza verso i nostri amministratori per dar modo a loro di dimostrare la possibilità del soddisfacimento dell’interesse pubblico nonostante le difficoltà oggettive che essi incontrano. Le argomentazioni fatte si prestano per aprire una più ampia digressione sulla programmazione e sull’efficienza dell’attività amministrativa. L’attuale sistema di verifica dell’attività pubblica, basato su controlli formali, lascia spazi per prevaricare il proseguimento dell’interesse pubblico: si devono quindi inserire nel contesto della pubblica amministrazione sistemi di controllo della gestione che valutino i risultati anche con parametri di efficacia e di economicità.
L’AMMINISTRATORE LOCALE – N. 1/93